Come allenare il movimento?

Integrare i piani di Movimento per sviluppare al meglio le nostre capacità condizionali
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Come programmare l’allenamento tenendo conto del movimento? Negli ultimi anni le teorie sulla preparazione fisica sono cambiate, e ciò ha favorito un approccio più basato sulla conoscenza e analisi del corpo umano e dei suoi pattern di movimento.

Allenare la forza, e qualsiasi capacità condizionale, non può e non deve prescindere dalla conoscenza del naturale movimento umano, e dallo sviluppo di queste qualità.

Articolo a cura di  GianMarco Farina Co-Fondatore di Lab360 Fitness-center , Preparatore Atletico sportivo e rieducatore motorio , Exos Performance Specialist ,Tecnico Back School programma Toso.

 

Quali sono i piani di movimento

 

I movimenti articolari vengono suddivisi in tre gruppi e prendono vita lungo tre piani e attorno a tre assi.

Immaginate di essere in piedi davanti ad una persona:

il primo gruppo è formato dai movimenti eseguiti su di un piano frontale (attorno a un’asse sagittale). Il piano frontale la attraverserà da sinistra verso destra, dividendola in una parte anteriore e in una posteriore. Se la persona allontanerà un segmento osseo dal corpo, si parlerà di movimento di abduzione, se invece lo avvicinerà si parlerà di movimento di adduzione.

Il secondo gruppo è formato dai movimenti eseguiti su un piano sagittale (attorno a un’asse frontale). Il piano sagittale la attraverserà da posteriore ad anteriore, dividendola in una parte destra e una parte sinistra. Se la persona effettuerà un movimento che riduce l’angolo tra due elementi ossei si parlerà di flessione, se invece aumenterà lo stesso angolo si parlerà di un’estensione.

Il terzo gruppo è formato dai movimenti eseguiti su di un piano trasversale (attorno a un’asse longitudinale).

Il piano trasversale la attraverserà sezionandola in una parte superiore e una parte inferiore. Se la persona effettuerà, con un segmento osseo, un movimento di rotazione verso l’esterno si parlerà di un’extrarotazione, se lo effettuerà verso l’interno si parlerà di un’intrarotazione.

 

Come determinare il piano di movimento di un esercizio

 

Ogni esercizio eseguito in palestra può essere ricondotto ai movimenti che facciamo nella vita quotidiana o sportiva. Noi tutti, ogni giorno, spingiamo, tiriamo, flettiamo, estendiamo, affondiamo, pieghiamo e giriamo. Questi gesti sono considerati come sette macro-tipi di movimento definiti movimenti fondamentali. La maggior parte degli esercizi sono prevalenti su un piano rispetto agli altri due.

Immagina ciascun piano come una lastra di vetro che taglia il corpo nelle metà anteriore/posteriore (frontale), sinistra/destra (sagittale) o superiore/inferiore (trasversale). Quindi immagina che ognuna di quelle lastre sia un tracciato sul quale il corpo si sta muovendo, come su una monorotaia.

Se un movimento sembra prevalentemente avvenire lungo un piano rispetto agli altri due, esso può essere classificato come predominante in quel piano di movimento.

 

Come eseguire gli esercizi sul piano sagittale

 

Possiamo parlare di piano sagittale quando prevalgono movimenti articolari di flessione ed estensione.

Un esempio di esercizio su questo piano è lo Squat, detto anche knee dominant (ginocchio-dominante). Nell’esecuzione si flettono e si estendono gli arti inferiori; le ginocchia si muovono parallelamente al piano immaginario che taglia il corpo nelle metà sinistra e destra.

Altri esercizi:

Esempi di altri esercizi sul piano sagittale comprendono gli affondi, camminare/correre, saltare in verticale, sollevare/alzare il polpaccio e salire le scale.

 

Come eseguire gli esercizi sul piano frontale

 

Il piano frontale (coronale) è rappresentato da una superficie che taglia il corpo nelle due metà: anteriore e posteriore. Quindi vengono eseguiti movimenti da un lato all’altro del corpo.

Un esempio di esercizio su questo piano è il lateral lunge, anch’esso facente parte della categoria di esercitazioni Knee dominant, ma con appoggio monopodalico e con carico del corpo asimmetrici.

Altri esempi sono i sollevamenti laterali del braccio e i sollevamenti laterali delle gambe, che comprendono rispettivamente l’adduzione e l’abduzione della spalla e dell’anca. La piegatura laterale della colonna vertebrale è un movimento sul piano frontale, nota come flessione laterale.

Infine, i movimenti, che spesso vengono confusi, si verificano sul piano frontale e sono: l’inversione e l’eversione del piede.

 

Come eseguire gli esercizi sul piano trasversale

 

Il terzo piano di movimento divide il corpo in due parti nella metà superiore e inferiore e viene chiamato piano trasversale (detto anche piano orizzontale).

Su questo piano avvengono movimenti di rotazione e torsione quando si applica forza su un segmento corporeo (ad esempio il tronco).

I pattern di movimento che richiedono il controllo rotazionale sono il risultato di una sequenza cinetica che incorpora testa, collo, tronco e estremità. Un esempio di esercizio è il medicine ball throw (lancio della palla), dove la massima rotazione interna dell’omero si ottiene in seguito ad un passaggio di forze che partono dagli arti inferiori, che attraversano il tronco, fino ad arrivare alla spalla.

 

Allenare la tridimensionalità

 

Il movimento non è un evento che accade in un’unica direzione. La funzione umana è tridimensionale. Funzioniamo e ci relazioniamo nelle tre dimensioni simultaneamente. Tutte le attività sono basate sull’attivazione di una catena cinetica. Ognuna coinvolge il sistema neuromuscolare, reagisce agli stimoli e ricerca l’equilibrio, occupando tutti e tre i piani simultaneamente. Camminare in avanti impiega il corpo sul piano sagittale, ma richiede movimenti associati sui piani trasverso e frontale.

L’approccio tradizionale guida ad un miglioramento selettivo, spesso sbilanciato, perché rivolto all’uso di un solo piano di movimento, ignorando la necessità di integrare movimenti di rotazione e diagonali. Per migliorare la resistenza agli infortuni e raggiungere la performance ottimale, è necessario utilizzare patterns multiplanari e sollecitare l’intero corpo come un sistema collegato; un sistema in cui tutte le parti concorrano simultaneamente a raggiungere un obiettivo.

 

Come approcciarsi ai movimenti tridimensionali

 

Possiamo utilizzare 4 livelli di progressione:

1) Il primo livello è dedicato all’allenamento del Core, che va a sensibilizzare una componente della catena cinetica con attenzione corecentrica, sensibilizzazione e preattivazione selettiva.

È bene tenere a mente alcuni concetti fondamentali per questo tipo di allenamento:

  • orizzontalità anti gravitaria
  • Ridurre appoggi a terra

Quali esercizi eseguire?

  • Front core: plank position
  • Back core: bridge position
  • Side core: side plank

 

2) Il secondo livello è dedicato agli schemi motori fondamentali:

  • Squatting ( accovacciarsi)
  • bending (chinarsi)
  • Lunging (piegarsi sul piano sagittale)
  • pushing (spingere)
  • pulling (tirare)
  • twisting (ruotare)
  • gait (andatura)

Nei movimenti fondamentali è bene tener presente:

  • verticalità anti gravitaria
  • Postura dinamica

3) Il terzo livello è dedicato all’interazione di più componenti della catena cinetica sottoposta a perturbazioni esterne.

In questo caso bisogna tenere a mente:

  • trasmissione del carico
  • Mi muovo o muovo qualcosa.

Quali esercizi eseguire?

  • Squat reach
  • One legged reach
  • Swing con kettlebell o water ball

4) L’ ultimo livello è dedicato all’allenamento della tridimensionalità, con l’integrazione di più catene cinetiche in un movimento reale, unendo gli schemi motori fondamentali in schemi sequenziali e tridimensionali; in questo modo si stabilisce un continuum motorio che guida all’acquisizione di abilità come mantenere la postura, alzarsi, sedersi, sdraiarsi, rotolare, camminare, correre, accelerare, fermarsi, cambiare direzione, saltare, atterrare, arrampicarsi e lanciare.

Per questo tipo di allenamento è bene ricordare:

  • proiezioni spiraliformi
  • Ruotare/torcere

Es. Turkish get up

Ogni livello è dominato dalla ricerca della stabilità, mobilità, forza o potenza.

 

Come prepararsi al movimento

 

Il Movement Preparation (attivazione o Risveglio Neuromuscolare) è un mezzo adattabile alle richieste motorie delle attività praticate, siano esse sportive, quotidiane, occupazionali o ricreative. È collocabile all’inizio di una sessione standard e modificabile sulla base delle esigenze e/o dei deficit dell’atleta. Come il nome suggerisce, prepara il corpo al movimento. I movimenti prevedono esercizi dinamici a carico naturale che non necessitano di attrezzature particolari.

Può essere costituito da sequenze cinetiche con continuità ininterrotta, dal più semplice al più complesso, dalla più solida stabilità del nucleo centrale alla più efficace mobilità dei segmenti distali. Gli esercizi sono assemblati in modo da costituire dei circuiti migliorando forza, mobilità e stabilità.

Un esempio di sequenza di movimenti da poter svolgere nel Movement Preparation è il GET UP.

In questa sequenza si allena la catena cinetica dal basso verso l’alto. Passeremo dagli otto appoggi del decubito, ai quattro appoggi della posizione seduta (anche e caviglie) e inginocchiata (ginocchia e caviglie), ai due appoggi della posizione da raccolta a eretta (caviglie). Dalla posizione orizzontale di decubito, alla posizione verticale eretta. Da una posizione senza rotazioni a movimenti con rotazioni che evocano schemi crociati. Dalla stazione alla locomozione.

 

Come pensare il movimento

 

Il movimento è un fenomeno complesso che coinvolge muscoli sinergici, stabilizzatori, neutralizzatori e antagonisti che lavorano congiuntamente per produrre un movimento ottimale su tutti e tre i piani di movimento.

L’idea è quella di allenare i movimenti, non i muscoli. I muscoli sono schiavi del cervello. È certamente più semplice e più comodo osservare il movimento su un unico piano con un solo muscolo che lavora, ma ciò non corrisponde a ciò che avviene realmente.

 

Bibliografia

 

  • Donald A. Neumann, Kinesiology of the Musculoskeletal System: Foundations for Rehabilitation, 2e Edizione Inglese. Mosby (30 dicembre 2009)
  • Andorlini A. Muovere l’allenamento. Considerazioni e riflessioni sull’allenamento funzionale. Milano. Editore Correre (Luglio 2013)
  • Gambetta V. Lo sviluppo atletico. L’arte e la scienza del condizionamento funzionale nello sport. Calzetti-Mariucci Editori (2013)

 

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