La fatica neuromuscolare nel calcio

Perchè la fatica neuromuscolare è un fattore importante da prendere in considerazione all'interno di un calcolo totale del carico di allenamento?
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Perchè è importante parlare di fatica neuromuscolare nel calcio?

Il termine fatica viene associato alla riduzione di performance dal punto di vista sia fisico che mentale. Dal punto di vista neuromuscolare, quali sono
gli aspetti da considerare?

In questo articolo di Luca Timossi, analizzeremo il concetto di fatica, e di fatica neuromuscolare legato al calcio.

 

Un’introduzione: la fatica

 

Anche se il concetto di fatica in generale (e neuromuscolare nello specifico) è ancora oggetto di studio, le sue origini non sono state del tutto chiarite.

Nel corso di una contrazione volontaria, sono numerose le risposte e gli eventi che si susseguono dall’invio del comando motorio del Sistema Nervoso Centrale.

Nello sport (in questo caso il calcio), l’insorgenza della fatica neuromuscolare è prodotta da diversi fattori che scatenano conseguenze sull’atleta. Andremo a capire quali sono le diverse sfaccettature di questi aspetti, specificandone origini, momenti e mezzi per misurarla.

 

Cos’è la fatica neuromuscolare?

 

La fatica neuromuscolare è una sensazione e un disturbo comune a molti. Questo stato seppur considerato banale, è soggetto costante di studio e di dibattiti nella comunità scientifica.

Classicamente, la fatica si definisce come l’incapacità di un individuo di riprodurre la forza massima in uno specifico momento e si quantifica facilmente con il decremento nel picco di forza nel corso di una massima contrazione volontaria (MVC). In seguito, vari autori hanno proposto altre definizioni che vedono la fatica neuromuscolare come riduzione acuta di performance che comprende sia un aumento della percezione dello sforzo nel produrre una determinata forza sia, eventualmente, un’incapacità di produrre questa stessa forza.

Prima di tutto, la fatica neuromuscolare può essere classificata secondo il suo tipo di origine in: centrale e periferica.

 

La fatica centrale

 

La fatica neuromuscolare si definisce come centrale quando ha origine dal cervello o dal midollo spinale. Questa può essere dovuta alla ridotta efficienza del comando motorio centrale, ovvero l’inettitudine del Sistema Nervoso Centrale di creare un’eccitazione dalla corteccia motoria alla giunzione neuromuscolare.

La fatica centrale neuromuscolare non deve essere confusa con l’affaticamento periferico; dove l’atleta, in questo stato, non riesce a produrre forza a livello muscolare per svariati fattori fisici come accumulo di acido lattico. La fatica centrale, al contrario, è caratterizzata da limitazioni che si verificano a livello della giunzione neuromuscolare.

In altre parole, i problemi si verificano prima che i nervi si connettano ai muscoli in questione. Tutto ciò può far diminuire del 15% la prestazione durante un allenamento o una partita e sembra più importante con esercizi più prolungati.

 

La fatica periferica

 

La fatica periferica coinvolge una riduzione della trasmissione del potenziale d’azione e una ridotta efficienza del meccanismo eccitazione-contrazione. Questa, invece, è dovuta a cambiamenti in corrispondenza o distalmente ala giunzione neuromuscolare.

La fatica periferica neuromuscolare si può suddividere in high-frequency fatigue (HFF), quando un muscolo mostra riduzioni di forza con stimolazioni elettriche ad alta frequenza e in low-frequency fatigue (LFF), quando si mostrano riduzioni di forza con stimolazioni elettriche a bassa frequenza.

Questo tipo di fatica risulta più determinante con esercizi brevi ma intensi, risultando comunque uno dei fattori più limitanti per un calciatore durante le sue prestazioni. Uniti questi due aspetti intervengono ad esempio durante una gara o post allenamento dei calciatori. Ma come?

 

La fatica neuromuscolare nella partita

 

La fatica neuromuscolare è, dunque, un peggioramento della performance che include un aumento della percezione dello sforzo nel produrre una determinata forza/potenza. Si è dimostrato come durante una partita, i calciatori incorrano in una fatica di tipo transitorio e in una permanente, la quale inizia nelle fasi finali del match. Infatti, grazie alle tecniche di video analisi, si nota come la distanza totale e la distanza prodotta ad alta velocità, diminuiscano a seguito dei 5 minuti di partita più intensi.

Per questi motivi, le capacità di salto, di sprint e la forza massima vengono, anch’esse ridotte (Mohr et al., 2003). La fatica neuromuscolare è specifica, durante una partita di calcio, rispetto alla tipologia e alla durata di questa. Tuttavia, però, non si è dimostrato quali fattori centrali o periferici abbiano un peso maggiore nel determinare il livello quantitativo di fatica in una partita. Di conseguenza, nemmeno i meccanismi fisiologici sono stati del tutto chiariti.

Ciononostante, la dolenzia muscolare, il decremento di forza e la riduzione di creatinchinasi (CK, permette la trasformazione di creatina in fosfocreatina in modo da poter consumare ATP e avere energia altamente sfruttabile) sembrano indicare che il calo prestativo sia correlato al danno muscolare, causato dall’esercizio.

Tutto questo, si collega anche ad un coinvolgimento di tipo spinale e/o sovraspinale della fatica, da cui deriverebbe una flessione anche a livello tecnico della performance dei nostri calciatori, alterando proprio la propriocezione nello spazio degli arti, ad esempio.

 

Il post-partita

 

Nel post-match, è stato dimostrato da alcuni studi (Ascensao et al., 2008; Ispirlidis et al., 2008) che il calo prestativo è correlato a fattori centrali e periferici neuromuscolari sia immediatamente che 48 ore dopo la partita. È molto auspicabile che il danno muscolare da esercizio, la deplezione di glicogeno muscolare, la risposta infiammatoria dell’organismo e la percezione del dolore muscolare siano i maggiori meccanismi fisiologici responsabili della fatica centrale e periferica neuromuscolare.

In particolare, la fatica centrale sembrerebbe la causa della riduzione della MVC (massima contrazione volontaria) e della capacità di sprint, mentre quella periferica riguarderebbe tutti gli aspetti di infiammazione e dolore percepito. Dobbiamo considerare come rilevante il livello atletico dei calciatori presi in questione, in quanto vari autori hanno dimostrato che atleti d’élite possano velocemente recuperare da sforzi intensi.

Essendo, dunque, in grado di giocare più partite in pochi giorni, diventa un dato fondamentale. Soprattutto per quelle squadre impegnate durante la settimana con coppe o nelle competizioni nazionali. Non è da escludere il fatto, però, che i livelli di fatica possano accumularsi negli impegni ravvicinati, non permettendo un recupero tale da poter essere prestativi per più partite.

 

Quali strumenti per monitorare la fatica neuromuscolare?

 

Nel sistema di monitoraggio della performance di un atleta, nel nostro caso calciatore, quello che riguarda il controllo della fatica neuromuscolare è alla parte finale dello screening.

Grazie ad evidenze scientifiche, numerosi sport scientists, preparatori e allenatori monitorano i livelli di fatica neuromuscolare tramite test per il salto verticale con sensore inerziale. Questo test permette di valutare, appunto, le caratteristiche neuromuscolari del calciatore con risultato un susseguirsi di programmazione per il miglioramento del rendimento. In particolare, il test RCMJ (repetead counter movement jump) – Salto con contro movimento ripetuto-consiste nella ripetizione di salti con contro movimento. Questo test, permette di valutare la resistenza alla fatica (endurance) con monitoraggio della fatica neuromuscolare.

È un ottimo indicatore per le capacità di sprint e di forza, determinanti nei processi di incremento o abbassamento del livello di fatica.

 

Il CMJ

 

Altro test da tenere in considerazione, è il CMJ (counter movement jump) – Salto con contro movimento. L’atleta dalla posizione eretta esegue un ciclo di stiramento- accorciamento veloce piegando le ginocchia all’incirca a 90°. Successivamente, estenderà rapidamente gli arti inferiori con mani ai fianchi o libere, si cerca di raggiungere il maggior tempo di volo possibile.

Il ciclo stiramento-accorciamento nel CMJ permette al muscolo di creare più energia contrattile aumentando l’altezza di salto. Questa tornerà utile nei momenti sotto sforzo dettati da prestazioni in fatica. Tecniche più sofisticate per il monitoraggio di fatica neuromuscolare riguardano stimolazione sito-specifica, che possono valutare i potenziali siti di interesse. Tutte le risposte muscolari evocate sono registrate tramite elettromiografia (EMG) posizionata sul muscolo.

 

Conclusioni: cos’è la fatica neuromuscolare?

 

In conclusione, la fatica neuromuscolare racchiude fattori molteplici, che non vanno confusi nè sottostimati. Un fattore importante da non sottovalutare è quello mentale. Molto spesso, quando si parla di fatica nel calcio, si tralascia questo ambito.

Tuttavia, le influenze esterne per un calciatore(come lo stress psicologico) possono inficiare sul rendimento. Seppur oggi non si hanno chiarimenti totali sulla fatica neuromuscolare, si hanno,comunque, riferimenti e spunti di rilievo da cui trarre conclusioni determinanti.

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