Le basi della periodizzazione di una maratona

Quali sono i punti fondamentali che determinano la corretta riuscita di una programmazione e periodizzazione per la maratona?
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Nel seguente articolo andremo a vedere alcuni cenni utili a stilare una periodizzazione per una maratona.

Bompa, negli anni 60, è stato il primo a rendere la periodizzazione dell’allenamento una scienza “esatta”, teorizzando e sperimentando con atleti di tutto il mondo.

La periodizzazione, secondo Bompa, consiste nell’andare a suddividere una programmazione dei carichi, e una pianificazione dei cicli di allenamento. Approfondiamo l’argomento in questo testo di Francesco Mariani.

 

La maratona: fattori fisiologici

La maratona è una specialità dell’atletica leggera sulla distanza di 42,195 km, influenzata da vari fattori, molti dei quali sono di natura fisiologica. Il maratoneta deve fare affidamento in larga misura su un’elevata capacità aerobica, ma grandi variazioni nel consumo massimo di ossigeno (VO2 max) sono state osservate tra i corridori con una capacità prestazionale simile, indicando che fattori complementari sono importanti per le prestazioni.

Le indicazioni attuali sono che i maratoneti, rispetto agli individui normali, hanno un tasso di ricambio più elevato nel metabolismo dei grassi a determinate intensità di esercizio elevate espresse sia in termini assoluti (m/sec) che relativi (%VO2 max).

L’influenza dell’allenamento sul VO2 max e, in una certa misura, sull’economia della corsa sembra, tuttavia, essere limitata da fattori genetici.

Allenamento piramidale o polarizzato?

Per effettuare la periodizzazione dell’allenamento risulta fondamentale scegliere in che modo distribuire i carichi, quindi, l’intensità delle sedute, per arrivare al momento della gara all’apice della condizione fisica e mentale.

Nelle competizioni endurance spesso vi è stato il dubbio tra l’uso dell’allenamento piramidale o polarizzato, ma quali sono le differenze tra questi due metodi? Nella periodizzazione piramidale, l’intensità dell’allenamento viene gradualmente aumentata nel corso delle settimane, raggiungendo un picco di carico prima di ridursi gradualmente verso l’evento competitivo.

L’allenamento polarizzato è una metodica di allenamento caratterizzata dallo svolgimento di grandi volumi, a bassa intensità. La restante parte, invece, viene svolta con intensità superiori alla soglia anaerobica, trascurando completamente o quasi i lavori a intensità di soglia o poco inferiore.

 

Allenamento polarizzato e maratona: la regola 80/20

L’allenamento polarizzato viene ritenuto come quello ottimale per l’endurance. Concetto portato alla luce da S. Seiler, analizzando vari sport. In uno studio del 2004 (Quantifying training intensity distribution in elite endurance athletes: is there evidence for an ‘‘optimal’’ distribution? Seiler KS, Kjerland GO) gli autori hanno investigato la composizione degli allenamenti dei giovani sciatori di fondo, per capire se seguissero uno schema fisso.

E’ stata stabilita una scala di intensità con il primo livello a VT1 (circa equivalente alla soglia aerobica con il lattato a 2mmol/l – LT1) ed il secondo a VT2 (appena sotto la soglia anaerobica, con il lattato a 4mmol/l – LT2); si è scoperto che gli atleti facevano mediamente il 75% del volume dell’allenamento all’intensità più bassa, appena il 5-10% a quella intermedia ed il 15-20% a quella più alta.

Seiler, proseguì il suo studio anche con atleti di altri sport arrivando alla conclusione che gli schemi di allenamento di atleti di resistenza nazionali ed internazionali, che si allenano 10-13 volte alla settimana, sembrano convergere verso una distribuzione di intensità per cui circa l’80% delle sessioni sono effettuate a bassa intensità (2mmol/l di lattato), mentre il 20% sono caratterizzate da lavori ad alta intensità come ripetizioni al 90% del VO2max.

Gli atleti di resistenza sembrano così orientarsi spontaneamente verso un programma di allenamento con alti volumi, con un utilizzo attento dei lavori di qualità all’interno dei vari cicli di allenamento. Seiler e altri iniziarono così a riferirsi a questo concetto come “regola 80-20”.
75-80% in zona 1
• 0-5% in zona 2
• 15-20% in zona 3

 

Approfondiamo l’argomento

 

C’è ragionevole evidenza che un rapporto 80:20 fra allenamento ad alta e bassa intensità garantisca risultati eccellenti per gli atleti di resistenza che si allenino quotidianamente. L’allenamento a bassa intensità (lattato inferiore a 2mmol/l, tipicamente) è efficace per stimolare degli adattamenti fisiologici e non va considerato uno spreco di tempo. L’allenamento ad alta intensità (HIIT) dovrebbe essere incluso nei programmi di tutti gli atleti; due sessioni di allenamento intenso alla settimana sembrano sufficienti per migliorare le prestazioni senza indurre troppo stress.

Una base aerobica solida, costruita con volumi di allenamento abbastanza elevati, può essere un importante prerequisito per recepire bene un consistente aumento nell’intensità delle sessioni nel breve termine. “Intervals, Thresholds, and Long Slow Distance: the Role of Intensity and Duration in Endurance Training.” Seiler KS and Tonnesson E.)”

 

Periodizzare una maratona: gli obiettivi

Il maratoneta deve fare affidamento in larga misura a un’elevata capacità aerobica, ma detto questo, quando iniziamo una periodizzazione per una maratona, su cosa dobbiamo lavorare affinché il nostro atleta sia in grado di portare a termine la gara in modo ottimale?
1. Potenza
2. Tenuta di corsa
3. Tecnica di corsa

 

La pianificazione

Determinati gli obiettivi da raggiungere andremo a stilare la pianificazione nei vari cicli di allenamento e unità di allenamento. Nello specifico possiamo andare a vedere alcune tipologie di esercizi che possono essere utilizzati per prepararsi ad una maratona.

1. VARIAZIONI DI VELOCITA’
• Permettono di elevare il volume generale dell’unità di allenamento;
• Favoriscono il recupero nervoso
• Incremento della densità di allenamento

2. RIPETUTE SUI 2000/ 3000m
• Incremento della soglia anaerobica e della potenza aerobica
• Migliorano la capacità muscolare di utilizzare ossigeno e di smaltimento di acido lattico

3. RIPETUTE BREVI 200/ 600m
• Miglioramento delle capacità lattacide e della potenza anaerobica
• Permettono l’adattamento a ritmi di corsa veloci e il miglioramento della meccanica di
corsa

4. RIPETUTE MEDIE SUI 1000m e 800m
• Abituano i muscoli a tollerare piccole quantità di acido lattico e velocizzare lo smaltimento
• Stimolano incremento della potenza e della soglia anaerobica

 

Gli errori da evitare

Nella maratona il “cost of energy” (CE) è fondamentale, secondo Belly et al è direttamente proporzionale allo spostamento verticale dal centro di massa. Per questo motivo è importante non sottovalutare la preparazione della tecnica di corsa e curare la biomeccanica del movimento.

In particolare, porre attenzione a:
Pronazione del piede
• Extra rotazione del piede

 

Conclusione: come approcciarsi alla maratona?

 

Per concludere possiamo affermare che l’allenamento polarizzato è il metodo migliore per andare ad affrontare una maratona, o comunque, qualsiasi competizione endurance.

All’ interno di una periodizzazione polarizzata, sarà fondamentale inserire esercizi specifici che porteranno il nostro atleta a migliorare la tolleranza allo sforzo e facilitando lo smaltimento di acido lattico.

Oltre alle componenti fisiologiche, la parte biomeccanica riveste una parte fondamentale, difatti una tecnica di corsa errata porta l’atleta a un CE maggiore e peggiori risultati.

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