Ridurre gli infortuni agli hamstring: la soluzione è sprintare?

Ridurre gli infortuni agli hamstring è una priorità nella preparazione fisica, nel calcio. Sprintare potrebbe essere la "pillola magica"?
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Gli infortuni agli hamstring costituiscono ancora oggi una percentuale rilevante delle lesioni che avvengono nel calcio, e nello sport in generale.

Nonostante i numerosi protocolli ed esercizi analizzati in letteratura, ogni anno il loro numero è in aumento.

In questo testo, analizziamo una del 2024, “If You Want to Prevent Hamstring Injuries in Soccer, Run Fast: A Narrative Review about Practical Considerations of Sprint Training”. Nell’articolo si prende in considerazione lo sprint come fattore preventivo degli infortuni agli hamstring.

 

Gli sprint nel calcio

 

In quasi tutte le discipline, l’obiettivo di un atleta che sprinta  quello di coprire una determinata distanza nel minor tempo possibile.

Durante una partita di calcio, un giocatore esegue dai 17 agli 81 sprint, con una durata media di 2”-4”, e percorre una distanza media inferiore ai 20m.

Il 70% degli sprint avvengono con l’atleta già in movimento, e non con partenza da fermo; per questo motivo si parla spesso di “sprint lanciati”, e questi hanno spesso una traiettoria curvilinea anzichè lineare.

 

Gli infortuni agli hamstring

 

L’esecuzione di un numero così alto di azioni ad alta intensità richiede che il giocatore sia preparato fisicamente a gestire queste richieste. Gli infortuni agli hamstring sono la lesione più comune nel calcio.

Il loro numero aumenta del 4% ogni anno, e ad oggi costituiscono il 24% di tutti gli infortuni a livello professionistico. La maggior parte degli infortuni avvengono quando l’atleta sta correndo a velocità superiori a 25 km/h, e oltre l’80% della loro velocità massimale.

Un aspetto interessante che gli autori hanno osservato è che, quando questi avvengono durante un match, spesso sono preceduti da un periodo di tempo relativamente breve (5′ circa), in cui l’atleta percorre una distanza insolitamente alta oltre i 21km/h.

 

 

 

Quale comparto muscolare è maggiormente interessato?

 

Generalmente si tende a parlare di infortuni agli hamstring. Tuttavia, il comparto muscolare maggiormente interessato da questa tipologia di lesione è il capo lungo del bicipite femorale (Bflh).

 

Quali sono i fattori predisponenti?

 

Nonostante in questo articolo ci si concentri sullo sprint come “momento della lesione”, è importante ricordare che come qualsiasi infortunio, anche quello degli hamstring è un evento multifattoriale.

I fattori di rischio sono moltissimi, e oltre alle già citate altissime velocità vi sono:

  • inadeguato management del training load
  • bassa esposizione alle corse ad alta intensità
  • precedenti infortuni
  • fatica neuromuscolare
  • bassi livelli di forza
  • scarso controllo lombopelvico
  • cattiva meccanica di sprint

 

Perchè gli sprint possono ridurre gli infortuni agli hamstring? 

 

Durante uno sprint, l’attivazione negli hamstring (sia per livello, che per timing) è differente dai classici esercizi di rinforzo e prevenzione che si eseguono per questo comparto muscolare.

Inoltre, se prendiamo in considerazione l’esercizio più utilizzato a questo scopo, ossia il Nordic Hamstring, ci accorgiamo che durante lo sprint si raggiunge un’attivazione del capo lungo del bicipite femorale assai maggiore.

Infatti, con velocità superiori all’80% della massima velocità di sprint (MSS), l’attivazione del bicipite femorale è molto superiore a quella che si può ottenere nella restante parte degli esercizi in cui si attivano gli hamstring. Per questo motivo, sembra intuitivo che raggiungere velocità superiori al 90% della MSS possa ridurre il rischio di infortuni agli hamstring.

 

Quali sono i meccanismi protettivi? 

 

L’esecuzione di sprint ad alta intensità con l’obiettivo di ridurre gli infortuni agli hamstring ha senso solamente se questi vengono eseguiti con una qualità e tecnica di movimento adeguata.

L’effetto protettivo dello sprint potrebbe essere associato alla stiffness della gamba. Infatti, bassi livelli di stiffness comportano un inefficiente stoccaggio di energia, così come una scarsa cinematica ed inefficienza del movimento. Conseguentemente, aumentano il carico sulle unità muscolari, e quindi il rischio di infortuni agli hamstring.

E’ ovvio che, come per qualsiasi altro lavoro preventivo, la relazione tra sprint training e infortunio presenta una “U-shaped curve”. Sia troppo pochi che troppi, aumentano il rischio di lesione agli hamstring.

 

Quando inserire lo sprint training?

 

A prescindere dagli infortuni agli hamstring, la maggior parte della letteratura scientifica è concorde sull’importanza di sottoporre l’atleta alle alte velocità durante la settimana. Nonostante ciò, non tutte le metodologie sono concordi sul “quando”.

Se pensiamo alla periodizzazione tattica ad esempio, l’MD-2 è il giorno dedicato allo sprint training e alle alte velocità in generale. Altri metodi tuttavia, considerano sufficienti i lavori eseguiti in spazi ampi durante l’MD-4 e MD-3.

E’ importante considerare, assieme allo staff sanitario, la disponibilità dell’atleta ad eseguire sprint durante quel giorno, così come riconoscere le variabili all’interno del team (ruoli, starters/non starters, etc..).

 

Quale metodologia per ridurre gli infortuni agli hamstring? 

 

La combinazione di differenti proposte, dalle più analitiche fino a quelle più specifiche, sembra essere una strategia più efficace per ottimizzare l’abilità di sprint negli atleti.

In generale, sembra importante allenare lo sprint in una maniera multidirezionale, con accelerazioni, decelerazioni, cambi di direzione, e lavori sia lineari che curvilinei.

La progressività è importante; è necessario introdurre prima i lavori più analitici e successivamente spostarsi verso esercitazioni più specifiche. Questo è certamente un criterio razionale in grado di ridurre gli infortuni agli hamstring, e non solo.

 

 

Il “control-chaos continuum”

 


Secondo il principio del control-chaos continuum, infatti, utilizzeremo inizialmente esercitazioni altamente controllate e di bassa complessità. Il numero di stimoli inoltre, dovrà essere basso.

Arriveremo infine a proporre esercitazioni complesse, con la presenza dell’attrezzo (il pallone) e l’avversario. Le situazioni di gioco come le transizioni sono certamente uno dei modi più specifici per allenare la capacità di sprint e riprodurre lo stimolo, riducendo il rischio di infortuni agli hamstring.

 

Esiste il momento perfetto?

 

Se l’obiettivo principale nel proporre le alte velocità è quello di ridurre gli infortuni agli hamstring, è veramente importante considerare il giorno “migliore” all’interno della settimana nel quale proporle.

Il rischio, altrimenti, diventa quello di esporre l’atleta a stimoli sbagliati, diminuire il recupero e la capacità fisica dell’atleta, e quindi di favorire l’infortunio.

Come abbiamo precedentemente detto, secondo il modello della periodizzazione tattica, l’MD-2 dovrebbe essere il giorno dedicato alla velocità. Tuttavia, a seconda del modello di gioco e le idee di un allenatore, un giocatore potrebbe aver completato un numero sufficiente di stimoli anche nei giorni precedenti. Non esiste “il giorno perfetto”.

 

L’importanza del monitoraggio

 

Ciò che è altresì importante, è il monitoraggio costante del carico di lavoro. Monitorando le esercitazioni svolte e la risposta dell’atleta (carico interno ed esterno) abbiamo indicazioni molto puntuali su quando, quanto e cosa proporre per “compensare” eventuali mancanze.

Per ridurre il rischio di infortuni agli hamstring attraverso l’utilizzo delle alte velocità, è possibile ad esempio valutare la fatica neuromuscolare attraverso test isometrici nell’MD+1, o anche nell’MD-2. In questo modo avremo un’indicazione della readiness dell’atleta.

 

Ma quanto devo correre veloce?

Classicamente, si considerano le altissime velocità oltre i 24-25km/h. La maggior parte dei dispositivi GPS ad esempio hanno questo tipo di impostazione.

Tuttavia, considerare una soglia “unica” per tutti i giocatori potrebbe essere un errore grossolano. Ciò che si dovrebbe provare a fare invece, è di testare la velocità massima per ogni singolo atleta.

In questo modo, sarà possibile impostare un lavoro individualizzato basato sulle % della MSS (max sprint speed), che come abbiamo detto dovrà essere settato su due livelli:

  • >85%MSS; circa il 35-45% degli sprint
  • >95%MSS; circa il 15-20% degli sprint

 

Ridurre gli infortuni agli hamstring: quanti sprint faccio?

 

Non esiste una “dose magica” in grado di ridurre gli infortuni agli hamstring. In letteratura tuttavia, si parla di un rapporto allenamento/competizione tra lo 0.5 e 1.3. 

Ciò che è importante, a completamento di quanto detto nel precedente paragrafo, è di creare un profilo individuale dell’atleta. Ci possono aiutare i dati statistici per “ruolo” presenti in letteratura.

Questi sono certamente un punto di partenza, ma ogni squadra e atleta è un soggetto a sé. L’abilità del preparatore fisico, e dello staff tecnico, è anche quella di conoscere il proprio modello di gioco e strutturare un lavoro adatto a migliorare l’atleta all’interno di quel contesto.

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