Neuroscienze del decision-making: applicazioni nello sport

Cosa si intende per decision-making applicato allo sport? Quali "conoscenze" o skills implica che un atleta abbia per poter fare le scelte giuste?
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La capacità di decision-making, o di presa di decisione, rappresenta un requisito fondamentale per l’ottenimento di prestazioni sportive efficaci.

Di conseguenza, la comprensione dei meccanismi alla base di questo processo è di grande importanza per i professionisti e i tecnici di questo settore.

In questo articolo di Michele Di Ponzio, ci focalizzeremo, quindi, sui processi di decision-making in ambito sportivo e sulle implicazioni nella strutturazione degli allenamenti per migliorarlo.

 

Decision-making: una premessa

 

Nell’ambito sportivo, le prestazioni di successo non sono solo il risultato di un abile controllo del movimento. È bensì fondamentale un efficace processo di presa di decisione circa la risposta motoria più adeguata alla performance richiesta.

In determinati sport, agli atleti è richiesta l’abilità di elaborare in rapida successione la decisione da dover prendere e programmare il movimento per attuarla. Dunque, i vincoli temporali impattano in maniera importante sui processi percettivi e sull’azione motoria stessa. A ciò si aggiunge il fatto che negli sport di squadra i processi di decision-making sono resi ancor più complessi a causa della variabile rappresentata dai propri compagni di squadra.

Nell’ambito del decision-making sportivo, possono essere individuati una serie di diversi fattori. Tra questi:

  • differenti figure coinvolte nel processo di decisione (ad esempio, atleti, allenatori e dirigenti)
  • compiti di vario tipo (ad esempio, reazioni, strategie e tattiche)
  • contesti (ad esempio, situazione di gioco attivo, di pausa o di pre-gioco).

Di particolare interesse per i professionisti dello sport e per gli allenatori è il fatto che gli atleti esperti mostrano una migliore capacità di decision-making in diversi compiti e contesti rispetto agli atleti principianti. Ciò suggerisce che l’abilità di decision-making rappresenti un processo sviluppabile e migliorabile con la pratica e, quindi, allenabile.

 

Cos’è il decision-making

 

In psicologia, il decision-making è stato definito come un insieme di processi valutativi e inferenziali che le persone hanno a disposizione e a cui possono attingere nel processo decisionale.

In questo contesto, il decision-making rappresenta un processo che si situa tra gli aspetti percettivi ed esecutivi della prestazione.

Un decision-making efficace richiede, infatti, l’integrazione delle informazioni percettive con le conoscenze accumulate attraverso le esperienze precedenti.

 

La distinzione in letteratura 

 

In letteratura, viene spesso effettuata una distinzione tra decision-making controllato in modo consapevole e in modo non consapevole. Storicamente, quello controllato in maniera non consapevole è l'”intuitivo”.

L’intuizione, in questo contesto, è “un riconoscimento o un giudizio involontario, difficile da articolare e carico di affetti basato su esperienze e occasioni di apprendimento precedenti. Esso si forma senza una scelta razionale deliberata o consapevole”. Nello sport, l’intuizione costituisce una modalità con cui alcuni atleti esperti riescono a trovare soluzioni tattiche efficaci senza la necessità di considerare e confrontare tutte le soluzioni possibili.

 

L’elemento cruciale nel decision-making

 

Un altro elemento cruciale del decision-making nello sport è che i processi percettivi e le azioni decisionali sono fortemente intrecciati. In questo senso, la percezione costituisce un aspetto importante di questo processo.

È importante che gli atleti migliorino la propria capacità di discriminare tra gli elementi informativi e quelli irrilevanti. Inoltre, essi devono riconoscere che la maggior parte delle decisioni nello sport sono dinamiche e avvengono in tempo reale.

Ciò significa che gli atleti devono prendere decisioni mentre l’attività sportiva è in esecuzione. Ne consegue che una completa comprensione del decision-making nello sport può avvenire solo attraverso la comprensione dell’ambiente reale in cui avviene l’attività sportiva.

 

 

Teorie nel decision-making

 

In ambito scientifico,  troviamo numerose teorie relative al decision-making. Tutte possiedono diverse e specifiche implicazioni per il mondo sportivo.

Di seguito, andiamo ad elencare le più importanti:

 

La teoria classica

 

L’approccio classico si concentra sull’accuratezza delle decisioni prese. Esso presuppone che, in tutti i contesti di decision-making, le decisioni ottimali possano identificarsi attraverso un processo di analisi razionale.

Il processo attraverso cui si prende una decisione efficace comprende:

  • una chiara identificazione del problema
  • l’individuazione delle soluzioni possibili
  • la valutazione critica di tutte queste opzioni
  • la selezione della soluzione preferita.

Tuttavia, l’utilizzo di questo approccio in situazioni in cui le decisioni vengono prese in condizioni dinamiche, complesse, sotto pressione e con poco tempo a disposizione è di difficile applicabilità.

Può essere utile, invece, per spiegare il processo che porta alla presa di decisioni in situazioni in cui la pressione temporale è minore. Ad esempio, può spiegare le decisioni strategiche prese prima della gara. In quanto tale, questo approccio sembra offrire una visione di alcuni aspetti del decision-making nello sport.

 

La teoria naturalistica

 

Secondo questo approccio, il processo di decision-making avviene, in primo luogo, attraverso una valutazione dei potenziali percorsi d’azione. In secondo luogo, le decisioni sono basate sul riconoscimento. Infatti, il decisore, piuttosto che confrontare tra di loro tutte le alternative, riconosce la situazione tra una serie di modelli già conosciuti.

In terzo luogo, i decisori adottano un criterio soddisfacente, ricercando la soluzione più praticabile piuttosto che quella ottimale. Questo approccio sembra essere più adatto per spiegare situazioni in cui la pressione del tempo e gli obiettivi sono poco definiti.

Tuttavia, potrebbe non fornire un quadro completo del decision-making nello sport. Infatti, non considera l’impatto che la complessità dell’ambiente può avere su questo determinato processo.

 

Decision-making e teoria ecologica

 

L’approccio ecologico pone l’accento sulle relazioni tra l’individuo e l’ambiente in cui opera. La psicologia ecologica presuppone che ambiente e performer si combinino per formare un unico ecosistema.

L’efficacia delle decisioni è, quindi, chiaramente condizionata dal livello di sintonia di ogni atleta, dalle informazioni rilevanti e dalla rispettiva calibrazione dei suoi movimenti rispetto a tali informazioni.

Se questo è vero, il processo attraverso il quale l’atleta percepisce l’ambiente è di fondamentale importanza. Le implicazioni per l’allenamento del decision-making nello sport sono chiare. Il modo più efficace per migliorare il decision-making è quello di allenare l’atleta in un contesto reale.

Piuttosto che offrire una concorrenza reciproca, l’approccio classico, quello naturalistico e la prospettiva ecologica sembrano spiegare aspetti diversi del decision-making in ambito sportivo. Ciò riflette la varietà e complessità di contesti in cui si verifica il processo.

 

Neuroscienze del decision-making

 

Utilizzando la risonanza magnetica funzionale si osserva come il processo decisionale si basa sul confronto costi-benefici. Esso è in sostanza un accumulo della differenza tra questi due elementi per ogni decisione. In paricolare, una specifica area del cervello lavora a questo processo. Parliamo della corteccia prefrontale ventro-mediale dorsolaterale sinistra.

Questa calcola la differenza tra costi e benefici previsti di ciascuna decisione. Tali differenze si accumulano a livello parietale, nella parte posteriore del cervello. Il cervello, quindi, soppesa i costi rispetto ai benefici combinando i segnali neurali ad essi legati in un’unica rappresentazione neurale del valore netto basata sulle differenze tra i due.

Le neuroscienze ci permettono di verificare le precedenti prospettive teoriche sulla base dell’organizzazione cerebrale.

 

Un processo in aggiornamento continuo

 

Quanto riportato ora rappresenta il corrisposto neurale dell’approccio classico. Tuttavia, in ogni momento questo processo si aggiorna e modifica sulla base di impulsi nervosi relativi alla percezione dell’ambiente reale e al controllo attentivo.

A variare sarà il controllo consapevole e deliberato. Infatti, a seconda delle richieste temporali dell’ambiente, questo intero processo sarà inviato o meno a centri di supervisione cosciente. Dunque, tutte queste informazioni relative all’organizzazione cerebrale ci permettono di comprendere come le funzionalità descritte dai tre diversi approcci siano in realtà sempre presenti. Ciò che cambia è il grado, a seconda del continuo feedback del contesto.

Inoltre, l’evidenza sperimentale indica una dissociazione tra lo sviluppo relativamente lento e lineare del controllo degli impulsi e dell’inibizione della risposta durante l’adolescenza e lo sviluppo non lineare del sistema di ricompensa. Esso spesso risulta iper-reattivo alle ricompense durante questa fase. La differenza nello sviluppo di questi due sistemi suggerisce che il processo decisionale nell’adolescenza possa cambiare in base alle emozioni e ai fattori sociali. Ad esempio, quando gli adolescenti si trovano con i coetanei o in altri contesti affettivi (“caldi”).

 

Allenare il decision-making nello sport

 

Fino a poco tempo fa, si riteneva che per sviluppare alti livelli di prestazione servissero anni di esperienza pratica. Tuttavia, come già spiegato in articoli precedenti, tale accumulo di esperienza non significhino necessariamente in livelli di prestazione migliori.

Diversi autori sostengono che cercare di allenare e migliorare il decision-making in un individuo possa essere un approccio molto più vantaggioso del semplice accumulare una vasta esperienza. Questo si applica sia al decision-making tattico/strategico, sia al decision-making che ha lo scopo di migliorare la percezione e l’interazione azione-percezione.

Quando utilizziamo un approccio focalizzato all’allenamento delle decisioni nell’ambito sportivo, dovremmo porre la stessa enfasi agli aspetti fisici e tecnici della prestazione. Dobbiamo considerare anche le abilità cognitive che sottendono a livelli più elevati di prestazione. Infatti, la principale differenza tra l’allenamento standard e quello decisionale sia proprio il grado di sforzo cognitivo dell’atleta.

 

Allenamento del decision-making strategico e tattico

 

Il modello di decision training si compone di tre fasi specifiche:

  • identificare una decisione da poter allenare
  • progettare un’esercitazione con un trigger cognitivo
  • utilizzare strumenti e contesti di allenamento alla decisione.

 

Le fasi di lavoro

 

Nella prima fase, una delle seguenti sette abilità cognitive dovrebbe essere l’obiettivo principale.  Parliamo di anticipazione, selezione dell’attenzione, concentrazione, riconoscimento di schemi, memoria, problem solving e processo decisionale. La seconda fase prevede l’utilizzo di un trigger cognitivo, come può essere l’utilizzo di diversi oggetti, di diverse posizioni e di spunti per la memoria. È opportuno modificare anche i contesti e gli strumenti utilizzati. Possiamo alternare sedute di decision training a pratica variabile e casuale con diversi tipi di istruzioni.

Inoltre, è importante l’uso di processi di apprendimento sia impliciti che espliciti. I principi fondamentali di questo approccio si basano sull’idea che le decisioni nell’ambito sportivo si sviluppino attraverso: la mappatura di una situazione, il movimento e l’effetto sull’ambiente. Il riconoscimento implicito o esplicito porta alla generazione di un’opzione. Questa, a sua volta informa una scelta, che alla fine si traduce in un effetto della scelta (esito).

Su questa base, i miglioramenti nell’anticipazione e nel decision-making si fondano su cambiamenti nelle abilità percettive-cognitive e da conoscenze e meccanismi che determinano il modo in cui il cervello elabora le informazioni e controlla le prestazioni. In uno studio sugli atleti della squadra nazionale australiana, i giocatori ritenevano che l’allenamento video, l’allenamento organizzato e guardare le partite in televisione li hanno aiutati a sviluppare le loro abilità di decision-making. Questo perché la conoscenza verbale, dunque esplicita, può facilitare l’apprendimento e la formazione di modelli di decision-making.

 

Migliorare l’accoppiamento percezione-azione del decision-making

 

Gli atleti imparano a cogliere spunti importanti (variabili di specificazione) dall’ambiente in cui avviene la prestazione. È fondamentale l’allenamento dell’attenzione alle fonti informative chiave e la messa a punto dei movimenti verso una fonte critica.

L’implicazione di ciò è che la pratica focalizzata a ridurre la complessità del compito per facilitare lo sviluppo delle competenze ha un impatto negativo sulle capacità di decision-making. Infatti, essa si sostiene sull’interazione tra percezione-azione.

L’utilizzo di approcci come l’”allenamento” delle strategie di ricerca visiva e la presentazione di scenari “tipici” è efficace nel migliorare il processo di decision-making in prestazioni sportive che prevedevano un tempo limitato. Ciò contribuisce ad aumentare le capacità degli atleti di riconoscimento dei modelli. Inoltre, questo processo può aiutare gli atleti a sviluppare una conoscenza procedurale e dichiarativa necessaria per una soluzione efficace dei problemi in situazioni nuove non incontrate in precedenza.

 

Conclusioni

 

Dunque, sono tre i punti specifici in cui gli allenamenti potrebbero strutturarsi:

  1. Cognitivo- consapevole: sviluppare una comprensione dell’esperienza passata, della consapevolezza tattica e delle predisposizioni e tendenze dei singoli giocatori;
  2. Interazione percezione-azione: percepire spunti e informazioni rilevanti;
  3. Interruzione e reset: rispondere ai rapidi cambiamenti dell’ambiente.

Anche l’uso del video training è un metodo efficace per sviluppare l’esposizione a spunti percettivi rilevanti e la conoscenza degli atleti avversari e delle loro tattiche. Questo, a sua volta, può contribuire allo sviluppo esplicito della abilità di decision-making. È interessante, inoltre, notare che alcuni studi hanno anche riportato che gli atleti allenati con video riprodotti a una velocità superiore a quella normale hanno migliorato maggiormente le loro prestazioni rispetto a quelli allenati con video a velocità normale.

 

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