La pianificazione del progetto motorio nelle neuroscienze

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Dopo aver parlato di dual-tasking, oggi parleremo del concetto di progetto motorio. Con quell’articolo abbiamo aperto una discussione relativa alle basi o presupposti neuroscientifici della performance atletica.

Con questo nuovo articolo proseguiamo in questa direzione. L’obiettivo sarà quello di rispondere ad alcune domande. Come riusciamo a eseguire un’azione? Cosa avviene nel nostro cervello?

Quali sono le implicazioni per la performance sportiva e l’allenamento? Scopriamo cosa si intende per progetto motorio in questo articolo di Michele Di Ponzio.

 

Il progetto motorio nasce nel cervello

 

Il movimento non è solo quello visibile. Ma nasce nel nostro cervello. Partiamo da un esempio: tirare un calcio a un pallone. Quest’azione richiede di decidere in primis l’obiettivo del gesto. Decidere di calciare dalla lunga distanza richiederà un’azione diversa rispetto a un passaggio rasoterra.

Dopodiché, bisognerà raggiungere il pallone, quindi correre. Poi, bisognerà calciare. Si tratta di schemi motori già conosciuti e memorizzati. Questi però devono essere posti nella giusta sequenza per permetterci di calciare nel miglior modo possibile.

L’azione può essere considerata il risultato di una serie di processi che lavorano insieme in modo concertato. Questi processi includono innanzitutto la selezione e il mantenimento degli obiettivi. Seguono l’identificazione degli oggetti nell’ambiente e la traduzione delle loro proprietà visuo-spaziali in comandi motori. Dopodiché, i vari movimenti, posti nella giusta sequenza, vengono preparati.

Solo dopo queste fasi si definisce il progetto motorio. A questo punto, il comando sarà inviato dalla corteccia agli effettori del movimento, ossia i muscoli. Da qui, il movimento sarà visibile. Ma vediamo il tutto più nel dettaglio.

 

Il progetto motorio: scelta del “cosa fare”

 

Il progetto motorio nasce da una volontà. Lo scopo è formulato nell’area prefrontale della corteccia cerebrale. Quest’area corrisponde alla parte anteriore del cervello, subito dietro la fronte. La decisione viene presa sulla base di esperienze passate, di motivazioni emotive profonde e  della propria personalità. Ma anche dalle informazioni che ci giungono dall’ambiente.

La funzione della corteccia prefrontale non è affatto azione-specifica. Invece, è coinvolta nella presa di decisioni, nel mantenimento della memoria per l’esecuzione (memoria di lavoro) e nel controllo della cognizione e del comportamento (funzioni esecutive).

Quando la decisione sarà presa (calciare dalla lunga distanza) una parte del compito della corteccia prefrontale sarà terminato. L’altra parte corrisponde alla funzione di supervisione dell’intero processo di pianificazione. Di questo ne parleremo dopo. Ora, la formulazione del progetto motorio procederà nella corteccia premotoria.

 

Progettazione del “come fare” nel progetto motorio

 

Sulla base di ciò che si è deciso di fare, dovrà essere definito il come fare.  Gli schemi di movimento già memorizzati dovranno essere selezionati e legati insieme in una sequenza. Questi schemi sono memorizzati nella corteccia premotoria. Essa infatti è il nostro vocabolario motorio. Una volta selezionati sono messi nel giusto ordine di successione per permettere l’esecuzione dell’azione scelta.

Ad ora, tuttavia, si tratta di un progetto motorio privo delle informazioni relative a quali muscoli è necessario inibire e quali eccitare. Queste informazioni non sono definite nella corteccia. Bensì, dalla corteccia il progetto motorio viene inviato a un centro subcorticale.

Si tratta dei nuclei della base. Qui una serie di sinapsi stabiliscono eccitazioni e inibizioni che definiranno i muscoli che dovranno contrarsi o meno. Dai nuclei della base, il progetto motorio ritorna alla corteccia, chiudendo un circuito. Giunto dunque alla corteccia motoria primaria, il progetto motorio è completo. Da qui, partirà il commando ai muscoli.

 

Il controllo nella corteccia

 

È importante precisare che la disposizione delle aree di controllo nella corteccia motoria primaria è somatotopica.  Ciò significa che ricalca la disposizione delle parti del corpo. Quindi, un’area controllerà i muscoli del piede, una quelli della mano e così via.

Tuttavia, l’innervazione che le varie parti del corpo ricevono non è quantitativamente proporzionale alla grandezza reale di quelle parti. Invece, è relativa al numero di unità motrici. Funzionalmente ciò significa che il movimento garantito dai muscoli controllati da molti nervi sarà molto accurato, anche se non potente.

Ad esempio, nel muscolo dell’occhio una fibra fa muovere 20 cellule muscolari, garantendo quindi un movimento molto accurato. Nel grande gluteo, a differenza, una fibra fa muovere mille cellule muscolari, a favore, in questo caso, di una grande potenza.

 

 

Supervisione del progetto motorio

 

Tutto il processo di pianificazione e esecuzione del progetto motorio viene supervisionato in due modi. Innanzitutto, tutto il percorso può essere oggetto della nostra attenzione e del sistema di supervisione attentiva, localizzato nella corteccia prefrontale. Il coinvolgimento o meno di questo sistema è direttamente proporzionale al grado di automazione del movimento.

Una volta cominciato il movimento entra in gioco anche il cervelletto. Il circuito cerebellare è coinvolto nella coordinazione in diretta del movimento, confrontando i gesti motori previsti con i risultati sensoriali. Sulla base di tali informazioni, il cervelletto agisce in tempo reale per correggere eventuali errori nel movimento.

Quindi, il cervelletto utilizza una copia dei comandi motori corticali per garantire che il movimento desiderato avvenga in modo accurato e nel momento desiderato. Inoltre, si attiva fisiologicamente durante i compiti di coordinazione che richiedono la sincronizzazione di un movimento con un altro.

 

Pianificazione del progetto motorio: implicazioni per la performance sportiva

 

Abbiamo visto come il progetto motorio nasce nel cervello. Dunque, il movimento non è solo quello visibile. Ciò ha almeno quattro principali implicazioni per la performance sportiva e l’allenamento.

 

Il tempo di reazione motorio

 

La prima conseguenza è che il tempo di reazione motorio non è dovuto alla velocità di contrazione muscolare che risulta nel movimento.

Il tempo di reazione motorio è invece diviso in due componenti. La componente motoria si riferisce al tempo tra l’attività elettromiografica e il movimento. La componente premotoria invece è la componente neurale, che va dalla discriminazione dello stimolo, al processamento centrale e alla pianificazione del progetto motorio. Il tempo di reazione premotorio corrisponde all’80% del tempo di reazione totale.

Dunque, tutti gli aspetti qui descritti hanno un ruolo chiave. Dalla presa di decisione alla scelta dello schema motorio tra quelli a disposizione nel nostro vocabolario motorio, questi aspetti hanno una forte incidenza sui tempi di reazione. Di conseguenza, devono e possono essere tenuti in considerazione in allenamenti con il fine di migliorare il tempo di reazione totale.

 

L’anticipazione motoria

 

Come si è evinto, la percezione di uno stimolo esterno e la pianificazione della risposta motoria appropriata richiedono tempo. Ciò induce un ritardo intrinseco delle reazioni cerebrali agli stimoli esterni. Questo è spesso incompatibile con la dinamica degli stimoli in movimento negli sport.

Pertanto, per interagire in modo ottimale con oggetti o persone in movimento, il sistema percettivo deve costruire una rappresentazione anticipata della sequenza di movimento, al fine di prevedere e anticipare ciò che avverrà. Questa rappresentazione anticipata consentirà, qualora si rivelasse appropriata, di rispondere molto più velocemente, con ovvi conseguenti benefici competitivi.

 

L’organizzazione somatotopica negli atleti

 

Abbiamo parlato dell’organizzazione somatotopica della corteccia motoria primaria. Bisogna considerare che il cervello è plastico. Ciò significa che si adatta in base alle nostre esperienze. Di conseguenza, quei muscoli maggiormente utilizzati da uno sportivo avranno una rappresentazione nel nostro cervello più grande. Ciò implicherà un maggior controllo di quei muscoli.

Come dimostrato, i giocatori di tennis d’élite mostrano una rappresentazione motoria della mano più ampia rispetto ai giocatori meno abili e ai non giocatori. Inoltre, altri studi hanno dimostrato che i giocatori di pallavolo d’élite presentano rappresentazioni significativamente più grandi e più sovrapposte dei muscoli deltoide mediale e carpi radiali, rispetto ai corridori.

Dunque, aumentando l’area del cervello collegata a un particolare muscolo, aumenta la sensibilità con cui questo può essere controllato consapevolmente.

 

Automatismo e variabilità motoria

 

Abbiamo visto come siano tanti gli aspetti da considerare per la definizione del progetto motorio. Un’altra implicazione di ciò è il relativo grado di automatismo della pianificazione motoria. Un progetto motorio è infatti specifico. Dipende dalla motivazione di quel momento, dagli stimoli esterni, dalla scelta che prendiamo.

Si tratta di condizioni che non si ripetono ugualmente e che dunque daranno vita a un progetto motorio pianificato ad hoc. Le voci del nostro vocabolario motorio sono infatti modificabili e adattabili. Una previsione ingenua potrebbe essere che, poiché gli esperti ottengono un risultato finale più coerente, l’intera traiettoria dei loro movimenti (anche nella componente neurale) dovrebbe essere sempre uguale.

Tuttavia, il sistema motorio possiede molteplici gradi di libertà. Questi fanno sì che la coerenza del punto finale possa essere ancora accompagnata da una variabilità sia nelle posture finali sia nelle prime componenti di un movimento, quelle neurali.

 

Movimenti semplici e complessi nel progetto motorio

 

I movimenti semplici mostrano regolarità sorprendenti e gli schemi di movimento sembrano stabilizzarsi con la pratica. Ma nella pratica sportiva si ha a che fare con gesti molti complessi. Gli atleti, infatti, non riproducono un modello cinematico preciso quando eseguono una particolare attività sportiva. Ciò sembra ragionevole, dato che gli scenari sportivi sono spesso irregolari. Infatti, le azioni dirette all’obiettivo raramente iniziano da una situazione di partenza identica.

Dunque, nella pratica sportiva il fine non deve essere quello dell’automatizzazione a prescindere. Bisogna acquisire skills in tutto il processo che porta al movimento finale. Quindi bisogna allenare il decision-making, per avere scelte più accurate e più veloci.

Bisognerà migliorare l’interpretazione degli stimoli esterni, con una maggior comprensione delle dinamiche di gioco. Bisognerà favorire la memorizzazione di molteplici schemi motori, così da favorire l’adattabilità ad alti livelli di variabilità. E sarà necessario ottenere un’ottima funzionalità del cervelletto. In tal modo beneficeremo della capacità di modificare online il movimento alla luce delle sempre variabili dinamiche sportive.

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