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Neuroscienze nello sport: benefici dell’esercizio fisico per il cervello

In questo secondo articolo sulle relazioni tra neuroscienze e sport affronteremo il tema che lega esercizio fisico e salute del cervello. In che modo questi due aspetti vanno di pari passo?

PerformanceLab by PerformanceLab
06/06/2022
in Articoli sulla Psicologia
5 min read
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Quando parliamo di neuroscienze e sport, ci riferiamo anche all’influenza positiva dell’esercizio fisico sull’umore e sulla cognizione.

In particolare, numerosi dati suggeriscono che l’attività fisica può ridurre il rischio di varie malattie neurologiche e proteggere il cervello dagli effetti dannosi dell’invecchiamento. Gli studi hanno anche documentato i cambiamenti neuroanatomici, neurochimici e cellulari/molecolari associati all’esposizione a lungo termine all’esercizio fisico.

Tutti dati che attestano ancora più significativamente l’importanza dell’esercizio fisico anche da un punto di vista cerebrale. Quindi, le neuroscienze, di cui abbiamo parlato in un precedente articolo, si dimostrano ancora una volta al servizio dello sport. Ma andiamo per gradi e facciamoci guidare da Michele Di Ponzio in questo secondo articolo.

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Indice dei contenuti

  • Neuroscienze e sport: attività fisica, funzioni cognitive e benessere
    • Le capacità attentive: quale relazione tra neuroscienze e sport
  • Cosa accade nei bambini?
  • Quale attività fisica per il cervello? Le neuroscienze al servizio dello sport
    • Tipologia e durata
  • Neuroscienze, cervello e sport
    • Le sostanze rilasciate dall’attività fisica
  • Possibili campi di applicazione delle relazioni tra neuroscienze e sport
    • Applicazioni cliniche: neuroscienze e sport
    • Prevenzione: neuroscienze e sport
  • Conclusioni: il rapporto tra le neuroscienze e lo sport
  • Vuoi scoprire i segreti della preparazione fisica?

Neuroscienze e sport: attività fisica, funzioni cognitive e benessere

 

Qual è l’effetto che l’esercizio fisico ha sul nostro cervello? Qual è la relazione tra funzioni cognitive e la pratica sportiva? In che modo le neuroscienze si possono mettere al servizio dello sport?

I benefici dell’attività sportiva per la salute umana sono innumerevoli e ampiamente documentati. Tuttavia, è difficilmente immaginabile che l’esercizio fisico possa cambiare sia funzionalmente che strutturalmente il cervello. Infatti, è improbabile poter aumentare il numero di neuroni e incrementare la performance cognitiva. Invece, è esattamente quello che accade (Kramer e Erikson, 2007). In questo senso le neuroscienze hanno un grande effetto sullo sport.

Per fare alcuni esempi, la pratica sportiva è stata correlata a un miglioramento nella memoria. Essa porta ad un aumento nella dimensione dell’ippocampo, che è una regione chiave nei processi mnemonici.

A un gruppo di adulti è stato chiesto di eseguire un compito di memoria episodica (Ruscheweyh et al., 2011). Veniva loro chiesto di memorizzare alcune parole e ripeterle dopo del tempo. Questo test è stato eseguito una prima volta e poi dopo sei mesi di attività sportiva di media intensità. I risultati hanno mostrato che queste persone avevano migliorato la loro memoria episodica a lungo termine. Dopo 6 mesi, avevano ricordato circa il 20% in più di parole rispetto a quanto fatto in precedenza. Un risultato davvero significativo.

 

Le capacità attentive: quale relazione tra neuroscienze e sport

 

Inoltre, anche le nostre capacità attentive migliorano a seguito di attività motoria. Infatti, un’attività sportiva ad alta intensità per almeno un mese consecutivo risulta nella capacità di prestare attenzione per periodi di tempo maggiore e per più compiti in contemporanea (attenzione divisa).

Conseguentemente, migliora la capacità delle persone di organizzare la loro vita e districarsi tra i molteplici impegni e compiti di ogni giorno. Ne consegue un miglioramento della qualità della vita e un maggior livello di benessere psicofisico, dovuto anche a una maggiore felicità e a una riduzione dello stress.

Il compito delle neuroscienze è quindi, anche, quello di studiare i benefici dello sport sull’attività cerebrale.

 

 

Cosa accade nei bambini?

 

Nel rapporto esistente tra le neuroscienze e lo sport, non possiamo dimenticarci di ricordare quanto quest’ultimo sia importante per lo sviluppo cerebrale dei bambini. I benefici dello sport si osservano, comunque, in tutto l’arco della vita, dai bambini fino agli anziani. Per quanto riguarda gli effetti dell’esercizio fisico negli anziani, ne parleremo in un altro paragrafo, in quanto merita una considerazione specifica. Ora concentriamoci sui benefici del praticare sport per i bambini e adolescenti.

In uno studio con bambini e adolescenti (Ruiz et al., 2010) si è visto come la partecipazione in attività sportive influenzi positivamente la performance cognitiva generale. Nello specifico, migliora le abilità di ragionamento e le abilità numeriche. La conseguenza di ciò è un miglior rendimento scolastico e un aumento della capacità di apprendimento. Inoltre, sia gli adolescenti che i bambini con livelli di fitness aerobico più elevati mostrano maggiori livelli di attenzione e di memoria di lavoro, nonché una più veloce risposta del cervello ai compiti cognitivi.

Inoltre, i benefici della pratica sportiva non si esauriscono nel breve termine ma perdurano nel tempo, influenzando lo sviluppo infantile. Infatti, l’attività fisica in bambini di sei anni è stata correlata con la loro performance cognitiva da adolescenti. Dunque, i bambini con un livello inferiore di attività fisica all’età di 6 anni mostrano risultati significativamente più bassi nei test cognitivi da adolescenti rispetto ai loro coetanei più in forma. Questo è un ulteriore dato che sottolinea l’importanza per i bambini di praticare sport. Inoltre dichiara in maniera indiscutibile la necessità di inserire, sin dalla scuola primaria, l’educazione fisica nella scuola.

 

Quale attività fisica per il cervello? Le neuroscienze al servizio dello sport

 

L’attività fisica di cui si è parlato finora e presa in esame dagli studi riportati consiste in una attività pianificata, strutturata, ripetitiva. Essa ha come obiettivo finale il miglioramento di una o più componenti della forma fisica. Si tratta di attività aerobiche e anaerobiche. Esse sono caratterizzate da una precisa frequenza, durata e intensità. Ma quali sono le precise caratteristiche che un allenamento deve avere ai fini di un potenziamento cognitivo?

Un nuovo studio (Schmitt et al., 2019) ha dimostrato per la prima volta che intensità di esercizio fisico basse e alte influenzano in modo diverso il funzionamento cerebrale. Utilizzando la risonanza magnetica funzionale allo stato di riposo (Rs-fMRI), i ricercatori hanno scoperto che l’esercizio fisico a bassa intensità attiva le reti cerebrali coinvolte nel controllo esecutivo e nei processi attentivi.

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Invece, l’esercizio fisico ad alta intensità attiva principalmente le reti coinvolte nell’elaborazione degli affetti e delle emozioni. Questo porta a una riduzione dello stress ad esempio. Si tratta di un dato particolarmente significativo. Infatti questi dati possono essere utilizzati per informare i progetti terapeutici che includono un’attività motoria in casi patologici.

 

Tipologia e durata

 

Per quanto concerne la tipologia e la durata, i maggiori benefici dell’esercizio fisico sulla funzione cognitiva sono stati riscontrati in esercizi di tipo coordinativo. Gli allenamenti di esercizio fisico acuto della durata di 10, 20 o 30 minuti non hanno migliorato, ma nemmeno peggiorato le prestazioni cognitive. Invece, con una maggiore durata dell’allenamento, l’efficacia aumenta.

Infatti, un prolungamento della sessione di esercizio a 30-60 minuti prevede un aumento di due volte della dimensione dell’effetto benefico, ammesso, tuttavia, che gli allenamenti siano continuativi per la durata di almeno 1-2 mesi.

Ad ogni modo, è necessario precisare che nei bambini e negli anziani possono aspettarsi maggiori benefici temporanei nelle funzioni cognitive rispetto ad altre fasce d’età in seguito a una singola sessione di esercizio fisico.

 

Neuroscienze, cervello e sport

 

L‘impatto cerebrale del movimento può essere compreso guardando a più livelli. Possiamo partire dall’aumento della vascolarizzazione, al rilascio di neurotrasmettitori e del Fattore Neurotrofico Derivato dal Cervello (BDNF) che favoriscono la neurogenesi. Anche la memoria, l’attenzione e la motivazione e allo sviluppo di complessi circuiti neurali legati al movimento e la loro interconnessione con le funzioni esecutive sono aspetti importanti. Di questi elementi si occupano le neuroscienze in relazione allo sport.

Con l’attività fisica, il flusso sanguigno (vascolarizzazione) aumenta. In tal modo aumentano i livelli di ossigeno che raggiungono il cervello, aumentando l’attività cerebrale.

Inoltre, quando ci alleniamo utilizziamo gli stessi circuiti (corteccia prefrontale e cervelletto) di previsione, sequenza, stima, pianificazione, presa di decisione, auto-osservazione, giudizio, correzione degli errori, cambio di tattica. Ciò avviene soprattutto con movimenti complessi e in sequenza. Ricordo inoltre che utilizziamo in molte altre situazioni della vita quotidiana.

 

Le sostanze rilasciate dall’attività fisica

 

L’attività fisica innesca il rilascio di sostanze neurochimiche che favoriscono l’apprendimento e la memoria. Questi neurotrasmettitori includono la dopamina, associata alla motivazione, all’attenzione e all’apprendimento, la serotonina che migliora l’umore e la noradrenalina che migliora l’attenzione, la percezione e la motivazione.

L’attività fisica è stata, poi, associata a un aumento della produzione di molecole neurotrofiche, come il BDNF. Il BDNF è coinvolto nella neuroprotezione e promuove la sopravvivenza cellulare, la neurogenesi e la plasticità sinaptica.

Pertanto, l’esercizio fisico aumenta i livelli di BDNF. Questi sembrano essere inestricabilmente legati ai miglioramenti comportamentali osservati post esercizio fisico. Di conseguenza, infatti, in persone più attive fisicamente è registrato un aumento del volume della materia grigia e della materia bianca. Ciò avviene come conseguenza della neurogenesi e dell’aumento della connettività cerebrale.

 

 

Possibili campi di applicazione delle relazioni tra neuroscienze e sport

 

Le informazioni di cui abbiamo parlato qui possono essere utilizzate in ambito clinico e preventivo. Questo è compito delle neuroscienze: studiare le relazioni tra sport e salute cerebrale.

Infatti, se l’attività fisica modifica positivamente il cervello, potrebbe avere un impatto positivo anche nei disturbi che colpiscono il cervello, come la depressione, le malattie neurodegenerative e il tumori cerebrali, e inoltre potrebbe servire da strumento cautelativo della nostra salute.

 

Applicazioni cliniche: neuroscienze e sport

 

Le evidenze presentate suggeriscono che l’esercizio fisico e l’attività fisica hanno effetti benefici sui sintomi della depressione. Questi sono paragonabili a quelli dei trattamenti antidepressivi. I risultati hanno mostrato che l’umore tende ad essere più alto in un giorno in cui un individuo si esercita. Inoltre, l’attività fisica è stata correlata a una riduzione dei sintomi di depressione maggiore e a un miglioramento cognitivo.  Sulla base di questi risultati, è stato suggerito che l’attività fisica può essere particolarmente utile nel contesto di problemi medici e di importanti fattori di stress della vita.

Per quanto concerne il declino cognitivo, l’attività fisica migliora la cognizione. In particolare agisce sul funzionamento esecutivo e la memoria nel Disturbo Cognitivo Lieve (Mild Cognitive Impairment -MCI) e nella demenza e la salute psicologica nella demenza. Tali interventi forniscono una via per prevenire il declino e/o attenuare la compromissione in diversi domini di funzionamento negli anziani con MCI o demenza. Di conseguenza, possono essere raccomandati (e adattati) per i pazienti in una serie di contesti. Tra questi, quelli medici e di salute mentale. È inoltre da considerare che l’attività fisica è risultata inversamente associata al rischio di sviluppare il morbo di Alzheimer.

La raccomandazione terapeutica dell’esercizio fisico trova anche applicazione nel trattamento dei tumori cerebrali. Infatti l’esercizio fisico può essere sicuro e benefico per la salute fisica e mentale di persone affette da tumore. E’ in grado inoltre di migliorare i sintomi ansiogeni, depressivi e di disagio vissuto dai pazienti. Di conseguenza, l’attività fisica dovrebbe essere sempre considerata nella gestione complessiva dei pazienti con tumore cerebrale

 

Prevenzione: neuroscienze e sport

 

Il cervello umano perde gradualmente tessuto a partire dalla terza decade di vita. Inoltre, abbiamo un concomitante declino delle prestazioni cognitive.  L’identificazione dei meccanismi che possono ridurre o invertire il deterioramento cerebrale sta rapidamente emergendo come un importante obiettivo di salute pubblica. In questo senso, l’attività fisica si colloca come un fondamentale strumento di prevenzione.  E’ in grado infatti di ridurre la perdita di tessuto cerebrale durante l’invecchiamento.

Precedenti ricerche hanno dimostrato che l’allenamento aerobico migliora le funzioni cognitive negli anziani. Una riduzione del rischio di declino cognitivo, spesso misurato con un test generale della funzione cognitiva è stata riscontrata anche in individui fisicamente attivi a cui non è stata diagnosticata la demenza. Persone over 65 che svolgono attività fisica regolare (tre volte a settimana), ha il 34% di probabilità in meno di ricevere una diagnosi di demenza.

Il motivo principale di questi effetti consiste nel potere che l’attività fisica ha di ridurre il restringimento del volume cerebrale in diverse regioni cerebrali. Interventi di allenamento coordinativo a 12 mesi in anziani aumenta il volume del caudato e del globo pallido. Queste sono due strutture cerebrali particolarmente colpite dal declino strutturale legato all’invecchiamento. Dunque, l’esercizio coordinativo sembra essere un’attività fisica favorevole per gli anziani che ha il potenziale di ridurre gli effetti neurodegenerativi dell’invecchiamento.

 

Conclusioni: il rapporto tra le neuroscienze e lo sport

 

L’esercizio fisico ha effetti molto significativi su tutto il cervello. Ciò porta ad una performance cognitiva migliore e conseguente maggior benessere. Questi effetti a lungo termine dell’esercizio fisico sono di particolare interesse per il loro possibile ruolo nel migliorare le funzioni cognitive durante l’invecchiamento.

È infatti da considerare il ruolo che lo sport può giocare nell’ambito della salute pubblica per quanto riguarda disturbi mentali e cerebrali, come la depressione o nei casi di neurodegenerazione come il morbo di Alzheimer o il morbo di Parkinson.  Infatti, dato il ruolo dell’esercizio fisico nel migliorare la neurogenesi e la plasticità cerebrale, l’attività fisica può servire come potenziale strumento terapeutico per prevenire, ritardare o trattare il declino cognitivo.

Nonostante le prove sempre più evidenti dell’importanza dell’attività fisica, il 70% degli adulti non svolge almeno 30 minuti di attività fisica di intensità moderata nella maggior parte dei giorni della settimana e, dato ancor più preoccupante, i bambini crescono sempre più sedentari e non in forma, con correlata insorgenza più precoce di diverse malattie croniche (come il diabete di tipo II e l’obesità). Alla luce di questi dati e di quanto dimostrato sull’importanza dell’esercizio fisico per la nostra salute cerebrale è necessario che questa tendenza sia invertita il prima possibile.

 

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