Tra tutti gli aspetti in grado di influenzare la performance, ve n’è uno senza dubbio fondamentale ma che a volte viene dimenticato o sottovalutato: il sonno.
L’incremento della performance sportiva, infatti, passa attraverso la regolazione e la gestione di tantissimi fattori, alcuni più facilmente controllabili (intensità, volume, frequenza…), altri invece più imprevedibili ed esterni all’atleta e allo staff (stress lavorativo e di studio, problematiche personali etc.…).
Questi aspetti hanno una certa influenza sullo stato degli atleti e sulla loro possibilità di esprimersi al meglio durante un allenamento o una competizione.
Table of Contents
I regolatori del sonno
Cosa regola la nostra voglia di stare svegli e attivi oppure di andare a letto per dormire?
Sostanzialmente, gli elementi principali sono due: il nostro ritmo circadiano e la cosiddetta “spinta a dormire” (sleep pressure).
Il ritmo circadiano è una sequenza di eventi interni che regola le sensazioni di veglia e di sonno, facendo in modo di farci sentire più o meno attivi in determinati momenti della giornata. Generalmente, esso agisce per darci energia e prontezza durante il giorno e rilassatezza e sonnolenza man mano che si avvicina la notte.
La “spinta a dormire” è regolata da una molecola chiamata adenosina. Più se ne accumula nel cervello, più aumenta il nostro bisogno di dormire. Durante il sonno questa sostanza viene gradualmente smaltita e al risveglio la sua presenza è minima, quindi ci sentiamo attivi e riposati.
Una notte senza sonno
I due sistemi di regolazione non si influenzano e non comunicano tra di loro ma, di solito, sono allineati. Il nostro ritmo circadiano ci spinge ad essere più addormentati nello stesso lasso di tempo in cui c’è un’alta concentrazione di adenosina.
Le loro diverse modalità di azione comportano però la possibilità di squilibri. Infatti il ritmo circadiano procede sempre in modo continuo e costante seguendo un ciclo di circa 24 ore. Invece, la spinta al sonno dell’adenosina cresce finché non ci mettiamo a letto.
Passare una notte insonne o di scarsa qualità fa sì che, ad un certo punto della giornata, all’elevata concentrazione di adenosina si aggiunga l’ulteriore spinta al sonno del ritmo circadiano. Perciò, sarà estremamente difficile, se non impossibile, rimanere svegli e lucidi.
A sinistra la situazione ideale (sistemi allineati), a destra la situazione critica (sistemi disallineati).
Figure sono tratte dal libro di Matthew Walker, “Perché dormiamo: Poteri e segreti del sonno per una vita sana e felice”, 2018.
Perché il sonno?
Lo studio del sonno è sicuramente uno degli ambiti più affascinanti ma al contempo più complessi in cui ci si può avventurare. Capire quali sono le sue finalità e origini rappresenta una grande sfida.
Molte sono state le teorie elaborate, in quanto un fenomeno così complesso molto probabilmente ha più motivi di esistere. Di seguito presenteremo quelle che sono più vicine al mondo della performance sportiva.
Sonno e memoria
Una delle funzioni del sonno è quella di gestione della memoria. Quando riceviamo delle informazioni, esse vengono conservate nell’Ippocampo, che può essere considerato come un archivio in cui vengono custoditi i ricordi ma soltanto per un breve periodo di tempo (memoria a breve termine).
Durante il sonno, questi ricordi vengono spostati in zone cerebrali deputate alla conservazione prolungata (memoria a lungo termine), in modo da poterli fissare e, contemporaneamente, liberare spazio nell’Ippocampo, che si trova pronto ad accogliere nuove informazioni.
Ricordare le cose è essenziale ma a volte c’è bisogno anche di dimenticarle. Sensazioni o episodi negativi oppure informazioni che si sono rivelate inutili o sbagliate solo successivamente (ad esempio un vostro allenatore che corregge una sua affermazione che in precedenza riteneva corretta).
Sonno e apprendimento motorio
l sonno ha un’importantissima influenza anche sull’apprendimento motorio e sull’automatizzazione e il perfezionamento dei gesti sportivi.
Matthew Walker, scienziato inglese e professore di neuroscienze e psicologia presso l’Università della California, condusse un interessante esperimento in proposito. Reclutò degli individui a cui venne chiesto di eseguire un compito motorio veloce e preciso, durante più sessioni.
Il risultato fu che coloro che avevano avuto una notte di sonno (8 ore) migliorarono la performance, mentre coloro che non avevano dormito (primo test la mattina e secondo la sera dello stesso giorno) non fecero registrare miglioramenti.
Sonno e performance
Lo studio fece emergere, inoltre, che il riposo aveva spostato i ricordi in circuiti cerebrali al di sotto del livello di coscienza. Perciò gli individui eseguirono i gesti in modo automatico, fluido e con un dispendio minimo di energie. Ciò che si cerca di ottenere con l’allenamento sportivo.
Inoltre, è stato osservato che in una notte di 8 ore di sonno, le ultime 2 sono quelle che hanno maggior influenza sul consolidamento della memoria.
Anche altri tipi di qualità fisiche vengono influenzate dal sonno. Con meno di 8 ore, ancora di più con meno di 6, calano le prestazioni cardiovascolari, di forza e potenza e la performance fisica in generale. In più, aumenta il rischio di infortunio.
Nella pratica
Il messaggio pratico che possiamo portarci a casa è quello di considerare il sonno come una variabile importante dell’allenamento, al pari dell’intensità, del volume, della frequenza etc….
Inoltre, prestiamo attenzione alla quantità di ore dedicate al riposo. Perdere anche “solo” 2 ore di sonno, sulle 8 generalmente raccomandate, potrebbe avere effetti deleteri sull’apprendimento di nuovi gesti e sulla performance.