Overtraining e overreaching nel calcio

Perchè è importante parlare di overtraining nel calcio? Come riconoscerlo, ma soprattutto prevenirlo, e come distinguerlo dall'overreaching?
Banner Orizzontale

Perchè parliamo di overtraining e overreaching? Nell’ambito calcistico, l’ascesa verso il successo richiede dedizione, impegno e “cultura del lavoro”. C’è però una sottile linea tra spingere i giocatori al loro massimo potenziale e sovraccaricarli oltre i loro limiti fisici. Per massimizzare gli effetti dell’allenamento è infatti necessario trovare un giusto compromesso tra i carichi di lavoro dell’allenamento e periodi adeguati di riposo.

Se il volume e l’intensità dell’allenamento sono inappropriatamente elevati, seguiti da periodi di recupero limitati, il calciatore correrà un alto rischio di sovraffaticamento (overreaching) e sovrallenamento (overtraining) [Halson et al., 2002; Halson e Jeukendrup, 2004].

L’articolo di Simone Fossà esplora questi due aspetti critici dell’allenamento sportivo. Inoltre analizza il loro impatto sulle prestazioni e sul benessere degli atleti, espone utili strumenti di monitoraggio. Infine, suggerisce i più efficaci strumenti di prevenzione. E’ importante che allenatori, preparatori fisici e gli stessi calciatori comprendano l’importanza di un equilibrio armonioso tra allenamento intensivo e recupero adeguato. In questo modo è possibile per scongiurare situazioni di sovraccarico muscolare deleteri per la performance e per la salute.

 

Overtraining e overraching: di cosa si tratta?

 

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), l’overtraining è una condizione di stress cronico non gestito correttamente. Questa può portare l’individuo all’esaurimento psicofisico. Questo è preceduto da una riduzione della performance e dal peggioramento delle condizioni di salute. In generale, se non viene rispettata una corretta alternanza tra periodi di allenamento e recupero in associazione a vari tipi di stress emotivi subentrati nella vita del calciatore (non necessariamente legati alla pratica calcistica), si può verificare la cosiddetta sindrome da sovrallenamento (Overtraining syndrome, OTS).

Secondo un recente studio, la situazione di ovetraining nel calcio è piuttosto comune quando la capacità dell’organismo di recuperare è inferiore alla quantità di stress psico-fisici ricevuti dall’allenamento e può generare una varietà di sintomi fisici e mentali che determinano negativamente le prestazioni in campo e la salute generale [Djaoui et al., 2017]. L’overreaching è al contrario una forma meno estrema di sovraccarico (si traduce solitamente infatti con la parola “sovraffaticamento” piuttosto che “sovrallenamento”). E’ caratterizzato da un decremento nel breve termine della performance a seguito di un programma di allenamento di intensità al di fuori dall’ordinario, come durante la fase di pre-season.

Considerando il fatto che l’overreaching può anche essere una situazione appositamente ricercata da allenatori e preparatori fisici, alcuni autori [Bell et al., 2020; Cadegiani & Kater, 2017; Meeusen et al., 2013] hanno correttamente proposto la suddivisione in “sovraffaticamento funzionale” e “sovraffaticamento non funzionale”. Nel primo caso (functional overreaching), l’esaurimento temporaneo è pianificato volontariamente per creare un miglioramento delle prestazioni e viene recuperato completamente grazie al giusto recupero. Si tratta infatti di una sollecitazione straordinaria (chiamata supercompensazione) che è una componente abituale e necessaria dell’allenamento sportivo [Halson e Jeukendrup, 2004; Meeusen et al., 2006].

 

Un fenomeno transitorio?

 

Il sovrallenamento non funzionale (o Non-functional overreaching) è anch’esso transitorio, non è appositamente ricercato dagli allenatori, non genera alcun effetto di supercompensazione e potrebbe richiede richiedere diversi giorni o alcune settimane per essere recuperato. Tuttavia, è considerata anch’essa una condizione comune negli atleti d’élite [Halson & Jeukendrup, 2004].

L’esposizione prolungata (oltre le 2-4 settimane) ad allenamenti particolarmente intensi senza una giusta periodizzazione del carico (corretta alternanza tra carico e scarico) può trasformare facilmente l’overreaching in ovetraining, con conseguenze deleterie per la salute degli atleti.

 

L’overtraining e il rischio di infortuni nel calcio

 

Alcune ricerche sistematiche hanno analizzato le conseguenze dell’ovetraining su calciatori e calciatrici, concentrandosi particolarmente sull’associazione al rischio di infortuni. Si è ad esempio osservato che i giocatori che riferivano più di tre sintomi tipici dell’overtraining, come stanchezza, disturbi del sonno e anomalie dell’umore, presentavano maggiori probabilità di infortunarsi [Meeusen R. et al., 2018].

Una correlazione clinica piuttosto specifica associata al sovrallenamento è la maggior suscettibilità a vari tipi di infezioni, ciò suggerisce una compromissione della risposta immunitaria [Kellmann, 2002a]. Su questo tema non c’è ancora un’ampia bibliografia scientifica relativa al calcio giovanile, tuttavia un recente studio realizzato su 189 calciatori di età compresa tra 13 e 17 anni ha trovato una correlazione tra frequenza degli allenamenti ad alta intensità, sintomi da overtraining e rischio di infortuni [Rodrigues F. et al., 2023].

Un’altra indagine che merita di essere menzionata aiuta a spiegare il motivo per cui l’ovetraining è definito esaurimento psico-fisico. Tra i fattori eziologici più comuni legati agli infortuni di giovani atleti è stato individuato anche l’ovetraining, causato non soltanto dalla specializzazione precoce e dall’esposizione inadeguata ad allenamenti intensivi ma anche dalla pressione dei genitori rivolta ai figli circa la competizione e l’ottenimento del successo sportivo [Brenner JS., 2007].

 

Come si monitora l’overtraining nel calcio

 

Comprendere i meccanismi sottostanti al sovrallenamento e al suo impatto sul rischio di infortuni aiuta a identificare possibili fattori di rischio e sviluppare tecniche di gestione preventive ed efficaci. Inoltre, riconoscerne i sintomi permette un trattamento precoce, limitando gli impatti negativi. Non si possono infatti sottovalutare le conseguenze in quanto è dimostrato che gli atleti vittime di affaticamento emotivo e fisico prolungato possono sperimentare il cosiddetto burnout [Liu M. et al., 2022; Sarmento H. et al., 2021], cioè perdita di interesse, motivazione e piacere nell’attività sportiva con varie conseguenze psicologiche e fisiche come tristezza, ansia, mancanza di sonno e prestazioni compromesse.

Più precisamente, i sintomi del sovrallenamento includono umore depresso, apatia generale, ridotta autostima, instabilità emotiva, prestazioni compromesse, inquietudine, irritabilità, disturbi del sonno, perdita di peso, perdita di appetito, aumento della frequenza cardiaca a riposo, maggiore vulnerabilità agli infortuni, cambiamenti ormonali e mancanza di supercompensazione [Kellmann, 2010]. Esistono diversi strumenti di prevenzione e monitoraggio del sovrallenamento. Tra i più utilizzati nel calcio vi sono quelli psicometrici, i quali indagano l’umore del giocatore, la sua necessità di recupero e le circostanze potenzialmente stressanti. Esempi comunemente utilizzati sono il Profile of Mood States (POMS), la Scala di Borg per la percezione dello sforzo [Borg 1975, 1998] e il modello IZOF (o delle Zone Individuali di Funzionamento Ottimale) [Hanin 2000, 2002], il quale descrive e prevede le esperienze funzionali e disfunzionali del singolo atleta in relazione alla sua performance.

Un’altra scala piuttosto affidabile e utilizzata in ambito calcistico è la RESTQ-Sport [Kellmann & Kallus, 2001], utile a identificare i giocatori il cui stato di recupero-stress li espone o meno al rischio di sovrallenamento. Infine, tra gli strumenti più utili a valutare la qualità del recupero c’è anche la Total Quality Recovery (TQR) [Kenttä e Hassmén, 1998, 2002].

 

Perchè utilizzare questi strumenti

 

Il vantaggio di questi strumenti psicologici è la non invasività e l’immediata fruibilità dei risultati, caratteristiche assenti nel monitoraggio fisiologico (analisi del sangue, diagnostica medica specifica ecc.) il quale, però, assicura maggior precisione dei risultati [Kenttä et al., 2006].

Le società di calcio che dispongono di un laboratorio medico interno si avvalgono anche della misurazione dello scatter cardiaco tramite il diagramma di Poincarè. I battiti cardiaci dell’atleta performante formano infatti un’eclissi, quelli dell’atleta a rischio burnout formano un cerchio.

 

I migliori metodi di prevenzione dell’overtraing

 

Nel corso dell’ultimo decennio, il recupero fisico e mentale nello sport ha ricevuto sempre più attenzione nella ricerca e nella pratica [Kellmann, 2002a; Montgomery et al., 2008; Richardson et al., 2008]. L’apertura di aree dedicate al recupero dalla performance sportiva in vari paesi sottolinea come il mondo dello sport stia considerando determinante questo aspetto.

Un numero crescente di allenatori e preparatori fisici ne riconosca l’importanza. Vi sono ancora conoscenze limitate sulle corrette modalità di recupero e sugli strumenti di monitoraggio e prevenzione disponibili. L’obbiettivo primario è quello di prevenire l’overtraining. Infatti la “cura” di tale status richiede un lungo riposo forzato (totale assenza di stimoli allenanti) e adeguate strategie alimentari.

Ecco quindi una serie di accorgimenti importanti da effettuare in fase di programmazione per prevenire l’overtraining e ottimizzare il recupero dalla prestazione calcistica:

  • Seguire un’alimentazione corretta e adeguata al tipo di sport, affidandosi possibilmente a un professionista
  • Mantenere idratati i muscoli e il corpo tramite bevande a base di carboidrati ed elettroliti (preferire magnesio e potassio) per ottimizzare l’assorbimento dell’acqua [Orrù S. et al., 2018]
  • Prevedere un’adeguata alternanza all’interno della seduta e del microciclo di stimoli allenanti e momenti di recupero (attivo e/o passivo)
  • Individualizzare il più possibile i metodi di recupero in base alle esigenze specifiche di ogni calciatore
  • Creare e mantenere un clima positivo all’interno della squadra introducendo giochi e sfide tra calciatori, momenti di team building extra[1]calcistici e preservando linee di comunicazione aperte tra staff tecnico e rosa
  • Ridurre i carichi di allenamento e gli impatti fisiologici e psicologici sugli atleti alcuni giorni prima dell’evento principale (fase di “tapering”). Questa pratica è comunemente utilizzata tra i professionisti per massimizzare le prestazioni e ridurre la probabilità di sovrallenamento.[Houmard et al., 1994; Banister et al., 1999; Mujika et al., 2003; Thomas et al., 2009].

 

Una conclusione

 

In conclusione, l’overtraining e l’overreaching sono sfide rilevanti per i calciatori e gli sportivi in generale. Il monitoraggio costante del carico di allenamento e degli indicatori di stress è cruciale per:

  • evitare effetti negativi sulla performance
  • la salute fisica e mentale
  • ridurre l’incidenza di infortuni

La prevenzione è essenziale. Un clima positivo, un’adeguata programmazione contenente le strategie suggerite e l’utilizzo di metodiche di recupero attivo il più possibile individualizzate sono elementi fondamentali. L’obbiettivo di ogni allenatore e preparatore dovrebbe essere quello massimizzare la performance dei giocatori preservando la loro salute a lungo termine. L’equilibrio tra allenamento, recupero e prevenzione è la chiave per il successo sostenibile nel calcio.

Simone Fossà- preparatore atletico professionista

Banner Orizzontale
Banner Verticale

Altri correlati: