Overtraining vs Overreaching: quali sono le differenze?

L'overtraining e l'overreaching sono due degli argomenti più studiati nella metodologia dell'allenamento per evitare di creare adattamenti negativi agli atleti e problemi sul breve e lungo periodo.
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Nei precedenti articoli abbiamo introdotto il tema della periodizzazione dell’allenamento della forza.

Ci siamo concentrati principalmente sulle sue origini, e sui punti principali che la contraddistinguono. Nel webinar “Il movimento e la forza” inoltre, abbiamo parlato in maniera piuttosto approfondita delle varie fasi. Soprattutto ci siamo posti il quesito di come la periodizzazione classica potesse oggi integrarsi con le moderne teorie sull’allenamento. In sostanza la domanda che ci siamo posti è: come è possibile periodizzare il movimento?

Ma stiamo divagando.

 

Overtraining e overreaching: il ruolo del recovery

 

Oggi vorrei approfondire una tematica molto importante è che reputo fondamentale. Qual è la differenza che esiste fra overtraining e overreaching? Come queste due differenti problematiche devono essere affrontate da un punto di vista di strategie di training e recovery?

Come tutti sappiamo, gli atleti, soprattutto quelli di alto livello, sono sottoposti quotidianamente ad elevate richieste da un punto di vista fisico. Essi svolgono infatti allenamenti intensi che mettono alla prova i loro sistemi fisiologico e psicologico. Per ottimizzare gli adattamenti dell’allenamento è di conseguenza necessario prevedere un bilanciamento perfetto tra allenamento, competizione e recupero.

La forma fisica è intimamente correlata agli stressors imposti da allenamenti e competizioni. Esse infatti incidono sulla fatica percepita.

 

La gestione degli stressors 

 

Sottoporre gli atleti ad elevati volumi di allenamento ad alta intensità, migliorerà le loro performance. Allo stesso tempo incrementerà lo stato di affaticamento. Questo a lungo termine potrebbe inficiare lo stato di forma raggiunto. Di conseguenza è necessario adottare strategie per dissipare la fatica accumulata senza però ridurre lo stato di fitness raggiunto.

Prevedere sessioni di recupero completo, o periodi più o meno prolungati in cui i parametri di volume e/o intensità decrescono, così come il carico neurale, è uno dei compiti di maggiore importanza dei preparatori fisici. Allo stesso tempo è necessario tenere conto, che oltre ai parametri strettamente correlati alla seduta di allenamento, lo stato di forma di un atleta può essere alterato da numerosi altri stressors esterni. Essi sono elativi alla vita sociale, per esempio. Tuttavia si riflettono sulle performance che l’atleta è in grado di fornire sul lungo periodo.

Conoscere, da questo punto di vita, l’atleta e interloquire per conoscere l’effettiva influenza di questi fattori sociali può rivelarsi una carta importante. In tal modo possiamo adattare i programmi di allenamento alle esigenze dell’atleta stesso.

 

Monitorare la fatica ed evitare l’overtraining

Non entreremo nello specifico del monitoraggio dello stato di fatica e delle strategie di recupero da attuare. Esse sono affrontate in numerosi nostri webinar, tra cui “La fatica: una nuova visione del monitoraggio”. Ciò che è importante definire è che lo stato di fatica si può ricondurre a due diverse condizioni. La fatica acuta è associata ai cambiamenti fisiologici che avvengono successivamente ad una o più sedute di allenamento. Questa è strettamente correlata all’attività/ alle attività svolte. Altrimenti parliamo di fatica cronica.

Quest’ultima è invece una conseguenza di una condizione prolungata di stress sia di tipo fisiologico che psicologico. Questi due scenari, assieme, contribuiscono all’incapacità progressiva dell’atleta di recuperare dagli stimoli dell’allenamento.

La risultante di uno stato di affaticamento cronico è una riduzione della performance. Essa avviene tramite una diminuzione del RFD (rate of force development), deplezione cronica delle scorte di glicogeno, alterazioni ormonali e fatica neurale.

 

Fare attenzione ai feedback

 

Nel momento in cui si manifesta questa condizione, la capacità di recuperare da parte dell’atleta è compromessa.  Non accorgersi in tempo di questa condizione può ovviamente portare a conseguenze poco desiderabili.

Il compito del preparatore fisico quindi, non deve ridursi allo stretto monitoraggio del carico di allenamento. Egli dovrà bensì avere una panoramica completa dello stato di salute dell’atleta, partendo dalla valutazione di parametri quali il sonno, il NEAT, e l’alimentazione.

In questo contesto si inserisce la definizione delle due condizioni del quale andremo a parlare in questo articolo. Overreaching e overtraining sono due situazioni differenti ma intimamente correlate.

 

L’overreaching: cos’è

 

L’overreaching è un decremento nel breve termine della performance. Esso si manifesta come risultante di un accumulo di fatica (quasi sempre di tipo acuta) derivante da stressors fisiologici e psicologici. Le sintomatologie sono molto simli a quelle che si riscontrano nello stato di overtraining. Tuttavia, poiché derivano da un processo di tipo acuto, se programmate o comunque “scoperte” in tempo richiedono un periodo di recupero relativamente breve, da qualche giorno sino ad alcune settimane.

Come ho accennato, l’overreaching è utilizzato programmaticamente da molti coaches, come parte integrante del processo di periodizzazione dell’allenamento. Difatti, se utilizzato nella maniera corretta, e seguito da un periodo di deloading (anch’esso studiato ad hoc) è in grado di potenziare gli effetti della “supercompensazione”. Ossia otterremo un miglioramento delle capacità successive alla somministrazione di uno stimolo allenante. Ciò può essere raggiunto secondo gli studi dopo un periodo di ripristino che varia da 2 a 5 settimane.

Essendo possibile programmarlo, l’overreaching è stato suddiviso in due categorie. Abbiamo quello di tipo funzionale e non funzionale. E’ abbastanza intuitivo comprenderne le differenze, perciò non entreremo nello specifico. Diremo semplicemente che l’overreaching non funzionale è spesso provocato da un’incremento del carico di allenamento in acuto (acute training load) che risulta non tollerabile dall’atleta. Questo ha come conseguenza uno stato di sovraffaticamento sul quale si deve immediatamente intervenire con le adeguate strategie di recupero.

 

L’overtraining: cos’è

 

  • L’overtraining è un decremento della performance che occorre come risultante di un accumulo di stressors derivanti da allenamento e fattori esterni. Essi devono essere somministrati per un periodo di tempo prolungato e non essere adeguatamente contrastati. I sintomi di questa condizione sono molto importanti. Spesso sono inoltre associati a manifestazioni di tipo fisiologico e psicologico. Tra queste, riscontreremo cambiamenti in:
  • funzioni neurali.
  • capacità di reclutamento delle unità motorie.
  • concentrazioni ormonali.
  • deplezione delle scorte di glicogeno.
  • frequenza cardiaca a riposo e pressione arteriosa.
  • funzione immunitaria.
  • disturbi del sonno e umore.

Il recupero completo successivo al raggiungimento di uno stato di overtraining richiede molto tempo. Eso dipende principalmente dal riposo forzato (totale assenza di stimoli allenanti) e adeguate strategie alimentari. Negli ultimi anni questo argomento è salito alla ribalta, suscitando sentimenti di paura provocati anche dal terrorismo psicologico che molti professionisti del settore facevano in eventi pubblici, social media o pubblicazioni (non) scientifiche.

E’ necessario ricordare perciò che uno stato di overtraining è una condizione molto particolare risultante da un periodo di allenamento ad intensità e volumi elevati (chronic overwork). Ad esso, devono associrarsi stressors esterni elevati e stato di ipoalimentazione prolungata. Come tale è una condizione molto difficile da raggiungere, quantomeno negli sport di squadra!

 

Prima di tutto il buon senso 

 

Infatti, utilizzando il buon senso, è facile comprendere come tutte queste condizioni assieme, combinate per un periodo di tempo prolungato, siano veramente difficili da riscontrare in molte discipline.

Diverso può essere il discorso in altri sport come gli sport da combattimento, o il bodybuilding. Una categoria a rischio sono quegli sport dove è necessario rientrare in categorie di peso. In questi sport, nei periodi ravvicinati alle gare, gli atleti si sottopongono spesso a protocolli di ipoalimentazione importanti e continuativi. In questo caso gli stimoli di allenamento non adeguatamente bilanciati possono risultare in un peggioramento della condizione fisica e/o estetica (importante soprattutto nel bodybuilding).

E’ importante proprio per questo motivo effettuare un monitoraggio sistematico delle variabili di allenamento, del carico acuto e cronico, e della percezione dello stato di fatica dell’atleta. Puoi trovare informazioni a riguardo nel webinar sul “Training Load”. Per quanto riguarda il monitoraggio dello stato di fatica (ad. es. con scala RPE, TQR…) uno dei maggiori problemi si riscontra nella scarsa collaborazione da patte degli atleti stessi. Infatti, soprattutto dopo un certo periodo di tempo tendono a fornire dati poco precisi a causa della “noia” e monotonia del questionario di valutazione.

Scopri di più nei prossimi articoli e approfondisci, in maniera dettagliata, l’argomento Periodizzazione della Forza nel nostro Corso Online acquistabile qui: bit.ly/periodizzazionedellaforza.

 

 

Bibliografia:

 

  • Bompa- La Periodizzazione dell’allenamento sportivo
  • Bompa- Periodization 3rd edition
  • Issurin- Block Periodization
  • Zatsiorksy- Science and Practice of Strength Training
  • Verkhoshanky- Supertraining
  • Schoenfeld- The Mechanism of Muscle Hypertrophy and Their Application to Resistance Training
  • Schoenfeld- Science and Development of Muscle Hypertrophy
  • Weineck- L’allenamento Ottimale
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