La fatica nel calciatore: una breve introduzione

Cos'è la fatica? In che modo si distingue fatica centrale e periferica, e come gestirla per ottimizzare le performance?
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L’insorgenza della fatica è una delle principali sfide che i calciatori devono affrontare durante gli allenamenti e le partite. La fatica influisce negativamente sulle prestazioni fisiche, riducendo la velocità, la forza e la precisione dei movimenti, con conseguente impatto sul rendimento complessivo della squadra.

Come preparatori fisici è fondamentale comprendere le cause dell’insorgenza della fatica e sviluppare strategie di gestione efficaci per massimizzare le prestazioni dei calciatori e minimizzare il rischio di infortuni.

In questo articolo Simone Fossà ci introduce ai meccanismi della fatica nel calcio, e di come sia possibile ritardarli.

 

Deterioramento della prestazione nel corso di una partita

 

Prima di comprendere i motivi fisiologici dell’insorgere della fatica, osserviamo quando e in quale modo avviene il calo della prestazione nel corso di un match. Secondo un importante studio [Mohr et al., 2003] realizzato su giocatori di alto e medio livello, la quantità totale di distanza percorsa tra primo e secondo tempo era inferiore del 2-3%.

Un significativo decremento si è manifestato anche per la corsa ad alta intensità (10-11% in meno nel secondo tempo) e per lo sprint (10-15% in meno nel secondo tempo), indipendentemente dal livello competitivo. Tale evidenza è stata parzialmente confermata pochi anni dopo da un’indagine realizzata su alcune partite della Liga spagnola e della Champions League [Di Salvo et al., 2007].

Nella prima metà del primo tempo veniva infatti percorsa una distanza leggermente maggiore a bassa intensità (0-11 km/h) e significativamente maggiore a media intensità (11- 19m/h). Non venivano però riscontrate differenze nell’intensità sub[1]massimale (19-23 km/h) e massimale (> 23 km/h) tra primo e secondo tempo. Un terzo studio, pubblicato nel 2009 e focalizzato sulla Premier League [Bradley et al., 2009], ha a sua volta evidenziato che nei secondi 45 minuti di gioco si riscontrava un decremento del tempo trascorso in corse a bassa e media intensità, mentre negli ultimi 15 minuti risultavano significativamente inferiori (20-40%) le distanze percorse rispetto al primo quarto d’ora di gioco.

 

La fatica e gli studi in letteratura

 

Non venivano tuttavia osservate differenze tra primo e secondo tempo nelle corse ad alta velocità e nella frequenza degli sprint. La letteratura scientifica mostra quindi che il decremento della prestazione tra primo e secondo tempo non è lineare per tutti i valori, in particolare non risultano grandi differenze per quanto riguarda l’alta intensità e gli sprint.

Il motivo di questa apparente contraddizione è stato illustrato dal prof. Ermanno Rampinini quando ha evidenziato che ad influenzare notevolmente la prestazione fisica dei calciatori nel corso della partita è la performance fisica degli avversari [Rampinini et al., 2007b]. Quando si affronta una squadra più performante a livello tecnico e fisico, infatti, anche l’impegno fisico della propria squadra risulterà maggiore.

In secondo luogo, lo studioso italiano ha riscontrato che il calo prestativo dei calciatori è determinato non tanto dallo scorrere del tempo di gioco, piuttosto dalla mole di lavoro svolto precedentemente. Infatti è stato possibile registrare un incremento dell’alta intensità nel secondo tempo in partite nelle quali la prima parte di gara era risultata meno impegnativa.

La riduzione delle performance è quindi strettamente correlata all’emergere della fatica e, conseguentemente, al livello di forma fisica dei giocatori. Tuttavia, si tratta di un concetto complesso, dinamico e imprevedibile, dipendente dall’intensità del gioco piuttosto che dal trascorrere del tempo in campo.

 

Le qualità fisiche maggiormente influenzate dalla fatica

 

Quali sono le prestazioni fisiche (e non solo) che secondo la letteratura scientifica vengono maggiormente compromesse dall’insorgenza della fatica?

 

Sprint e fatica

 

Ricerche su calciatori danesi, greci e portoghesi hanno evidenziato un decremento del 2-10% nella velocità di sprint sui 30mt. dopo un match [Krustrup et al., 2006; Ascensao et al., 2008; Ispirlidis et al., 2008]. Nei calciatori semi-professionisti sono risultate maggiormente compromesse nel post partita la velocità massima di sprint e la produzione massima di potenza orizzontale nei 20mt. [Small et al., 2009].

Nei calciatori italiani professionisti si è riscontrato un calo del 3% nella capacità di sprint, recuperato in 48 ore [Rampinini et al., 2011a].

 

Forza e fatica

 

Tramite test di squat e con macchinari isocinetici si è registrata una riduzione del 9% della capacità di esprimere forza esplosiva [Thorlund et al., 2009] e del 5-14% di espressione di forza massima per 72 ore dopo un match [Ascensao et al., 2008; Ispirlidis et al., 2008].

Nei calciatori italiani professionisti si è riscontrato un calo dell’11%, recuperato in 48 ore [Rampinini et al., 2011a].

 

Capacità di eseguire salti ripetuti

 

Dopo una partita, le prestazioni nei salti ripetuti sono mediamente peggiorate del 9%, con picchi di decremento individuale fino al 20% [Mohr et al., 2010].

 

Cambi di direzione e fatica

 

Attraverso una vasta gamma di test si è riscontrato che la fatica indotta dalla partita ha portato a un moderato calo delle capacità nei cambi di direzione [Hughes et al., 2013; Stone et al., 2016].

 

Capacità di eseguire sprint ripetuti

 

L’abilità nell’RSA (Repeated Sprint Ability) sui 30mt. è diminuita del 3% dopo una partita di calcio [Mohr et al., 2010].

 

Precisione nei passaggi

 

Uno studio italiano ha rilevato che la fatica sviluppata in partita o dopo esercizi intermittenti ad alta intensità ha inciso negativamente sulla capacità di effettuare con accuratezza passaggi corti [Rampinini et al., 2008]. Il fenomeno non si è però verificato in studi successivi [Rampinini et al., 2011a].

 

Capacità psicomotorie

 

Diverse indagini hanno analizzato e verificato l’incidenza del carico cognitivo (fatica mentale) sull’efficienza delle funzioni psicomotorie [Habay et al., 2021], delle abilità tecnico-tattiche e della capacità di screening delle situazioni di gioco [Smith et al., 2018].

 

Prevenzione degli infortuni e fatica 

 

Dai risultati di alcune ricerche su diversi campionati europei si è riscontrato uno stretto legame tra l’insorgere della fatica e l’aumento del rischio di infortunarsi (in particolare negli ultimi 15 minuti di entrambi i tempi di gioco) [Rahnama et al., 2002; Ekstrand et al., 2011].

 

Le tipologie di fatica presenti nel calcio

 

La fatica può essere definita come un deterioramento acuto delle prestazioni che include sia un aumento dello sforzo percepito nel produrre una forza o potenza desiderata, sia una riduzione della capacità di esercitare una forza muscolare o potenza massima [Gandevia, 2001]. Come abbiamo visto, la fatica è un concetto multifattoriale e possiamo suddividerla secondo alcune caratteristiche. A seconda della sua origine si può definire diverse forme di fatica.

 

Fatica centrale

 

E’ tale quando la sua origine risiede nel sistema nervoso centrale (SNC), a livello del motoneurone α, del midollo spinale o del cervello [Gandevia, 2001]. Si manifesta durante prestazioni di corsa prolungate a intensità moderata [Rampinini et al., 2011a] e contrazioni isometriche massimali e submassimali [Taylor & Gandevia., 2008].

 

Fatica periferica

 

Si riferisce ai processi indotti dall’esercizio che portano a una riduzione della produzione di forza e che si verificano al di sotto della giunzione neuromuscolare. E’ determinata da fattori nervosi o meccanici dovuti da sforzi brevi ma intensi (ad esempio esercizi di repeated sprint ability, RSA) [Taylor & Gandevia, 2008; Rampinini et al., 2014].

 

La fatica mentale

 

E’ uno stato psicobiologico causato da un lavoro mentale prolungato e che si manifesta come una sensazione generale di stanchezza e letargia [Marcora et al., 2008; Sun et al., 2022d]. A seconda della sua gravità, si può invece definire:

 

Chronic fatigue o fatica cronica

 

Deriva principalmente dal decremento della funzione contrattile [Constantin-Teodosiu & Constantin, 2021] e si manifesta solitamente a partire dal secondo tempo di gioco laddove si sia svolta una grossa mole di lavoro ad intensità nella prima frazione [Rampinini et al., 2007b].

 

Fatica transitoria

 

Si presenta varie volte durante una partita, solitamente dopo fasi ad alta intensità, e determina un temporaneo calo prestativo del calciatore (sia fisico che tecnico-tattico) [Mohr et al., 2003] Nella prestazione calcistica la fatica risulta dipendente da una combinazione di fattori centrali, periferici e mentali.

In particolare, la fatica centrale sembra essere la causa principale della diminuzione della forza e dell’abilità di sprint, mentre la fatica periferica risulta maggiormente correlata all’aumento del dolore e all’infiammazione muscolare [Rampinini et al., 2011a].

 

Le cause fisiologiche dell’insorgenza della fatica

 

Senza addentrarci troppo in argomenti fisiologici, è bene sapere che non sono ancora completamente chiariti i meccanismi responsabili della fatica che si manifesta in una partita di calcio. Inoltre, non esiste una singola causa responsabile della fatica, piuttosto si tratta di una complessa interazione tra diversi fattori. Eccone alcuni:

  • Danno e infiammazione muscolare [Ascensao et al., 2008; Ispirlidis et al., 2008].
  • Varie alterazioni biochimiche che si verificano dopo il match, ad esempio aumento degli acidi grassi liberi e dei livelli di ammoniaca nel sangue, ecc. [Rampinini et al., 2011a].
  • Deplezione di glicogeno muscolare e scorte energetiche [Iaia M. & Krustrup P., 2007].
  • Abbassamento del ph muscolare derivato dall’accumulo di lattato e ioni H+ [Westerblad H. et al., 2002].
  • Il legame tra l’accumulo di lattato muscolare e la fatica è però smentito da altri studi [Iaia M. & Krustrup P., 2007].
  • Temporanea riduzione di fosfocreatina (CP) nel muscolo [Krustrup et al., 2006].
  • Accumulo di potassio nello spazio interstiziale e conseguente cambiamento nel potenziale di membrana [Nordsborg et al., 2003; . Nielsen et al., 2004; Iaia M. & Krustrup P., 2007].
  • Ipertermia e disidratazione [Mohr et al., 2010]

 

Conclusione

 

Da questo articolo è evidente che la condizione fisica dei calciatori riveste un  nell’influenzare la prestazione in campo e, soprattutto, nel ritardare o attenuare l’insorgenza dello stato di fatica. Abbiamo visto che la fatica nel calcio si manifesta all’interno di un quadro complesso, dovuta a fattori fisiologici, ambientali e mentali che giocano un ruolo cruciale nel declino di diverse capacità fisiche e tecnico-tattiche nel corso del match.

Integrando le conoscenze derivanti dalla letteratura scientifica nella programmazione dell’allenamento, i preparatori fisici possono sviluppare strategie mirate per migliorare la resistenza e la gestione della fatica da parte dei loro giocatori. L’adattamento ai carichi di allenamento, la corretta pianificazione delle soste e la cura dell’alimentazione possono contribuire a ritardare il calo prestativo dovuto all’insorgenza della fatica.

In definitiva, comprendere i meccanismi della fatica può migliorare le strategie di allenamento e prevenzione, permettendo al calciatore di affrontare le sfide fisiche e mentali del gioco al massimo delle proprie potenzialità

 

Simone Fossà- preparatore atletico professionista

 

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