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La fatica nel calcio: che cos’è

La fatica nel calcio è un fenomeno molto importante e assai studiato nel corso degli anni. A tutti i calciatori succede di incorrere in uno stato di fatica acuto durante la gara. Ma come si può superare?

PerformanceLab by PerformanceLab
09/06/2020
in Articoli sulle Performance
4 min read
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La fatica nel calcio è un fenomeno molto importante e assai studiato nel corso degli anni. 

Spesso vedete ”stramazzare” al suolo giocatori distrutti dopo una partita, o giocatori che camminano durante la gara anche se dovrebbero correre. Per fortuna ciò non succede spesso ma quando succede può essere un campanello dall’allarme che deve essere indagato.

Nell’articolo vi descriveremo i meccanismi della fatica, quando e come può insorgere, come contrastarla e come recuperare in vista della successiva gara.

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Indice dei contenuti

  • Che cos’è la fatica?
  • I vari tipi di fatica neuromuscolare
    • Fatica centrale
      • Come studiare la fatica centrale?
    • Fatica periferica
      • Come studiare la fatica periferica?
  • La fatica nel calcio
    • La fatica durante il match
    • La fatica post-match
  • Possibili cause dell’insorgenza della fatica
  • Come contrastare gli effetti della fatica

Che cos’è la fatica?

Il termine fatica viene utilizzato nel linguaggio corrente per descrivere uno stato in cui l’atleta si ritrova e le sue performance possono essere ridotte.

In ambito scientifico si è visto che la fatica e successivamente, invece, analizzando considerando più fattori il concetto si è esteso vedendo che il calo della forza non fosse l’unica condizione.

La fatica è una sensazione che tutti gli individui hanno sperimentato nel corso della propria esistenza.  Secondo Taylor and Gandevia, 2008,  la fatica è comune a molti stati di malessere che includono infezioni, disordini metabolici, respiratori, mentali e cardiaci

Inoltre, viene definita come l’inabilità di produrre la massima forza da parte di un individuo (Edwards et al., 1977) e veniva facilmente quantificata con il decremento nel picco di forza sviluppato in condizioni isometriche nel corso di una massima contrazione volontaria (MVC).

Barry and Enoka, 2007, successivamente, hanno osservato che la fatica comportava una riduzione acuta di performance che comprende sia un aumento della percezione dello sforzo nel produrre una determinata forza sia eventualmente un’incapacità di produrre questa stessa forza.

I vari tipi di fatica neuromuscolare

Possiamo riconoscere vari tipi di fatica, che in funzione dell’origine che hanno, prendono un nome differente.

Infatti, la fatica neuromuscolare derivante da un particolare esercizio fisico può essere classificata secondo la sua origine: centrale o periferica (Gandevia, 2001)

Fatica centrale

La fatica centrale è la fatica che coinvolge il motoneurone alfa, il midollo spinale e il centro di tutto il cervello.

Viene definita come centrale quando la fatica ha avuto origine nel cervello o nel midollo spinale, periferica quando la stessa ha un’origine che risiede a valle della giunzione neuromuscolare (Gandevia, 2001)

La fatica centrale è solitamente legata ad una ridotta efficienza del comando motorio centrale e può essere quantificata tramite l’utilizzo della tecnica della twitch interpolation technique.

Come studiare la fatica centrale?

I contributi dei fattori centrali si possono notare ad esempio in sport di lunga durata come maratona, ironman, dove giocano un ruolo principali.

Infatti, se iniziamo a considerare lo spettro più ampio della prestazione calcistica tutta la gara rappresenta uno sforzo a livello centrale mentre lo sprint o alcune fasi del gioco rappresentano una fatica più periferica.

Come potete osservare dopo fatica centrale e fatica periferica sono molto legate e non si può fare una così netta distinzione dicotomica.

Fatica periferica

La fatica periferica, invece, coinvolge principalmente una riduzione della trasmissione del potenziale d’azione e una ridotta efficienza del meccanismo di eccitazione-contrazione (Decorte et al., 2010).

La fatica periferica può essere quantificata attraverso l’analisi della risposta meccanica o elettromiografia di un muscolo a seguito di una stimolazione elettrica o magnetica di un nervo periferico.

Come studiare la fatica periferica?

La fatica periferica si può studiare ‘’semplicemente’’ analizzando la risposta del muscolo che può essere quantificata tramite la sua capacità di produrre forza. Infatti, prima o dopo un esercizio, tramite l’applicazione di elettrodi possiamo capire lo stato di attivazione in funzione del carico e valutare la sua funzionalità neuromuscolare.

In questo caso i fattori nervosi sono determinanti nel valutare lo stato di fatica dell’atleta. Se si considerano tali aspetti ci si può accorgere dell’incapacità del soggetto di esprimere esercizi ad alta intensità poiché c’è un’alterata funzionalità dei sistemi del Ca+ o riduzione del pH muscolare, aumento dell’acidità.

Shushakov, 2007 ci mostra proprio come questo avviene in seguito a sprint massimali  con recupero relativamente breve.  Inoltre, non bisogna trascurrare che oltre alla fatica alcuni sforzi intensi come i lavori eccentrici (su soggetti poco allenati) daranno DOMS di 24-72 ore alterando la funzionalità delle fibre coinvolte e la loro risposta muscolare a stimolazione elettriche (Jones et al. 1989).

La fatica periferica può a sua volte essere suddivisa in high-frequency fatigue (HFF) o low-frequency fatigue (LFF) (Allen et al., 2008).

Si parla di HFF quando un muscolo mostra una riduzione di forza utilizzando stimolazioni elettriche (o magnetiche) ad alta frequenza (> 50 Hz); questa tipologia di fatica si recupera in un tempo relativamente breve ed è spesso associata ad una riduzione della massima eccitabilità muscolare (quantificabile anche tramite la determinazione della M-wave) (Jones, 1996).

Si parla invece di LFF quando un muscolo mostra una riduzione di forza utilizzando stimolazioni elettriche (o magnetiche) a bassa frequenza (< 50 Hz); è definita anche long-lasting fatigue a causa del lento recupero che solitamente la caratterizza ed è principalmente legata ad una ridotta efficienza del meccanismo di eccitazione-contrazione.

La fatica nel calcio

Il gioco più bello del mondo porta con sé molti stressor che colpiscono gli atleti durante la gara. Dagli stress psicologici e cognitivi fino ad arrivare agli stress fisici.

Sappiamo, secondo Rampinini, che i calciatori percorrono distante di 9-12 Km durante una gara, con attività intense di 850-950 m sopra 19,8 Km/h, di 250-350 m sopra 25 Km/h. Per approfondire questo argomento potete leggervi tutti i nostri articoli sul modello di prestazione.

Tornando però all’argomento centrale possiamo notare come analizzando la gara sembrerebbero emergere due tipi di fatica specifica che sono distinti: fatica di tipo transitorio (durante il match) e fatica di tipo permanente (post-match)

La fatica durante il match

Durante la partita, analizzando lo studio di Mohr et al, 2003, si può notare come ai 5 minuti di partita in cui si registra la maggior quantità di lavoro ad alta intensità seguono sempre 5 minuti in cui il lavoro ad alta intensità è inferiore rispetto al lavoro del match.

Per Krustrup, 2006 si può notare come questo calo fisico che occorre in gara ha un effetto deleterio sulle abilità tecniche del calciatore. Alti livelli di lattato e bassi livelli di pH interferiscono nella contrazione muscolare (Fitts, 1994) con una temporanea riduzione della concentrazione di fosfocreatina (CP) nel muscolo e l’accumulo di potassio nello spazio interstiziale (Bangsbo et al., 1996).

Inoltre, l’accumulo di potassio (K+) nello spazio interstiziale (~ 12 mmol·l-1) in seguito ad azioni intense. Deplezione di glicogeno muscolare quando i livelli di partenza sono abbastanza bassi (~200 mmol·kg-1) (Saltin, 1973). Perdita di circa 3 litri di liquidi durante un incontro di calcio (Reilly, 1997).

La fatica post-match

Ascensao et al., 2008; Ispirlidis et al., 2008 hanno dimostrato che, a seguito di un incontro, la capacità di effettuare sprint può risultare ridotta anche del 10% per un periodo di tempo molto lungo (anche 72 ore).

Ascensao et al. (2008) hanno verificato che un match porta ad una riduzione della forza massima dal 5% al 12% per 72 ore, mentre nello studio di Ispirlidis et al. (2008) il calo di forza è stato del 9-14% anche in questo caso per 72 ore.

La deplezione di glicogeno muscolare, il danno muscolare da esercizio, la risposta infiammatoria ed ormonale al lavoro svolto nel corso del match sono i maggiori candidati che possono spiegare questo fenomeno (Krustrup et al., 2006b; Ascensao et al., 2008; Ispirlidis et al., 2008).

https://performancelab16.com/performance-lab-tv/?utm_source=Bloghttps://performancelab16.com/performance-lab-tv/?utm_source=Blog

Possibili cause dell’insorgenza della fatica

Le cause della riduzione della performance del calciatore e dell’insorgenza della fatica non sono un meccanismo del tutto chiaro.

Mi spiego meglio,  Krustrup (2006) ha analizzato che i livelli di lattato e di ioni H+ (pH) muscolare erano anche quattro volte superiori ai livelli basali. Purtroppo, l’acidità muscolare non è certamente l’unica causa che porta alla fatica.

Altri possibili fattori che portano ad una perdita della performance potrebbero essere la riduzione della fosfocreatina (CP) nel muscolo e l’accumulo del potassio nello spazio interstiziale (Bangsbo, 1996).

Come contrastare gli effetti della fatica

Come abbiamo potuto leggere in questo articolo, contrastare e combattere la fatica è uno dei temi più frequenti nell’ambito sportivo.

Per arrivare più pronti in gara, contrastando gli effetti negativi che ha la fatica sul calciatore, c’è solamente l’allenamento specifico. Attraverso questo si può migliorare la condizione fisica del calciatore, annessa ad una preparazione tecnico-tattica.

Come abbiamo trattato nel nostro Webinar completo sulla Fatica nel Calcio bisogna tenere in considerazioni tutti questi aspetti, cercando di non trascurare anche l’aspetto mentale (fatica cognitiva) che è fondamentale.

Al contrario come strategie di recupero per smaltire la gara, i preparatori ne hanno moltissime anche basate sulle evidenze scientifiche. Se vuoi saperne di più ti consigliamo di vedere il Webinar e ascoltare le parole del Prof. Cristian Iriarte, ex preparatore atletico del Milan.

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