Mobility training nello sport: quanto è importante?

Il mobility training rappresenta un presupposto elementare per un’esecuzione qualitativamente e quantitativamente migliore, di un movimento (Harre, 1976).
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Cos’è il mobility training? Con l’espressione mobilità articolare (flessibilità) viene definita la capacità di utilizzare al massimo, nel modo migliore, le possibilità di movimento delle articolazioni (Hahn 1982).

Nello sport una non sufficiente capacità di allungamento e rilassamento della muscolatura, è causa di difficoltà nell’esecuzione di un movimento coordinativamente e tecnicamente perfetto, poichè non può essere eseguito in modo ottimale dal punto di vista dinamico e spazio-temporale.

Permette all’atleta di eseguire movimenti di grande ampiezza , in una o più articolazioni , con le proprie forze o grazie a forze esterne (Weineck, 2009).

 

Cos’è il mobility training 

 

I diversi gruppi muscolari lavorano secondo catene muscolari, per cui, un accorciamento di un muscolo si ripercuote sull’intera catena cinetica, compromettendo il pattern di movimento.

La mobilità articolare è un presupposto fondamentale nella vita quotidiana come nello sport; una ridotta mobilità aumenta sensibilmente il rischio di infortunio.

E’ importante distinguere la mobilità dalla flessibilità articolare. Mentre quest’ultima è una qualità “passiva”, la mobilità richiede la volontà del soggetto nel muovere il proprio corpo nel più ampio range di movimento consentito.

 

L’approccio joint by joint 

 

Ogni articolazione del corpo richiede una certa quantità di mobilità e una certa quantità di stabilità in modo che l’organismo riesca a produrre schemi di movimento efficienti.

Secondo l’approccio joint by joint (Boyle), alcuni giunti/regioni del corpo richiedono maggiore mobilità e alcune articolazioni richiedono più stabilità.

Se le articolazioni che sono preposte per essere mobili non sono mobili, e le articolazioni che sono preposte per essere stabili sono costrette a essere più mobili, si creano problemi di movimento e di
controllo motorio, diventando un fattore di rischio per infortuni e lesioni.

 

Le tre aree fondamentali nel mobility training

 

Le tre aree che comunemente risultano più rigide e limitate, secondo questo approccio, sono quelle che dovrebbero essere invece dotate di maggior mobilità:

  • Caviglie: una buona dorsiflessione è necessaria nei movimenti come camminare, correre, accovacciarsi..
  • Anche: si tratta di una sfera, e un giunto che dovrebbe possedere grande mobilità; qui la rigidità è molto comune, e i nostri stili di vita sedentari ne sono la causa principale.
  • Zona toracica: un’altra area comunemente rigida per colpa di posture errate, si ritrova a stare abitualmente in flessione. Quello che ne consegue è dolore e disfunzione a spalle, collo e zona lombare.

 

Perchè lavorare sulla mobilità articolare

 

Una corretto approccio al lavoro di mobility training, in soggetti carenti è fondamentale, in quanto il risultato è un miglioramento quantitativo e qualitativo nell’esecuzione del movimento.

Allo stesso tempo, una quantità adeguata di mobilità, facilita il SN, e l’atleta in generale, nel processo di apprendimento ed esecuzione motoria; la capacità di muovere correttamente il proprio corpo nello spazio è un vantaggio considerevole, soprattutto nelle fasi iniziali di questo processo.

La mobilità articolare, o una sua assenza, è stata vista essere una delle concause in grado di aumentare il rischio di infortunio nei soggetti sportivi. Un lavoro di miglioramento di questa qualità di conseguenza, previene disequilibri muscolari, ed è in grado di ottimizzare la capacità di recupero in seguito a grossi stress e carichi di lavoro.

 

Stabilire un protocollo di mobility training

 

Stabilire un protocollo di mobilità articolare, non può prescindere da una valutazione di tipo globale e analitica del soggetto, sia da fermo che in movimento, in grado di evidenziare le problematiche più o meno grandi che ne limitano le capacità.

Vi sono numerosi protocolli in grado di fornire dati importanti riguardo le capacità di muoversi del soggetto, e che assieme ai test analitici dovrebbero far parte di una batteria completa.

Tra questi, certamente il più comune è quello del Functional Movement Screen (FMS), una tecnica di valutazione che misura la mobilità e la stabilità del soggetto durante l’esecuzione di una serie di esercizi. Tralasciando la sua (confutata) correlazione diretta con il rischio infortunio, è certamente un metodo di valutazione efficace.

 

FMS: cosa valutare?

 

Nell’FMS si valutano i sette pattern di movimento cosiddetti “fondamentali”:

  • Squatting: mobilità di spalle, schiena, anche, ginocchia, caviglie,
    stabilità: spalle e schiena
  • Stepping: mobilità di anche, ginocchia, caviglie
    stabilità: fianchi, core
  • Lunging: mobilità e stabilità di tronco, spalla, anca, caviglia
    flessibilità: quadricipiti
  • Reaching: mobilità di spalle, scapole, spina toracica
  • Leg raising: mobilità degli ischiocrurali e stabilità del core
  • Push up: stabilità del core
  • Rotary stability: stabilità multiplanare del core

 

Nella pratica: il mobility training 

 

Nella successione di lavoro tra il momento di testing e la stesura di un protocollo efficace i passi da seguire dovrebbero essere i seguenti:

  • Analisi dello schema dei movimenti fondamentali
  • Identificare e isolare il punto debole
  • Fornire gli elementi per programmare gli esercizi di correzione eannullare il punto debole
  • Migliorare il movimento
  • Assicurare l’efficienza in cronico

 

Mostability

 

Abbiamo detto come nell’approccio joint by joint, ciascuna articolazione abbia una “necessità” primaria (ginocchio stabilità, caviglia mobilità, anca mobilità, spina lombare stabilità etc..). Un protocollo di lavoro deve necessariamente tenere presente questa distinzione.

Detto ciò, ognuna delle articolazioni presenti nel nostro corpo necessita di un certo grado di ciascuna delle due componenti, che dovranno sempre trovarsi in equilibrio. Un eccesso di stabilità (che significa mancanza di mobilità) nella spina lombare, sarà tanto deleterio quanto una sua ipermobilità.

Ecco perchè, parlando di mostability si intende la capacità congiunta, da parte di un’articolazione, di essere tanto mobile quanto stabile, per consentire una piena libertà di movimento, e che questo deve essere stabile in tutti i suoi gradi di ampiezza.

 

L’eccesso non è utile

 

Riprendendo il discorso di mostability, sarà oramai chiaro come una mobilità eccessiva possa portare ad un’instabilità e lassità articolare.

Trovare sempre il giusto compromesso tra mobilità e stabilità, mantenendo sempre l’allenamento dei muscoli stabilizzatori, è fondamentale nel protocollo di lavoro volto al miglioramento del range articolare.

La mobilità vive inoltre un rapporto molto delicato con la forza, in quanto sia una sua carenza che eccesso ne sono un fattore limitante.

 

Conclusioni sul mobility training

 

Concludiamo l’articolo con 3 spunti importanti, che devono guidarci nel processo, dapprima di giudizio/valutazione e poi di correzione:

  • La mobilità di un’articolazione è specifica
  • Questa è diversa per diverse articolazioni
  • La mobilità è diversa in individui diversi

 

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