L’alimentazione riveste nel calciatore e lo sportivo da sempre un ruolo chiave nella performance, così come nella riduzione del rischio di infortuni.
Solo negli ultimi anni però abbiamo riscoperto il suo valore, e ancora oggi non sono molti gli atleti che seguono un regime alimentare equilibrato.
Questo aspetto rimane fondamentale per raggiungere la performance ottimale, e in quanto preparatori fisici il nostro compito è anche quello di sensibilizzare gli atleti ad un regime alimentare equilibrato.
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Qual è l’alimentazione di un calciatore?
Facciamo una premessa: l’alimentazione, considerata all’interno di uno stile di vita sano, non sono un elemento in grado di migliorare la performance o ridurre il rischio di infortunio. Questi sono piuttosto la base da cui si dovrebbe partire se si vuole essere atleti di alto livello.
Purtroppo non è così, e spesso ci ritroviamo a considerare “straordinario” un aspetto da cui in realtà non si dovrebbe prescindere. Ma procediamo per gradi: cosa si intende per “alimentazione ottimale” nel calcio (e nello sport in generale)?
Per alimentazione ottimale nel calcio si intende un regime dietetico equilibrato e commisurato alle esigenze della disciplina sportiva praticata. Esso deve tenere conto quindi di tutti gli aspetti legati alla richiesta di nutrienti, al dispendio energetico individuale e al modello prestativo. Nei prossimi paragrafi riporteremo le evidenze scientifiche legate al modello prestativo nel calcio. Questi possono fornirci spunti interessanti su quello che è il concetto di spesa energetica durante una partita. Come vedremo però, essa è altamente individuale, e i metodi di misurazione sono discretamente imprecisi; ciò rende un’esatta quantificazione estremamente complessa per il nutrizionista sportivo.
Il modello prestativo nel calcio: il ruolo nell’alimentazione
La prestazione nel calcio dipende da una miriade di fattori: tecnici, biomeccanici, tattici, mentali e fisiologici. Tutti questi influenzano l’alimentazione. Le distanze percorse ai massimi livelli sono dell’ordine dei 10-12km per i giocatori di movimento e di circa 4km per il portiere.
Diversi studi riportano che i centrocampisti ricoprono la distanza maggiore e che i professionisti percorrono distanze maggiori dei non professionisti. Nel secondo tempo, rispetto al primo, l’intensità di esercizio è ridotta e la distanza percorsa è inferiore del 5-10%. Durante una partita si verifica uno sprint approssimativamente ogni 90s, ciascuno della durata media di 2-4s.
Gli sprint costituiscono l’1-11% della distanza totale percorsa durante una partita, corrispondente allo 0.5-3.0% del tempo effettivo di gioco. Nel contesto generale di resistenza aerobica del gioco, ciascun giocatore esegue 1.000-4.000 attività soprattutto brevi che variano ogni 4-6s.
Forza, potenza e alimentazione
Nel calcio forza e potenza sono egualmente importanti, tanto quanto la capacità di resistenza aerobica. A causa della durata di gioco, il calcio è soprattutto dipendente dal metabolismo aerobico. L‘intensità media di lavoro, misurata come la percentuale della massima frequenza cardiaca (FCmax), durante una partita di calcio di 90 minuti è vicina alla soglia anaerobica. Ossia la più alta intensità di esercizio alla quale la produzione e lo smaltimento di lattato è eguale; solitamente è tra l’80-90% della FCmax.
Sarebbe fisiologicamente impossibile mantenere un’intensità media più elevata in maniera continuativa per un periodo di tempo più lungo di tempo, a causa del conseguente accumulo di lattato ematico. Tuttavia, esprimendo l’intensità di gioco come una media sui 90 minuti, o su ciascuno dei due tempi, si può incorrere in una perdita significativa di informazioni specifiche.
Infatti le partite di calcio contengono periodi e situazioni di attività ad alte intensità dove si osserva un accumulo di lattato. Questi necessitano conseguentemente di periodi di tempo a bassa attività e intensità per eliminare quest’ultimo dai muscoli utilizzati. Nessuno è ancora riuscito ad ottenere dati accurati e validi per quel che riguarda la misurazione del consumo d’ossigeno (VO2) durante una partita di calcio. I valori misurati sono verosimilmente sottostimati, dal momento che la strumentazione indossata per le misure ha probabilmente inibito la prestazione. Capite bene che tutto questo deve essere tenuto in conto per un’alimentazione ottimale nel calcio.
FC, VO2max e spesa energetica
Ogushi et al. hanno usato le Douglas bags (equipaggiamento pesante da 1.200g) per misurare il VO2 di due giocatori in frazioni da 3 minuti circa ciascuno, durante la partita. Hanno rilevato un VO2 di 35 e 38 ml/kg/min nel primo tempo di gioco e di 29 e 30 ml/kg/min nel secondo.
Tali valori corrispondono rispettivamente al 56-61% e al 47-49% del massimo consumo di ossigeno (VO2max) dei due giocatori. I dati sono sostanzialmente più bassi rispetto a quanto riportato in altri studi.
Le distanze percorse durante la registrazione del VO2 sono state dell’11% più corte se comparate con quelle percorse senza l’attrezzatura, il che spiega i bassi valori osservati.
FC, VO2 e alimentazione
Stabilire la relazione fra FC e VO2 durante il gioco permette accurate misurazioni indirette del VO2 durante una partita di calcio. Stabilendo la relazione FC-VO2 di ciascun giocatore è possibile definire in modo accurato la spesa energetica (e quindi l’alimentazione ottimale) durante l’esercizio allo stato stazionario. Tuttavia, alcuni autori dubitano di questa relazione.
Se assumiamo come vero che la relazione FC-VO2 può essere usata per un’accurata stima del consumo di ossigeno nel calcio, un’intensità di esercizio pari all’85% dell’FCmax corrisponderà al 75% del VO2max, circa.
Tale valore corrisponde ad un VO2 medio di 45.0, 48.8 e 52.5 ml/kg/min per un giocatore che abbia rispettivamente un VO2max pari a 60, 65, e 70 ml/kg/min. Probabilmente riflette la spesa energetica nel calcio moderno. Per un giocatore dal peso di 75kg questo consumo corrisponde a 1.519, 1.645 e 1.772 kcal spese durante una partita (1 litro di ossigeno/min corrisponde a 5kcal). Ecco cosa intendiamo per alimentazione ottimale: dobbiamo conoscere questi elementi.
Alimentazione e intervariabilità
In realtà esiste una discreta intervariabilità Questa è dipendente da molti fattori, dell’economia di corsa, intesa come rapporto fra intensità di lavoro e VO2max. Tutti questi elementi hanno a che fare con l’alimentazione.
Negli atleti di endurance di elite con una variabilità di VO2max molto ristretta, è stato notato che l’economia di corsa differisce sino al 20% ed è correlata con la prestazione.
Le cause delle variazioni inter-individuali nel costo di ossigeno lordo dell’esercizio ad intensità di lavoro prefissata non sono ben comprese, ma verosimilmente sembra che siano importanti le caratteristiche anatomiche. Le abilità meccaniche e neuromuscolari e l’accumulo di energia elastica. Hoff e Helgerud hanno stimato che un miglioramento pari al 5% nell’economia di corsa può aumentare la distanza percorsa in partita di circa 1.000m.
Come deve esser l’alimentazione di uno sportivo? La composizione corporea
Abbiamo visto come sia complesso stimare la spesa energetica in maniera esatta. Sicuramente oggi esistono diversi tools interessanti e anche a basso costo, come i semplici smartwatch. Questi dispositivi sono in grado di fornirci un’approssimazione di quello che è il consumo energetico del singolo giocatore basandosi su differenti profili di attività ed i dati individuali inseriti dal soggetto.
Soprattutto in contesti non professionistici, sono oggi un elemento a mio avviso utilissimo per avere una stima grossolana da cui partire per impostare un piano individuale adeguato.
Alimentazione ottimale? Prima il metabolismo basale
Come però si evince nel titolo di questo paragrafo, prima ancora di considerare la spesa energetica legata all’attività fisica, dobbiamo stimare il metabolismo basale del giocatore. Se pur, premetto, anche in questo caso qualsiasi metodo comporti l’individuazione di una stima e non di un parametro esatto, per farlo dobbiamo valutare la composizione corporea. Essa costituisce la base per valutare lo stato di forma del nostro atleta e stilare un’alimentazione corretta.
I metodi per valutare la composizione corporea sono molteplici, e vanno da quelli low-cost sino a metodi più sofisticati. Individuare la percentuale di massa grassa e magra del calciatore è imprescindibile però, nel considerare il tipo di alimentazione adeguata alle sue esigente. Vediamo in breve quali sono i metodi più comuni.
Il BMI
Il primo mezzo “scientifico” utilizzato per valutare lo stato di salute/forma del soggetto e quindi un’alimentazione corretta è il BMI, o body mass index. Questo parametro è una relazione diretta tra l’altezza elevata al quadrato del soggetto, espressa in metri, con il peso del soggetto, in kg.
BMI= kg/ altezza^2 (m). E’ abbastanza intuitivo come questo parametro sia limitante nel valutare lo stato di forma di un atleta. E’ estremamente spendibile poiché a costo zero, ed è dimostrata la sua correlazione con numerose malattie legate al peso. Ma è altresì chiaro che nella popolazione estremamente selettiva come quella sportiva il dato è incompleto, in quanto non considera “la massa magra” e quanto essa possa influire sul peso totale.
In base al valore ottenuto dal BMI il soggetto viene classificato in diverse categorie:
- <16.5 grave magrezza
- 16-18.49 sottopeso
- 5-24.99 normopeso
- 30-34.99 obesità classe I
- 35-39.99 obesità classe II
- >40 obesità classe III
Una percentuale di grasso totalmente differente potrebbe essere presente a parità di peso fra due soggetti, e non essere rilevata né dal dato rilevabile sulla bilancia, ne tantomeno da quello ottenibile con il BMI. Ciò potrebbe portare ad errori molto grossolani nell’alimentazione del calciatore.
La plicometria
E’ il metodo più semplice e a minor costo, e grazie ad esso “stimiamo” la percentuale di grasso corporeo in base alla rilevazione del grasso sottocutaneo presente in particolari punti del corpo, detti “punti di repere”.
La plicometria è una metodica operatore-dipendente e strumento-dipendente, per cui l’affidabilità della misurazione è altamente variabile. Esistono tuttavia degli standard internazionali che se rispettati sono in grado di fornire dati piuttosto simili anche se individuati a operatori differenti. A ciò vorrei aggiungere che l’errore operatore-dipendente è sostanzialmente, si suppone, simile, per cui la plica eseguita dal medesimo operatore nel tempo, è un parametro “valido” (al netto dell’errore).
I punti di repere tradizionalmente riconosciuti e gli standard di valutazione sono:
- Petto
- Sottoscapolare
- Ascellare
- Soprailiaca
- Addominale
- Tricipite
- Coscia
- Polpaccio
Alcune formule, senza entrare nel dettaglio, mettono in correlazione questi dati, assieme all’età, al peso, l’altezza e il sesso del giocatore per fornire una stima più o meno precisa della percentuale di massa grassa. E’ chiaro che quanto più precisa sarà la rilevazione delle pliche, quanto più queste formule saranno affidabili. Quanto più le formule saranno affidabili, quanto più l’alimentazione del nostro calciatore sarà ottimale.
La BIA e l’alimentazione ottimale
Il bioimpedenziometro è uno strumento che misura l’impedenza offerta da un corpo al passaggio di una corrente elettrica alternata a bassa intensità (800µA), e frequenza fissata.
I tessuti magri conducono la corrente fissata più dei tessuti grassi, grazie al contenuto in acqua ed elettroliti e ciò consente la stima della composizione corporea. La capacità di conduzione sarà proporzionale alla quantità di acqua ed elettroliti contenuti. Il grasso, essendo poco idratato, avrà una conducibilità inferiore al muscolo scheletrico, ad esempio.
Le variabili nel momento della valutazione della composizione corporea tramite BIA sono numerose, e principalmente dipendono dallo stato di idratazione:
- Stato di idratazione e alimentare
- L’esercizio aerobico intenso
- L’incremento della temperatura corporea
- Lo stato di pulizia della cute
Il vantaggio principale della BIA è quello di stimare, rispetto alla plicometria, l’ECW, l’ICW e la TBW, ossia l’acqua totale corporea e come si distribuisce tra il compartimento intracellulare ed extracellulare. Ciò ci permette di determinare lo stato di idratazione degli atleti, che è un parametro sia in ottica performance che di riduzione di rischio infortuni. La stima indiretta fornita invece per la % di massa grassa del soggetto invece è meno attendibile. Un altro metodo interessante è la DEXA; ma essendo una strumentazione molto costosa e poco “pratica” in contesti comuni, non verrà trattata in questo articolo. Ciò che è importante riassumere è che, in base alla precisione dello strumento che utilizziamo sarà più precisa la stima del metabolismo del soggetto, e quindi della sua alimentazione ottimale.
La percentuale di massa grassa: quanto influisce sull’alimentazione?
Quali sono quindi i range percentuali entro i quali un giocatore di calcio si definisce “in forma” o meno? Partiamo da quelli della popolazione generale:
- Obeso, >25%FM uomo e >32% FM donna
- Sovrappeso, 20-25%FM uomo e 28-32%FM donna
- Normopeso, 15-20%FM uomo e 23-28%FM donna
- Atleta, 10-15%FM uomo e 18-23%FM donna
- Eccezione/bodybuilding sotto gara, 3-10%FM uomo e 12-18%FM donna
In uno studio del 2001 in cui è stata effettuata un’analisi con DEXA in giocatori professionisti è stato ricavato questo campione di risultati: la percentuale di grasso nel peso corporeo variava dal 6,1 al 19,5% nei giocatori di calcio, e la media era 12,0 ± 3,1. I centrocampisti avevano una percentuale di grasso significativamente più alta (13,6 ± 3,3%) rispetto ai terzini o agli attaccanti (11,1 ± 2,8 e 11,0 ± 2,3%, p < 0,05 e p < 0,06, rispettivamente). Nei giocatori di calcio, la correlazione tra l’età e la massa grassa era significativa (r = 0,53, p < 0,001), mentre non vi era alcuna correlazione tra il grasso e l’età nei soggetti di controllo (r = 0,13, p > 0,1).
La % di massa grassa, soprattutto se bassa, non andrebbe calcolata nelle formule di stima del metabolismo del soggetto. Questa influirebbe negativamente sul calcolo dell’alimentazione ottimale del nostro calciatore.
L’idratazione nell’alimentazione ottimale del calciatore
L’acqua rappresenta il 40-70% della massa corporea (in funzione di età, sesso e BM). Costituisce dal 65-75% della massa muscolare e circa il 10% di quella grassa. L’acqua è componente essenziale dell’alimentazione del calciatore e dell’atleta. Grazie ad essa si verificano le reazioni metaboliche. Ha un ruolo fondamentale nella termoregolazione. E’ lubrificante, assieme a proteine specifiche, nelle articolazioni, ma anche in polmoni, cuore e occhi. Ogni processo biochimico dipende in un certo modo dall’omeostasi dell’acqua totale.
Nel caso di vita sedentaria è necessaria un’ assunzione giornaliera di 2.5l. Durante l’attività fisica aumenta la perdita di liquidi dovuta alla sudorazione. Questa perdita deve essere controbilanciata; infatti, la tolleranza ai livelli di disidratazione del nostro corpo è molto bassa, circa il 2%BW. A tassi maggiori, la performance fisica e mentale è compromessa.
Le perdite giornaliere di acqua possono variare da 1.5l fino ad oltre 6l. Monitorare le variazioni di peso corporeo dopo la minzione è un modo semplice per valutare la perdita di liquidi durante l’esercizio o in condizioni di elevata temperatura esterna.
Quali sono le raccomandazioni per una corretta idratazione?
La scelta della bevanda e la quantità da assumere possono essere influenzate da numerosi fattori. La semplice acqua è in quasi tutti i contesti la scelta più comoda ed economica, ma determinati contesti possono far propendere per bevande e “mix” di nutrienti specifici.
Parlando di questo aspetto, un energy drink facilmente ritrovabile in commercio fornisce in media il 6-8% di carboidrati e tra il 10-25% mmol-L^-1 di sodio. In tabella, le raccomandazioni della Academy of Nutrition and Dietetics and The American College of Sports Medicine.
Come detto precedentemente però, anche la semplice acqua è perfetta. In questo caso le raccomandazioni sono:
– Bere da 400 a 600ml di liquidi 2-3 ore prima dell’esercizio.
– Bere da 150 a 300ml di liquidi 30’ prima dell’esercizio. – Bere non più di 1l di acqua semplice all’ora in un intervallo di tempo di 15’ durante o alla fine di un esercizio.
Attenzione, le calorie assunte con gli energy drink dovrebbero essere calcolate nell’alimentazione ottimale del calciatore.
Quante calorie assume un calciatore professionista nella sua alimentazione?
Il metabolismo coinvolge tutti i processi di sintesi e distruzione delle molecole di interesse biologico. La spesa energetica giornaliera totale dipende in sintesi da:
- Metabolismo basale, che comprende la condizione basale vera e propria, il sonno e la veglia
- L’azione termogenica degli alimenti
- Il dispendio energetico derivante dall’attività fisica e dal periodo di “recupero”
Il metabolismo basale: quanto influisce sul totale nell’alimentazione?
Il metabolismo basale e il livello minimo di dispendio energetico necessario a mantenere le funzioni vitali e lo stato di veglia. È detto anche costo energetico basale e si manifesta come produzione di calore corporeo ed è possibile quantificarlo misurando il consumo di ossigeno in condizioni che però devono essere rigorosamente standardizzate e di conseguenza risulta una misurazione in campo pratico.
In genere il consumo di ossigeno basale varia tra 160 e 290mLxmin^-1, corrispondente a 0,8-1,43kCalxmin^-1, eh dipende da fattori quali sesso, età, massa corporea virgola e massa magra. Stimare correttamente il metabolismo basale è fondamentale per impostare un programma alimentare corretto. Per un soggetto in condizioni di vita normali il metabolismo basale rappresenta il 60-75% del dispendio energetico giornaliero, il 10% deriva dall azione termogenica degli alimenti e il restante 15-30% dall’attività fisica.
Per stimare il calcolo del metabolismo basale MB vi sono numerose formule. Una tra le più attendibili è quella di Harris Benedict, che vediamo di seguito:
- Harris & Benedict: 66,4730 + (13.7516 x peso in kg) + (5,0033 x statura in cm) – (6,7550 x età in anni)
Da qui dovremmo partire nel calcolo dell’alimentazione ottimale del calciatore.
La spesa energetica totale: l’alimentazione ottimale del calciatore
Il calcolo della spesa energetica totale deve tenere conto, come abbiamo detto, di altri fattori. Tra questi la spesa energetica derivante dalla termogenesi alimentare e l’attività fisica che può incidere in maniera estremamente significativa come abbiamo visto nell’esempio del calcio. Stimare in maniera esatta la spesa energetica totale senza strumentazioni costose è pressoché impossibile, ma come abbiamo detto esistono alcuni tools a basso costo come gli smartwatch che sono in grado di fornirci una misura abbastanza attendibile della spesa energetica derivante dall’attività quotidiana.
Un aspetto interessante che è bene sottolineare e che può essere fuorviante e che nel calcolo del costo energetico delle attività fisiche intensità e durata pur essendo due fattori che definiscono il grado di pesantezza di un certo tipo di lavoro fisico, non necessariamente si influenzano a vicenda nel calcolo del dispendio energetico. Infatti occorre la stessa spesa energetica per percorrere 42 km di una maratona indipendentemente dalla velocità virgola e quindi dalla intensità di corsa. Essa dipende infatti sostanzialmente dalla distanza e dal peso del soggetto. In realtà nemmeno questo concetto e sempre vero, soprattutto se parliamo di sport ad impegno anaerobico prevalente.
Il TDEE può essere calcolato in maniera semplice e pratica in base all’ influenza che l’attività fisica derivante da allenamento e non ha sul dispendio totale giornaliero. le formule più semplici per il calcolo dell’alimentazione ottimale del calciatore infatti utilizzano un moltiplicatore al metabolismo basale; vediamolo in pratica.
- Saltuaria, quasi sedentario: MBx1,2
- Leggera, 1-3 giorni a settimana: MBx1,375
- Moderata 3-5 giorni a settimana: MBx1,55
- Moderata-pesante, 6-7 giorni a settimana: MBx1,725
- Elevata (es doppie sedute o lavoro pesante): MBx1,9
La ripartizione calorica: le proteine nell’alimentazione ottimale
Una volta stimato il dispendio energetico totale, dobbiamo ripartire le kilocalorie in base ai macronutrienti che vogliamo assegnare al nostro giocatore. Il bilancio tra carboidrati, proteine e grassi è estremamente importante se vogliamo ottimizzare l’alimentazione del calciatore e la sua performance. Non affronteremo in questo paragrafo la diatriba tra quale sia la migliore delle “diete alla moda” di cui sentiamo parlare tutti i giorni. Ci attenderemo invece alle linee guida generali fornite per il calcio e gli sport di squadra.
Prima di tutto, è necessario stimare l’apporto proteico. Tutti i protidi formano prodotti di scarto, per questo in biochimica vengono considerate una fonte di energia «sporca». La loro funzione principale è quella plastica, e non energetica. Mediamente un soggetto adulto contiene tra 10-12kg di proteine, con maggiore quantità localizzata all’interno del muscolo scheletrico. Un eccesso di aminoacidi, ossia quelli che non vengono utilizzati per la sintesi di proteine o altri componenti o per il metabolismo energetico, forniscono il substrato per la gluconeogenesi o sono convertiti in triacilgliceroli per essere immagazzinati negli adipociti. In realtà, soprattutto quest’ultimo, risulta essere un processo molto dispendioso per il nostro organismo, ed è molto più semplice che un moderato eccesso venga ossidato.
Una persona sedentaria può vivere in salute assumendo 0.9-1g/kg di proteine. La quota raccomandata nell’alimentazione ottimale degli atleti è ancora elemento di discussione. Alcuni autori arrivano a consigliare fino a 1-7-2,7g/kg. Nel nostro esempio guida lavoriamo su una media di 2g/kg (di massa magra).
La ripartizione calorica: i grassi nell’alimentazione ottimale
I lipidi sono molecole che hanno gli stessi elementi strutturali dei carboidrati, ma differiscono in modo significativo nel legame degli atomi. Le funzioni principali che i lipidi svolgono nel nostro corpo sono: Come sorgente e riserva energetica, di protezione degli organi vitali, di isolamento termico, di trasporto di vitamine e controllo dell’appetito. I lipidi sono componenti strutturali di molecole fondamentali quali il colesterolo, ormoni e vitamine liposolubili.
I lipidi rappresentano la principale fonte di energia potenziale per il lavoro biologico. Contribuiscono per il 50-70% alle richieste energetiche durante un esercizio leggero o moderato. I grassi immagazzinati (muscolari principalmente, e derivati dagli adipociti), assumono un ruolo fondamentale in maniera progressiva, durante l’attività fisica prolungata. Le molecole di acidi grassi (FFA) forinscono più dell’80% delle richieste energetiche durante l’esercizio.
L’impoverimento delle scorte di carboidrati riduce l’intensità dell’esercizio ad un livello definito dalla capacità dell’organismo di mobilizzare e ossidare gli acidi grassi. L’allenamento aerobico aumenta l’ossidazione degli acidi grassi a lunga catena, principalmente dei triacilgliceroli nel muscolo attivo, durante un esercizio di media e moderata intensità. La quantità di grassi da assumere in un’alimentazione ottimale (principalmente acidi grassi essenziali) dipende in larga misura dalle necessità derivate dall’attività fisica svolta. Personalmente, ci atterremo ad un range medio, tra 0,7-1,5g/kg (di massa magra).
La ripartizione calorica: i carboidrati nell’alimentazione ottimale
Ho lasciato volutamente questo paragrafo per ultimo, in quanto i carboidrati rivestono il ruolo di primaria importanza nella performance. Lo so, può sembrare un controsenso detto in questi termini, ma cercheremo di spiegare bene cosa intendiamo. I carboidrati rappresentano il macronutriente più importante in quanto la loro funzione è energetica e costituiscono un carburante pulito (ossia non producono scorie, a differenza ad esempio delle proteine). mangiare carboidrati a sufficienza equivale inoltre a porre le basi per rimanere idratati poiché 1g di glicogeno trattiene 2,5-2,7g di acqua.
Nel nostro corpo abbiamo una riserva di 350-500g di glucidi sotto forma di glicogeno dei quali sino a 400g si trovano nei muscoli e 150g nel fegato. al crescere dell’intensità fisica il glicogeno muscolare e il carburante elettivo grazie alla sua formulazione chimica che lo rende più facilmente utilizzabile. Di conseguenza, essendo il calcio uno sport l’impegno anaerobico lattacido e alattacido determinano la differenza tra prestazioni di alto e altissimo livello, comprendiamo come assumere una quantità adeguata di carboidrati sia fondamentale per garantire la performance.
Da un lato la teoria ci suggerisce di calcolare per l’alimentazione ottimale del nostro calciatore l’apporto di carboidrati come la differenza tra l’ introito calorico stimato totale e la somma tra le calorie assegnate per i grassi e le proteine. Vi sono tuttavia delle tabelle che costituiscono delle linee guida a cui ci atterremo e che influenzano di conseguenza la quantità totale dei primi due fattori. In linea generale, ci riferiremo ad un apporto medio che va dai 3,5-7g/kg (di massa magra) di carboidrati. La quota nei giorni di non allenamento potrà essere uguale o differente in base alla periodizzazione nutrizionale che decideremo di svolgere.
La ripartizione calorica: nella pratica
Se prendiamo un soggetto tipo, di 75kg al 10% di massa grassa, con un consumo energetico stimato di 2500kcal, quale sarà la ripartizione calorica e quindi l’alimentazione ottimale del nostro calciatore? Vediamolo di seguito.
TOT 2500kcal
Proteine: 2gxkg di massa magra (0,9x75kg)= 135g à540kcal
Grassi: 1gxkg di massa magra(0,9x75kg)= 67,5 (arrotondiamo a 68g per semplicità)à612kcal
Carboidrati: 2500-135-612= 1348kcal à 337g à5g/kg di massa magra
In questo caso, semplicemente avendo sottratto la quota di proteine e carboidrati abbiamo trovato un valore che rientra perfettamente nelle linee guida. Ovviamente possiamo adottare strategie nutrizionali differenti che possono prevedere carico o scarico dei carboidrati, giorni a più alte o più basse kcal in base all’intensità di allenamento/partite o del recupero.
Bibliografia