I carboidrati: cosa sono e l’importanza nello sport

In questo articolo approfondiremo uno dei tre macronutrienti, il più importante e controverso allo stesso tempo. Perchè sono importanti i carboidrati? Che funzione hanno nel nostro organismo, e come influenzano la performance?
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Carbonio, idrogeno e ossigeno si combinano in natura per formare carboidrati, caratterizzati dalla formula generale (CH2O)n.

Ad eccezione del lattosio e glicogeno di origine animale, le piante costituiscono la fonte principale di carboidrati della dieta umana.

In questo articolo, Alessandro Lonero ci parlerà di che cosa sono e di quanto sono importanti in ambito sportivo.

I carboidrati nell’uomo

 

Tutto ciò che riguarda questo macronutriente verrà approfondito nei paragrafi successivi; in questo momento, ci basta sapere che questo sia il più consumato dall’uomo. La sua funzione è principalmente energetica, costituisce un cosiddetto “carburante pulito” (ossia, a differenza per esempio delle proteine, non comporta la produzione di prodotti di scarto nella sua metabolizzazione per scopi energetici).

Nel nostro corpo abbiamo una riserva di 350-500g di glucidi sotto forma di glicogeno, dei quali sino a 400g si possono trovare stoccati nei muscoli; l’allenamento è in grado di influenzare, assieme all’alimentazione, la capacità di stoccaggio al loro interno. La restante quota si trova nel fegato. Assumere abbastanza carboidrati significa, inoltre, porre le basi per rimanere idratati. 1g di glicogeno trattiene 2,5-2,7g di acqua.

Ma facciamo un passo indietro.. i carboidrati vengono classificati generalmente come monosaccaridi, oligosaccaridi o disaccaridi, e polisaccaridi. Il numero di zuccheri semplici legati ad ognuna di queste molecole differenzia i vari tipi.

I monosaccaridi

 

Rappresentano le unità di base; il glucosio, lo zucchero circolante nel sangue e definito a volte come destrosio, è un composto a 6 atomi di carbonio che si trova comunemente negli alimenti, ed è prodotto anche all’interno dell’organismo, a seguito della digestione di carboidrati più complessi.

La gluconeogenesi, è il processo mediante il quale si sintetizza glucosio, e avviene quasi totalmente nel fegato a partire da altri composti (aminoacidi, glicerolo, piruvato, e acido lattico). Ciò dovrebbe farci comprendere la sua importanza a livello organico.

Se l’uomo ha sviluppato durante il corso dell’evoluzione strategie alternative per costruirlo a partire da altri substrati, ciò non significa che se ne può fare a meno.. O meglio, è vero, ma ciò costituisce una situazione di emergenza. Basti pensare alla produzione di azoto per l’utilizzo di aminoacidi, un prodotto di scarto che deve essere escreto, un rifiuto metabolico a tutti gli effetti. Come citato precedentemente, i carboidrati sono l’unico carburante pulito.

Fruttosio e galattosio

 

Anche fruttosio e galattosio sono zuccheri semplici. Essi possiedono la stessa formula chimica ma differente struttura rispetto al glucosio; ciò li rende differenti nelle loro caratteristiche biochimiche.

Il fruttosio, è il più dolce tra gli zuccheri semplici, ed è contenuto principalmente in frutta e miele. Una piccola parte può essere assorbita direttamente nel lume intestinale verso il sangue; la maggior parte viene poi convertita però in glucosio nel fegato.

Il galattosio non si trova libero in natura, ma solo combinato a glucosio a formare lattosio; è prodotto dalle ghiandole mammarie degli animali che allattano, e convertito nell’organismo in glucosio.

Oligosaccaridi

 

Gli oligosaccaridi sono formati dalla combinazione di 2-10 monosaccaridi attraverso legami chimici. I principali sono costituiti dall’unione di due molecole e sono anch’essi considerati zuccheri semplici.

I tre principali composti sono:

  • Saccarosio (glucosio+fruttosio), o zucchero da cucina. E’ il disaccaride più comune e spesso costituisce una quota troppo elevata delle calorie assunte nell’alimentazione moderna.
  • Lattosio (glucosio+galattosio), o zucchero del latte. E’ il meno dolce tra i disaccaridi, costituisce per l’appunto lo zucchero prevalente nel latte e i suoi derivati.
  • Maltosio (glucosio+glucosio), è presente in alimenti come la birra, alcuni cereali e germogli. Non costituisce lo zucchero prevalente nell’alimentazione umana, ma è noto principalmente per essere lo zucchero del malto, utilizzato in numerosi processi di fermentazione e produzione di alimenti, quali appunto la birra.

Polisaccaridi

 

Il termine polisaccaridi definisce “polimeri di zuccheri” formati dal legame di tre o più, sino a migliaia, di monosaccaridi. Essi si formano attraverso la deidratazione, un processo chimico che prevede la perdita di una molecola d’acqua per formare una molecola più complessa. I polisaccaridi hanno origine sia vegetale che animale.

Le due forme più comuni di origine vegetale sono amido e fibre. L’amido è la forma di deposito di carboidrati nelle piante ed esiste in due forme: amilosio e amilopectina, che hanno differente struttura chimica.

Per fare una semplice distinzione, possiamo dire che alimenti ricchi di amilopectina vengono assorbiti e digeriti più rapidamente, mentre amidi con elevato contenuto di amilosio vengono idrolizzati più lentamente. L’amido viene definito carboidrato complesso, ed è la fonte alimentare più importante di carboidrati nella dieta.

 

Il glicogeno

 

Il glicogeno costituisce la forma di deposito dei carboidrati più comune in muscoli e fegato. È un polisaccaride ad elevato peso molecolare originato dalla polimerizzazione del glucosio nel processo di glicogeno-sintesi, e catalizzato dalla glicogeno-sintasi. Esso può contenere fino a 30.000 molecole di glucosio.

Il processo di sintesi di a partire dal glucosio richiede energia; in un soggetto ben nutrito si possono immagazzinare sino a 500g di glicogeno, dei quali sino a 400g si possono trovare nei muscoli e la restante parte nel fegato.

Solo 2-3g di glucosio si trova circolante nel sangue. Molti fattori influenzano la velocità di scissione e sintesi di glicogeno; uno di questi è l’esercizio fisico, in quanto il glucosio è la fonte elettiva in grado di sostenere l’attività muscolare. Ovviamente il controllo ormonale operato dall’asse insulina-glucagone gioca un ruolo fondamentale, e scompensi di questo asse possono portare a numerose problematiche acute e croniche, fra cui ad esempio il diabete.

Ruolo dei carboidrati nell’organismo

 

I carboidrati assolvono a 4 funzioni principali:

  • Fonte energetica
  • Risparmio di proteine
  • Attivazione del metabolismo
  • Energia per il sistema nervoso centrale

Nei seguenti paragrafi, andremo ad analizzarli uno per uno.

Fonte energetica

 

I carboidrati vengono principalmente utilizzati come substrato energetico, in particolare durante il lavoro fisico. L’energia che si libera dal catabolismo del glucosio plasmatico e del glicogeno epatico e muscolare viene utilizzata per la contrazione muscolare e le altre funzioni biologiche.

L’assunzione giornaliera di carboidrati è di conseguenza estremamente variabile: deve essere adeguata alle esigenze delle varie attività fisiche, e l’obiettivo principale dovrebbe essere il mantenimento/ripristino delle scorte di glicogeno.

Un eccesso di glucidi, nel momento in cui le scorte sono già piene, viene convertito e immagazzinato in grassi attraverso passaggi metabolici differenti (in realtà, l’argomento è più complesso e questa è una semplificazione estrema; ma non è argomento dell’articolo trattarla).

Risparmio di proteine

 

Un adeguato apporto di carboidrati è fondamentale nel preservare le proteine strutturali. L’impoverimento delle riserve di glicogeno, attraverso il digiuno o un’assunzione prolungata di carboidrati insufficiente a ripristinare ad esempio i carboidrati consumati con l’attività fisica, influisce in maniera importante sulle vie metaboliche di approvvigionamento energetico.

Stimolando il catabolismo dei grassi, l’impoverimento di glicogeno innesca anche la sintesi di glucosio a partire dagli aminoacidi; la conversione attraverso gluconeogenesi fornisce l’opzione metabolica per mantenere la disponibilità di carboidrati anche quando i depositi di glicogeno sono insufficienti.

In condizioni estreme, ciò può portare a notevoli riduzioni della massa magra, e conseguente calo della performance. Ciò deve essere tenuto in conto anche nell’affrontare diete ipocaloriche prolungate.

Attivazione metabolica

 

Questo punto è da sempre controverso, poiché spesso “frainteso”. In un certo senso, i carboidrati, fungono anche da substrato per avviare l’ossidazione di acidi grassi. Infatti, come abbiamo già detto, l’organismo passa alla mobilizzazione dei grassi se il metabolismo dei carboidrati ha un’insufficiente livello, sia per limitazioni al processo di trasporto all’interno delle cellule come avviene nel diabete, sia per il calo delle riserve a causa di digiuno o attività fisica prolungata.

La mancanza di prodotti dell’idrolisi del glicogeno produce un’incompleta degradazione dei grassi, e accumulo di corpi chetonici.

La formazione di corpi chetonici avviene nei mitocondri, a causa di un eccesso di acetil-CoA prodotto durante la beta ossidazione. I chetoni in eccesso producono lo stato metabolico cosiddetto di “chetosi”. L’argomento chetosi è molto complesso, e viene affrontato in parte nel mio articolo sulla dieta chetogenica.

Energia per il sistema nervoso centrale

 

Il sistema nervoso centrale richiede un continuo apporto di carboidrati per funzionare correttamente; in condizioni normali infatti il cervello utilizza quasi esclusivamente il glucosio ematico come fonte di energia.

Ritornando per un momento all’argomento “chetogenica”, in condizioni di digiuno o scarso apporto di carboidrati, si instaurano degli adattamenti metabolici (dopo 8-15 giorni), grazie ai quali si utilizzano i grassi come substrato alternativo.

Questo tipo di adattamento, che porta alla selezione dei grassi come substrato prevalente anche per l’attività fisica, si instaura anche a livello muscolare in soggetti che seguono diete cronicamente povere di carboidrati (ma ricche di grassi!), dette appunto diete chetogeniche.

Il ruolo dei carboidrati nell’attività fisica

 

Come dovremmo già aver compreso, i carboidrati sono fondamentali nell’attività fisica (vedi questo articolo) ; senza voler entrare troppo nello specifico di un argomento che necessiterebbe di un livello di approfondimento totalmente differente, andiamo a comprendere i punti principali.

Sostanzialmente, sono l’intensità e la durata dell’esercizio, assieme allo stato nutrizionale dell’atleta, a determinare la miscela di substrati utilizzati nell’esercizio (come per il calcio).

La disponibilità di carboidrati, nella miscela di substrati metabolici, controlla il suo utilizzo come fonte energetica. A sua volta l’apporto di carboidrati ne influenza in maniera preponderante la disponibilità. Questa, in ultimo, regola la mobilizzazione dei grassi e il loro utilizzo come substrato energetico.

Alta vs. bassa intensità

 

Durante l’attività fisica di elevata intensità, fattori neuro-ormonali aumentano la liberazione di adrenalina, noradrenalina, glucagone, e inibiscono il rilascio di insulina. Ciò stimola la glicogeno fosforilasi che promuove glicogenolisi nel fegato e muscolo; ciò porta quindi alla conversione di glicogeno in glucosio e il suo utilizzo per l’esercizio.

Durante un esercizio aerobico intenso, al di là di qualsivoglia teoria che vedrebbe l’utilizzo di grassi come strategia elettiva nelle attività di lunga durata, il vantaggio di selezionare il metabolismo dei carboidrati si traduce sempre in un trasferimento di energia più rapido, persino doppio rispetto a quello dei grassi e proteine.

Durante un esercizio leggero o moderato (ricordo a tutti, le gare di endurance non si configurano in alcun modo in questa categoria), i grassi vanno a costituire invece il principale substrato energetico.

La stessa cosa succede in condizioni di attività prolungata, in caso di forte deplezione e svuotamento delle riserve muscolari ed epatiche di glicogeno.

L’intensità dell’esercizio però ne risente, in quanto tenderà comunque a diminuire in assenza di scorte di glicogeno. La riduzione di potenza è dovuta a meccanismi fisiologici evidenti, quali la minore velocità di produzione di energia ottenuta dalla ossidazione di acidi grassi.

 

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