Nell’ambito di alcune discipline sportive, con il termine di Repeated Sprint Ability (RSA) s’intende la capacità di effettuare sprint massimali alternati a periodi di recupero incompleti. Questi possono consistere in attività di bassa o moderata intensità.
Viene anche definita come l’abilità di produrre la miglior prestazione media su una serie di sprint (≤10 sec), separati da brevi (≤60 sec) periodi di recupero (Bishop et al., 2011).
Pertanto, la capacità di recuperare e riprodurre le prestazioni negli sprint successivi è un requisito di fitness importante per gli atleti impegnati in queste discipline.
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Cos’è la repeated sprint ability?
La definizione di attività di “sprint” si riferisce ad un breve esercizio di corsa lineare. In generale parliamo di uno sforzo ≤10 secondi, che può essere mantenuto quasi fino alla fine dell’esercizio.
Una durata più lunga di sprint lineare a intensità massimale, in cui vi è un decremento considerevole delle prestazioni, è indicato come esercizio “all-out”. Quando si ripetono gli sprint, invece, occorre fare una distinzione tra due diversi tipi di esercizio:
- “Intermittent Sprint Exercise” (ISE).
- “Repeated Sprint Exercise” (RSE).
L’esercizio di sprint intermittente (ISE) è caratterizzato da sprint di breve durata (≤10 secondi) intervallati da periodi di recupero abbastanza lunghi (60-300 secondi). In questo modo si ottiene il ripristino completo o quasi completo delle prestazioni.
Al contrario, con il termine RSE s’intendono degli sprint, sempre di breve durata (≤10 secondi), ma separati da brevi recuperi. Questi sono generalmente minori di 60 secondi.
La differenza principale è che nel primo caso si registra un limitato o nessun decremento della performance. Invece, nel secondo invece si assiste ad un marcato decremento della prestazione (vedi Figura 1).
Tale distinzione è importante in quanto i fattori che contribuiscono alla fatica sono diversi per questi due tipi di esercizio. La repeated sprint ability può essere quindi, definita ulteriormente come l’abilità di fornire prestazioni di sprint ripetuti con il minimo decremento della prestazione.
Quali fattori limitano la repeated sprint ability?
Sappiamo che le prestazioni nella maggior parte degli sport di squadra siano determinate da competenze tecniche e tattiche. Tuttavia, la repeated sprint ability è una componente fisica fondamentale della performance. Infatti, lo sviluppo della stanchezza negli sport di squadra, è stato collegato alla capacità di riprodurre sprint.
La fatica, infatti, contribuisce in maniera significativa al decremento della prestazione. Questa corrisponde ad una riduzione della capacità di ripetere sprint.
Essa si manifesta come un declino della velocità massima e media delle ripetizioni dello sprint. Altrimenti, possiamo osservare una riduzione nella massima potenza espressa, come ad esempio nel ciclismo. La fatica rappresenta quindi, uno dei maggiori fattori limitanti la repeated sprint ability.
Una migliore comprensione dei fattori che contribuiscono alla fatica durante la repeated sprint ability è probabilmente il primo passo per progettare interventi e programmi di allenamento. Questi potrebbero ritardare l’insorgenza della fatica, migliorare l’RSA e migliorare le prestazioni fisiche in partita.
Il ruolo dell’affaticamento
L’affaticamento può essere causato principalmente da fattori neurali e da fattori muscolari. Tuttavia non c’è un meccanismo globale responsabile di tutte le manifestazioni di affaticamento.
Dei primi fanno parte, in linea generale, l’incapacità di attivare completamente la muscolatura contratta, i cambiamenti nel reclutamento delle fibre e la possibile generazione di un comando motorio inadeguato nella corteccia cerebrale.
A livello muscolare, invece, i limiti nel rifornimento energetico, includono l’energia disponibile dall’idrolisi della fosfocreatina, la glicolisi anaerobica, il metabolismo ossidativo e l’accumulo di metaboliti all’interno delle fibre, come gli ioni idrogeno. Questi emergono come fattori chiave responsabili dell’affaticamento.
Altri fattori possono compromettere la resistenza alla fatica durante i protocolli di sprint ripetuti. Tra questi abbiamo la regolazione della stiffness (cioè la capacità reattivo-elastica del muscolo), l’ipoglicemia, i danni muscolari e le avversità ambientali (ad esempio il calore e l’ipossia).
Fattori neurali e repeated sprint ability
Lo sprint richiede notevoli livelli di attivazione neurale. Tra i vari meccanismi che determinano la repeated sprint ability, la capacità di attivare volontariamente tutta la muscolatura ed il reclutamento delle fibre muscolari, possono influire sulla resistenza alla fatica.
Quando la fatica è lieve (indice di fatica <10%), si ha un livello costante di attivazione neurale. Tuttavia, quando il livello di affaticamento è più consistente (>10%), si ha un calo delle prestazioni. In condizioni di notevole affaticamento (indice di fatica > 25%), quindi, l’incapacità di attivare completamente la muscolatura contratta, riduce la produzione di forza. Questo può diventare un fattore importante che limita le prestazioni durante la RSE.
Questi risultati hanno importanti implicazioni nel contesto degli sport con sprint ripetuti. Infatti, è noto come l’attivazione muscolare influenzi, tramite la fatica, il controllo senso-motorio della forza. A loro volta vengono influenzate negativamente le abilità sportive specifiche. Si aumenta così anche il rischio di infortunio (Kibler e Safran, 2000).
Altri fattori, tra cui la non ottimale attivazione dei muscoli agonisti e antagonisti (coordinazione inter-muscolare) e/o del reclutamento delle unità motorie possono limitare l’RSA. Ad esempio la diminuzione del reclutamento di fibre veloci. Infatti, una moltitudine di muscoli diversi devono essere attivati nei momenti ed alle intensità appropriate per massimizzare l’efficienza dello sprint.
I meccanismi della fatica neurale
I meccanismi che portano ad una diminuzione dell’attività dell’unità motoria del muscolo attivo, non sono ancora ben compresi. Tuttavia, è stato proposto che il SNC riceva input sensoriali da afferenze muscolari (es. fusi muscolari e organi tendinei del Golgi). In tal modo regola il tasso di accumulo di metaboliti legato all’affaticamento intramuscolare (ad es. H+ e fosfato inorganico). Ciò ha lo scopo di evitare lo sviluppo di affaticamento periferico oltre una determinata soglia individuale (Amann e Dempsey, 2008).
Un altro importante fattore di riduzione dell’attività dell’unità motoria è la riduzione della saturazione arteriosa di ossigeno e dell’ossigenazione cerebrale. In uno studio, 15 giocatori di calcio di livello nazionale hanno eseguito 20 sprint x 5 secondi (25 secondi di riposo) al cicloergmetro.
È stato osservato che la desaturazione arteriosa progressiva di O2 che si sviluppa attraverso le ripetizioni è fortemente correlata con le riduzioni del lavoro meccanico.
Questi risultati sono compatibili con quelli di numerosi esperimenti in vitro e in vivo. Questi dimostrano che l’eccitabilità della corteccia motoria e l’attività neuromuscolare sono influenzate dalla disponibilità di ossigeno.
Fatica neurale e repeated sprint ability
Dopo intense contrazioni, a livello del muscolo scheletrico, si hanno dei marcati cambiamenti ionici. Essi sono dovuti alla diminuzione dell’attività della pompa sodio (Na+) – potassio (K+).
Queste modificazioni compromettono l’eccitabilità della membrana cellulare. Inoltre diminuiscono lo sviluppo della forza, probabilmente mediante una lenta inattivazione dei canali del sodio. Tali fenomeni si manifestano indirettamente mediante una riduzione dell’ampiezza del potenziale d’azione e un rallentamento della conduzione dell’impulso.
Fattori muscolari e repeated sprint ability
Il contributo dei sistemi energetici varia a seconda della durata degli sprint (vedi Tabella 1 e Figura 2). Ciò può determinare delle limitazioni nella repeated sprint ability.
Tabella 1. Contributo dei sistemi energetici in base alla durata degli sprint (Hultman e Sjoholm, 1983; Gaitanos et al., 1993; Medbo et al., 1999)
Figura 2. Grafico del contributo dei sistemi energetici in base alla durata degli sprint (Hultman e Sjoholm, 1983; Gaitanos et al., 1993; Medbo et al., 1999)
Metabolismo anaerobico alattacido
La fosfocreatina rappresenta la riserva più immediata per la rifosforilazione di adenosina trifosfato (ATP). La capacità di risintetizzare la fosfocreatina è un importante fattore determinante la capacità di ripetere sprint. Infatti i brevi tempi di recupero tra gli sprint ripetuti portano solo ad un parziale ripristino delle riserve di fosfocreatina.
Essendo richiesto un alto tasso di utilizzo e risintesi di ATP, dopo uno sprint massimale di 6 secondi, i depositi di fosfocreatina, possono essere ridotti del 35-55% rispetto al livello di riposo. Inoltre, il recupero completo può richiedere più di 5 minuti. Si ha quindi una diminuzione del contributo assoluto della fosfocreatina alla produzione totale di ATP, ad ogni scatto successivo (vedi Figura 3).
Le prestazioni, dunque, durante questo tipo di lavoro possano essere sempre più limitate dalla disponibilità di fosfocreatina.
Figura 3. Concentrazione di fosfocreatina (PCr) prima e dopo il primo e l’ultimo sprint di un sprint ripetuto di 10 x 6 sec (con 30 sec di recupero tra gli sprint) su un cicloergometro.
Metabolismo anaerobico lattacido
L’ampio calo della fosfocreatina intramuscolare, insieme all’aumento simultaneo di fosfato inorganico e dell’adenosina monofosfato (AMP), stimola la rapida attivazione della glicolisi anaerobica. Essa rappresenta una fonte importante di ATP durante lo sprint. Negli sprint successivi, tuttavia, c’è una drastica diminuzione della produzione di ATP attraverso la glicolisi anaerobica. Ciò è stato attribuito all’acidificazione risultante dalla degradazione anaerobica del glicogeno negli sprint iniziali.
La glicolisi anaerobica fornisce circa il 40% dell’energia totale durante un singolo sprint di 6 secondi. Riscontriamo una progressiva diminuzione della stessa (fino ad arrivare al 9%) quando gli sprint vengono ripetuti (vedi Figura 4).
Figura 4. Cambiamenti nel metabolismo energetico, durante un RSE, nel primo (a) e nell’ultimo (b) sprint di un RSE: 10×6” con recupero di 30” (Gaitanos et al., 1993)
Gli individui che hanno riportato il più alto tasso glicolitico durante il primo sprint, hanno avuto i maggiori decrementi nella potenza, sviluppata durante la RSE. Si potrebbe sostenere dunque che l’allenamento che aumenta la capacità di fornire ATP da glicolisi anaerobica sia svantaggioso per l’RSA. Tuttavia, è anche necessario considerare che i soggetti con una maggiore velocità di degradazione del glicogeno hanno anche avuto una maggiore prestazione iniziale di sprint. Pertanto l’aumento del contributo anaerobico può migliorare sia le prestazioni iniziali e medie dello sprint, sia la capacità di eseguire sprint ripetuti.
Glicolisi anaerobica e repeated sprint ability
La glicolisi anaerobica porta all’acidificazione e quindi all’aumento di metaboliti. I considerevoli aumenti nel muscolo e nel sangue di ioni idrogeno (H+) che si verificano durante l’RSE possono influenzare le prestazioni di sprint. Ciò è possibile attraverso effetti avversi sul meccanismo contrattile e/o attraverso l’inibizione di ATP derivante dalla glicolisi. Tale meccanismo è probabilmente dovuto ad effetti negativi sulla fosfofruttochinasi e sul glicogeno fosforilasi. L’RSA può essere quindi migliorata con interventi che possono aumentare la rimozione di H+ dal muscolo.
Un altro metabolita come il fosfato inorganico, può compromettere il meccanismo di accoppiamento eccitazione-contrazione. Questo consiste nei meccanismi che connettono la depolarizzazione sarcoplasmatica alla liberazione di calcio.
Essi contribuiscono all’affaticamento durante l’RSE. Infatti alcuni studi hanno riportato che il picco più basso della forza di contrazione è stata osservata seguendo due diversi protocolli di sprint ripetuti. Esso suggerisce che le proprietà contrattili dei muscoli attivi erano diventate meno ottimali dopo le ripetizioni.
Metabolismo aerobico
Una maggiore resistenza alla fatica durante gli sprint ripetuti è data da diversi adattamenti fisiologici legati al metabolismo aerobico. A ciò contribuiscono:
- una maggior capacità respiratoria mitocondriale.
- una più veloce cinetica di assorbimento dell’ossigeno.
- una maggior velocità di riossigenazione del muscolo dopo lo sprint.
- una soglia del lattato più alta.
- un VO2max più alto.
Quest’ultimo è il fattore più studiato. Sembra infatti essere moderatamente correlato con la repeated sprint ability, sia nello sprint medio che nel decremento dello sprint.
Nel dispendio energetico totale, il contributo della fosforilazione ossidativa, durante un singolo sprint di breve durata, è limitato (<10%). Man mano che gli sprint vengono ripetuti, il livello di ATP fornito dal metabolismo aerobico, aumenta progressivamente fino ad arrivare al 40% della fornitura totale di energia (vedi Figura 4). Gli atleti possono anche raggiungere il loro VO2max durante le ultime ripetizioni dell’RSE (vedi Figura 5).
Figura 5. Quando gli sprint vengono ripetuti, aumenta il contributo aerobico ai singoli sprint. La linea tratteggiata rappresenta il massimo consumo di ossigeno (VO2max) (McGawley e Bishop, 2008). AOD = accumulo del deficit di ossigeno VO2 = consumo di ossigeno
Quindi il contributo aerobico durante l’RSE può essere limitato dal VO2max. Per cui, l’aumento di quest’ultimo, può ridurre al minimo l’affaticamento durante gli ultimi sprint. Inoltre l’aumento del contributo aerobico riesce parzialmente a compensare la riduzione dell’efficienza del meccanismo anaerobico lattacido.
L’ipotesi del VO2max
Questa ipotesi può spiegare perché soggetti con un VO2max maggiore, riescano a mantenere un’elevata potenza durante un RSE. Ciò è supportato da correlazioni significative tra il VO2max e gli indici di fatica (FI). Questo non è un risultato universale. Tuttavia, con altri autori che riportano correlazioni da basse a non significative tra VO2max e FI durante RSE. Pertanto, potrebbe essere più importante sviluppare un VO2max “ottimale”, piuttosto che massimale. Sono necessarie ulteriori ricerche per determinare quale sia il livello appropriato di VO2max. Vanno stabiliti anche se ulteriori aumenti possano essere accompagnati da miglioramenti comparabili nella RSA. In realtà non è solamente la capacità del sistema cardiorespiratorio di fornire ossigeno ai muscoli coinvolti (cioè i fattori centrali). Vi contribuiscono anche fattori periferici. Essi possono limitare il VO2max e di conseguenza l’RSA.
Altre misure indirette della capacità ossidativa muscolare, come la cinetica del consumo di ossigeno e la velocità di insorgenza dell’accumulo di lattato nel sangue sono correlate all’RSA. Per esempio, i soggetti con più veloce cinetica di VO2 durante l’esercizio ad altissima intensità sono quelli con il più basso decremento di sprint durante un test di sprint ripetuto.
Infine due studi hanno dimostrato che l’aumento della deossi-emoglobina muscolare generata dalle ripetizioni dello sprint rimane piuttosto costante. Ciò indica che nonostante una progressiva deossigenazione, la capacità dei soggetti di utilizzare l’ossigeno disponibile durante la RSE può essere ben preservata. Quindi, il tasso di riossigenazione muscolare durante i periodi di recupero tra gli sprint è un importante fattore limitante la RSA.
Quali altri fattori contribuiscono alla repeated sprint ability?
Altri fattori responsabili del decremento della prestazione sono:
- modalità dell’esercizio.
- intensità durata e numero di ripetizioni degli sprint.
- tempi e modalità di recupero, posizione in campo.
- attività precedente.
- sprint iniziale.
- livello di competizione.
- momento della giornata.
- età e sesso.
Le cause della fatica dipendono spesso dalla modalità di esercizio (la cosiddetta “task dependency”). Differenti compiti motori alterano il corso e l’ampiezza dello sviluppo della fatica durante l’RSE. Tra questi abbiamo la corsa in linea, a navetta ed i cambi di direzione, oppure le variazioni nel numero di ripetizioni e nei tempi di recupero. Il grado di affaticamento sperimentato durante la RSE è quindi influenzato dal tipo di attività che viene eseguito. Dunque, analizzando i test di resistenza alla fatica nel ciclismo e nella corsa si osserva che il decremento durante i protocolli di sprint ripetuti alla bicicletta (10-25%) è stato maggiore di quello per i protocolli di corsa (5-15%).
Lo sviluppo della fatica durante RSE dipende quindi dal carico resistivo. Questo è di tipo meccanico (vento o resistenza elettromagnetica) o derivante dalla superficie di corsa (ad esempio pista coperta o campo di calcio all’aperto).Anche dal tipo di lavoro, cioè numero di ripetizioni e durata dei periodi di lavoro e dal recupero, contribuiscono.
Recupero attivo o passivo
Un recupero attivo o passivo, la durata e l’intensità del recupero tra gli sprint, comportano modificazioni fisiologiche e gradi di affaticamento differenti. L’esecuzione di un recupero attivo rispetto a quello passivo è generalmente associata a un più alto grado di sviluppo della fatica.
È anche vero però, che recuperi attivi a bassa e moderata intensità (rispettivamente il 20% e il 35% del massimo consumo di ossigeno) hanno effetti simili ad un recupero passivo.
Un importante fattore determinante per lo sviluppo della fatica durante la RSE è lo sprint iniziale. Esso è stato correlato con il decremento delle prestazioni rispetto agli sprint successivi.
Lo sprint
È stato osservato infatti, che i soggetti con una maggior prestazione iniziale di sprint, hanno avuto maggiori incrementi nei metaboliti muscolari, derivanti da un maggiore contributo anaerobico. Questo a sua volta è appunto correlato a maggiori decrementi di prestazioni. Sono state anche osservate significative riduzioni degli sprint e delle azioni di corsa ad alta intensità verso la fine delle partite di calcio.
La fatica provata durante la RSE sembra essere influenzata anche dall’attività precedente. Svolgere prima un esercizio ad alta intensità può compromettere la repeated sprint ability, come ad esempio un insieme di sprint ripetuti, provocando la perdita di potenza muscolare durante una successiva prova di sprint ripetuti. Inoltre uno studio condotto su giocatrici della Danish Premier League femminile, ha evidenziato come prestazioni ripetute di sprint di 30 m sono compromesse in seguito a una partita di calcio.
È stato anche studiato l’effetto dell’ora del giorno sull’RSA. La potenza muscolare sviluppata durante il primo sprint è stata maggiore nel pomeriggio, rispetto al mattino. Ciò ha portato a una diminuzione più netta delle prestazioni, senza differenze significative nel lavoro totale.
Mattina o pomeriggio? Influenza sull’RSA
Un maggiore decremento nel pomeriggio potrebbe essere interpretato come una compromissione della RSA. Tuttavia, la potenza erogata durante gli sprint finali non era significativamente diversa tra le condizioni del mattino e quelle del pomeriggio. Quindi, il più alto decremento nel pomeriggio è semplicemente la conseguenza del maggior rendimento iniziale. Un decremento maggiore di sprint non può sempre essere interpretato come un RSA peggiore. Ciò evidenzia ulteriormente la necessità di interpretare attentamente i dati risultanti.
Altri fattori, come il sesso, lo stato di allenamento, la temperatura esterna e la posizione di gioco nel calcio possono influenzare la RSA. In generale, essere donne, giovani o aerobicamente allenati è stato associato ad un decremento minore della prestazione.
Nicola Pennazzi
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