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Ciclismo: intensità di gara

Le intensità nella pedalata durante le gare o gli allenamenti sono aspetti fondamentali per delineare un forte ciclista. Inoltre, le intensità risultano fondamentali per programmare in maniera corretta l'allenamento.

Luca Venturi by Luca Venturi
20/04/2021
in Articoli sulle Performance
4 min read
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Per capire anche qui il perché andrebbero affrontati allenamenti diversificati con esercizi funzionali, osserviamo la prestazione fisiologica del ciclista, partendo da parametri noti.

I ciclisti d’élite hanno un alto VO2max, superiore a 70 – 80 ml/kg/min e una soglia del  Massimo Lattato Stazionario a circa il 90% del VO2max.

Nella MTB il picco di potenza  (WPPO) maggiore di 5,5 W/kg è considerato un elemento predittore della performance. In questo articolo, con Luca Venturi, analizzeremo gli aspetti particolare del modello di prestazione delineando le intensità di gara e di allenamento.

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Indice dei contenuti

  • L’intensità nel ciclismo
    • L’allenamento della forza nel ciclismo
    • Velocità e intensità esecutiva nel ciclismo
  • Come valutare l’aspetto tecnico e quelli muscolari nel ciclismo
  • I muscoli attivi nel ciclismo

L’intensità nel ciclismo

Le  tecniche respiratorie (9) sono sempre più applicate (campo questo purtroppo ancora poco  considerato in realtà in molte discipline e sport), soprattutto per ottenere marginal gains  maggiori (termine coniato per la prima volta nel 1886 da Wilhelm Steinitz; questo  approccio è un sistema metodico di identificazione delle aree in cui piccoli miglioramenti  potrebbero essere raggiunti e quindi combinati per ottenere un vantaggio).

Con ciò basti  considerare che il costo energetico è quantificato nel 15% del VO2max e durante il gesto  intenso i muscoli respiratori non allenati vanno incontro a maggior sofferenza con  conseguente ridotto flusso alla muscolatura. Essere poi in grado di esprimere Watt  (Wpeak) rappresenta l’espressione di efficenza neuromuscolare della potenza durante  esercizio.

L’allenamento della forza nel ciclismo

Negli anni ci sono evidenze che hanno attestato l’esistenza di adattamenti  neurali e strutturali dopo allenamenti di forza della muscolatura coinvolta nello sport  specifico e hanno evidenziato come due sessioni di allenamento a settimana, concepite  come un programma giornaliero periodizzato, bastino per ottenere un aumento sufficiente  della forza in un periodo di 12 settimane.

È consigliabile prima imparare la tecnica di  sollevamento con carichi leggeri e successivamente sviluppare un allenamento che  preveda tra 4 RM e 10 RM e 2-3 serie con circa 2-3 minuti di riposo tra le serie (10). Come  primo fattore bisogna imparare la tecnica di sollevamento adeguata, per passare al vero  allenamento; inoltre è importante accostare all’allenamento di forza un allenamento di  resistenza durante le prime 2-3 settimane, che sia leggero.

L’allenamento di forza  andrebbe condotto in fase iniziale alla preparazione, mentre durante la stagione agonistica  o nei periodi di allenamento di resistenza vera, lo sviluppo della forza non ha la priorità,  ma va mantenuta una sessione di allenamento di forza a settimana (volume basso) ad alta  intensità, che serve a mantenere i precedenti adattamenti di allenamento della forza (11,  12).

Per prestazioni ciclistiche è preferibile un allenamento di forza con sovraccarichi con la  massima velocità durante la fase concentrica e qui trova spazio la spiegazione dello  sviluppo neurmosucolare, cioè attraverso l’attivazione posticipata di fibre di tipo II, la  conversione delle fibre di tipo IIX a contrazione rapida, in tipo IIA più resistenti alla fatica  e miglioramento conseguente della stiffness muscolo-tendinea (13). 

Tabella 1: effetti dell’allenamento della forza massimale ed esplosiva sulle prestazioni di  resistenza (da Rønnestad B.R., Mujika I., Optimizing strength training for running and  cycling endurance performance: A review Scand. J. Med. Sci. Sports 2013, p.6) 

Velocità e intensità esecutiva nel ciclismo

Il concetto di velocità e intensità esecutiva trova supporto in evidenza scientifica dell’allenamento HIIT, infatti numerosi studi hanno confrontato l’allenamento a intervalli ad  alta intensità con altri tipi di allenamento nell’apporto di adattamenti di forza negli sport di  endurance e nel ciclismo.

Ronnestad e altri (14), hanno dimostrato come allenamenti  intervallati ad ad alta intensità brevi rispetto al protocollo ad intervalli lunghi creino  adattamenti superiori.

Seiler e altri (15), hanno dimostrato nello specifico come questo  accada in misura maggiore con un allenamento HIIT di 30’ di lavoro al 90% di FC max.  Dunque c’è la dimostrazione che attraverso lavori intensi si possano migliorare gli aspetti  glicolitici e ossidativi. Inoltre si è visto come nella MTB il ciclista con una storia di  allenamento ad alto volume ad alta intensità può indurre adattamenti positivi delle  prestazioni che riducono pure il danno muscolare e consentono una maggiore produttività  e recupero (16). 

Beattie e altri (17), affermano che adattamenti forza-velocità muscolari in sport di  endurance dipendono dalla durata del programma di forza, dal livello di forza del soggetto  e dagli esercizi somministrati. Per miglioramenti a lungo termine in atleti di resistenza  deboli o non allenati, dimostrano che un programma generale orientato alla forza massima  può inizialmente essere il metodo più appropriato ed efficiente per migliorare la forza, la  potenza e la reattività massime alla capacità di resistenza.

Gli atleti di resistenza con  capacità ad alta forza potrebbero aver bisogno di porre maggiormente l’accento  sull’allenamento specifico per la forza esplosiva e reattiva per ottenere ulteriori  miglioramenti nelle prestazioni.

Tuttavia gli stessi autori suggeriscono che sono necessarie  ulteriori ricerche che dovrebbero includere valutazioni valide della forza (ad esempio squat,  jump squat, drop jumps), attraverso una gamma di velocità (forza massima, forza-velocità,  velocità-forza, forza reattiva) e gestire una programmazione appropriata (esercizio, carico  e velocità) per un periodo di intervento a lungo termine (6 mesi) per un trasferimento  ottimale alle prestazioni.

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Come valutare l’aspetto tecnico e quelli muscolari nel ciclismo

Il ciclismo su strada e fuoristrada richiede capacità di salita delle pendenze, di discesa  delle stesse e di percorrenza in pianura. Le uscite in montagna richiedono una scalata  della durata variabile tra 30 o 60 o più minuti.

Durante la salita il ciclista deve affrontare e  deve superare la forza di gravità e la resistenza indotta dalla gravità della massa corporea.  In risposta alla maggiore resistenza, i ciclisti passano spesso dalla posizione seduta  convenzionale alla posizione in piedi, per più volte, ma questo quanto è dispendioso? Millet  e altri (18), hanno dimostrato che le caratteristiche tecniche della posizione in piedi,  rispetto alla posizione seduta possono influenzare le risposte metaboliche e hanno  scoperto varie questioni.

al punto di vista della efficienza della potenza di pedalata ed  economia del gesto i risultati erano simili in ciclisti allenati alla intensità submassimale,  mentre frequenza cardiaca (FC) e ventilatoria (VE) sono risultate più alte nella posizione in  piedi, rispetto a quella seduta. Inoltre durante uno sprint massimo di 30 secondi, la  potenza erogata è risultata maggiore del 25 – 30% nella posizione in piedi, rispetto a  quando il ciclista era seduto.

La cadenza della pedalata era di circa 60 rpm, sia in  posizione seduta che in piedi durante la salita, rispetto alle 90 rpm circa che esprime un  ciclista di livello. Questo studio era limitato ad una singola pendenza e a una breve durata,  pertanto resta da studiare la combinazione di velocità, pendenza e durata che favorirebbe  la salita in posizione seduta o in piedi.

Il ciclista inoltre può generare un’elevata velocità in salita di circa 20 km/h, usando  rapporti agili (39 × 23-27) e cadenze elevate (≥ 90 rpm) ma la maggior parte dei ciclisti  sceglie di alzarsi dalla sella e spingere rapporti più duri (39 × 17-21) a cadenze  relativamente basse, mentre altri ancora rimangono in sella e spingono rapporti comunque  duri.

Si è notata una differenza significativa nella cadenza e nell’uso dei rapporti tra ciclista  amatoriale e professionista, che pedala molto più stabile e composto (19).

Se osserviamo  “lo stare in piedi sui pedali” va a modificare il range di movimento dell’articolazione  dell’anca e il centro di massa corporea durante la pedalata (20, 21) e ciò produce una  generazione di forza e dunque una attivazione muscolare diversa e anche una  combinazione d’uso dei muscoli stessi, rispetto allo “stare seduti”, oltre a cambiamenti  nella direzione della forza applicata al pedale.  

I muscoli attivi nel ciclismo

Durante la salita l’attività del grande gluteo, la cui funzione è l’estensione dell’anca, è  maggiore rispetto a quando il ciclista si trova seduto in sella, mentre il vasto laterale è  attivo più a lungo nella fase di spinta, di potenza dunque, quando ci si sposta da seduto a  in piedi, durante una salita (22) e aiuta a migliorare la stabilità pelvica (23). Con un  passaggio dalla posizione seduta a quella in piedi si verifica una netta alterazione  dell’angolo pelvico seguita da un aumento dell’attività muscolare del grande gluteo.

La posizione più avanzata dell’articolazione dell’anca rispetto al perno delle pedivelle, riduce la  distanza parallela tra l’articolazione dell’anca e il punto di applicazione della forza sul  pedale e dunque questa posizione riduce il braccio del momento della forza verticale del  pedale in relazione all’asse dell’articolazione dell’anca (23). Caldwell e altri (20) hanno  osservato che questa forza verticale è la componente principale della forza di reazione del 

pedale, mentre si sta in piedi. Il retto femorale diventa attivo per una durata più lunga in  piedi a differenza della posizione seduta, così come il vasto laterale, mentre il soleo  aumenta la flessione plantare della caviglia. È anche interessante notare che tre muscoli, il  bicipite femorale, il gastrocnemio e il tibiale anteriore sembrano avere simili attività sia in  sella che in piedi (24, 25).  

È stato dimostrato che lo schema di attivazione dei muscoli mono e bi-articolari ha diversi  modi di agire, rispetto alle condizioni di pedalata seduti e in piedi in salita e si ritiene che  ciò sia attribuibile al fatto che i muscoli mono-articolari contribuiscono al lavoro  positivo, mentre i muscoli bi-articolari controllano la direzione della forza applicata al  pedale (23, 26).  

Figura 3: visione schematica d’insieme dei gruppi muscolari attivi durante la pedalata.

Il passaggio da una posizione seduta a una posizione in piedi sui pedali durante il l’attività  ciclistica modifica l’entità e l’azione di diversi gruppi muscolari, la cui funzione è quella di  fornire la massima forza ai pedali. In piedi l’attività del grande gluteo è maggiore,  l’attivazione del vasto laterale è precedente e la sua durata è più lunga e allo stesso modo  il retto femorale aumenta la durata di tale attività, il soleo aumenta la flessione plantare  della caviglia e un’attività simile si osserva per il bicipite femorale, per il gastrocnemio e il  tibiale anteriore per la posizione seduta e in piedi.

Tuttavia nei ciclisti ben allenati e nei limiti delle attuali indagini, l’economia e l’efficienza della pedalata in salita da seduto non  sono diverse rispetto alla salita affrontata in piedi sui pedali e sono dunque necessarie  ulteriori ricerche per ampliare la nostra conoscenza di quelle variabili che influenzano le  prestazioni in bicicletta in salita (27).

Nel prossimo articolo guideremo il lettore nella strutturazione di un programma di allenamento funzionale globale, secondo le linee guide della letteratura scientifica.

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