La dieta a zona è certamente uno dei “protocolli alimentari” più conosciuti e praticati.
Divulgata da Barry Sears, di cui parleremo in seguito, non nasce di principio come una dieta dimagrante. L’obiettivo è infatti quello di migliorare lo stato di salute, e per questo presupposto è stata creata.
Che poi dimagrendo, a prescindere dal modo in cui lo si fa, si migliora lo stato di salute, è un’altra questione.
Indice dei contenuti
I principi fondamentali della dieta a zona
Come dicevamo nell’introduzione, la dieta a zona nasce con l’obiettivo di migliorare la salute delle persone.
Il principio della cosiddetta “zona” è infatti un ipotetico stato di equilibrio ormonale in cui dovrebbe trovarsi l’insulina rispetto al glucagone e in generale agli ormoni suoi antagonisti.
I punti fondamentali alla base dell’adozione della dieta a zona sono:
- i macronutrienti si trovano in ogni pasto in una determinata proporzione, la famosa “40-30-30”.
- si consumano almeno 5 pasti al giorno
- frutta e verdura costituiscono le fonti principali di carboidrati
Il 40-30-30: il blocco nella dieta a zona
Come dicevamo, il rapporto tra i macronutrienti dovrà sempre essere attorno alle percentuali di 40% carboidrati, 30% proteine, 30% grassi. E’ necessario fare pasti frequenti, mantenendo negli stessi queste proporzioni tra i macronutrienti.
L’obiettivo secondo Barry Sears dovrebbe essere quello di influire sul metabolismo attraverso il cibo, inducendo risposte ormonali differenti a seconda degli alimenti che si assumono.
L’importante è mantenere l’equilibrio ormonale (grazie al rapporto 40-30-30). In tal modo si possono modulare positivamente altri importanti ormoni come gli eicosanoidi, che hanno effetti positivi nel nostro organismo.
Barry Sears e la storia della dieta a zona
Barry Sears è un biochimico americano, che ha lavorato per anni al MIT, dopo aver studiato presso l’University of Virginia School of Medicine e la Boston University School of Medicine.
“The zone: a dietary road map”, il suo primo testo riguardante la dieta a zona, uscì nel 1995. In esso Barry Sears propone un approccio per la regolazione degli eicosanoidi e la diminuzione dell’infiammazione sistemica nell’organismo. Secondo Sears, e non solo, esiste una relazione stretta fra infiammazione e dieta, e sappiamo oggi come moltissime patologie croniche siano legate a questo primo fattore.
Abbiamo già accennato come la dieta a zona si proponga proprio di diminuire l’infiammazione attraverso la regolazione ormonale. Gli studi di Sears nascono da “una storia familiare”. Quasi tutti i suoi familiari morirono di infarto o avevano sviluppato patologie cardiache. Di fatto, questa (non poi così tanto) curiosa casualità spinse l’autore a ricercarne le cause sistemiche e a “scoprire” la dieta a zona.
Il ruolo del cibo
Le ricerche di quegli anni sul ruolo degli acidi grassi, gli eicosanoidi e in generale il ruolo di alcuni nutrienti sull’infiammazione e lo sviluppo di alcune patologie portarono Sears ad un primo fondamentale assunto.
Il cibo è, secondo l’autore, la forma meno invasiva di somministrazione di acidi grassi essenziali. Il concetto di acido grasso essenziale venne introdotto nel 1929 da Burr. Come sappiamo, questi devono essere introdotti poichè il nostro organismo è incapace di sintetizzarli autonomamente. Non approfondiremo l’argomento e a questo scopo vi invitiamo alla lettura dell’articolo sui grassi e il loro ruolo nell’organismo, qui.
Ci basti sapere come alcuni acidi grassi essenziali, tra cui acido linoleico e alfa-linolenico sono precursori per la sintesi degli eicosanoidi. Questi, in particolare, derivano dall’acido arachidonico. Cerando di riassumere il più possibile, parlando di queste sostanze ci riferiamo, in ultima analisi, a leucotrieni, trombossani e prostaglandine.
Eicosanoidi “buoni” e “cattivi”: il ruolo della dieta a zona
Tutti dovremmo conoscere il ruolo di queste sostanze nel nostro organismo, così come della distinzione classica tra eicosanoidi “buoni” e “cattivi”.
In linea di massima, la letteratura scientifica divide appunto queste sostanze in due categorie distinte. E’ però, a mio avviso, impreciso fare una così netta distinzione in quanto tutti sono necessari al corretto funzionamento dell’organismo. E’ vero però che vi debba essere un equilibrio tra essi.
Questo deriva, in ultima analisi, da quanti e quali grassi assumiamo nella nostra dieta, anche se parliamo di acidi grassi essenziali. Già, perchè non distinguere tra omega 3 e omega 6 è concettualmente errato. Il rapporto ideale tra omega 6 e omega 3 dovrebbe essere, a favore dei primi tra 2:1 e 4:1. Purtroppo le diete moderne occidentali lo accrescono, spesso, anche fino a 13:1.
Dieta a zona e omeostasi dell’organismo
Secondo Barry Sears, riuscire a mantenersi all’interno della “zona”, permette al corpo di funzionare al massimo delle sue potenzialità. In questo range infatti dovrebbe essere attenuato al massimo il senso di fame, e allo stesso tempo le energie sono al livello più alto.
Ecco perchè è così importante mantenere le giuste proporzioni tra i macronutrienti ogni volta che si assume cibo. Il “blocco” noto ai praticanti della dieta a zona o chi l’ha studiata è appunto il 40-30-30.
Secondo Sears mangiare alimenti grassi non è ciò che fa ingrassare. Bensì, è l’eccesso di carboidrati a provocare l’aumento di peso. Il biochimico è stato tra i primi ad insistere sulla differenza che esiste tra perdere peso e perdere massa grassa, e come non basi ridurre le calorie per dimagrire. Le diete basate sulla riduzione della varietà di cibi e la limitazione estrema delle calorie falliscono.
Mangiare meno e non dimagrire?
Diciamo che, se da un punto di vista concettuale il ragionamento di Sears è interessante, non è corretto al 100%. Gli va riconosciuto il merito di aver insistito sulla giusta (inteso in senso lato) proporzione tra gli alimenti, e che non basta ridurre le calorie per avere un “buon” dimagrimento.
Ma, in senso generale, è proprio la riduzione dell’apporto calorico a far perdere peso. Inoltre, a parità di calorie, un apporto energetico shiftato verso i carboidrati è metabolicamente più vantaggioso. (Clicca qui se vuoi approfondire l’argomento con il Webinar “High fat vs high carbs in soccer”).
Sears demonizza eccessivamente i carboidrati ed il ruolo dell’insulina. Non è possibile ridurre il problema all’eccesso di pasta e pane. Allo stesso tempo è sbagliato affermare che l’unico protocollo alimentare in grado di provocare il dimagrimento, e soprattutto non far riacquisire il peso perso, è quello della dieta a zona.
I blocchi e l’impostazione della dieta a zona
Le regole alla base della dieta a zona sono, secondo Barry Sears, le seguenti:
- calcolare il fabbisogno proteico
- assicurarsi che i blocchi di proteine e carboidrati siano in rapporto fisso ad ogni passo (4g di carbo per 3g di proteine)
- distribuire in 5 pasti, 3 principali e 2 spuntini, l’apporto calorico quotidiano
- non far trascorrere più di 5 ore tra i pasti
- scegliere alimenti proteici a basso tenore di grassi
- scegliere carboidrati principalmente da frutta, verdure, e alimenti in generale ricchi di fibte
- bere 250ml di acqua ad ogni pasto
Dal calcolo del fabbisogno proteico otterremo il numero di blocchi da distribuire all’interno della giornata. Ogni blocco è composto da 3 miniblocchi: 1 di proteine (7g), 1 di carboidrati (9g) e uno di grassi (3g). Un blocco è quindi costituito, di base, da 91kcal. Ogni pasto non deve superare 500kcal. Se l’apporto energetico è molto alto di conseguenza, sarà necessario aumentare il numero di pasti. Nessuna dieta dovrebbe comprendere meno di 11 blocchetti di proteine.
Esistono alimenti migliori o peggiori?
Esistono degli alimenti da prediligere, o evitare, secondo Sears? In linea di massima, non per le proteine, e per nessun alimento a dir la verità.
Tuttavia, considera degli alimenti da mangiare con più moderazione, almeno per quanto riguarda i carboidrati. Egli li divide in favorevoli (non raffinati e con molte fibre) e sfavorevoli (alto indice glicemico e densità energetica).
Vanno evitati l’eccesso di grassi saturi e cibi ricchi di acido arachidonico. A dir la verità, niente di diverso dalle indicazioni generali di qualsiasi corretto stile di vita.
In sintesi: perchè la dieta a zona funziona
Principalmente, perchè fornisce delle indicazioni e proporzioni su cui creare il proprio piano alimentare. Inoltre, pur non essendo un “fan” dei carboidrati, rispetto a tante diete in voga che si sono succedute negli anni (Lemme, Dukan, Atkins e così via), non elimina questo fondamentale macronutriente dalla dieta.
In tal modo, il “magico 40-30-30” e la teoria dei blocchi permette un approssimativo bilanciamento energetico anche senza un conteggio calorico diretto.
Le proporzioni fisse in questo senso costituiscono un vincolo che di fatto limita le calorie anche senza che esse vengano conteggiate separatamente per ogni macronutriente.
In sintesi: perchè la dieta a zona non funziona
Non è corretto dire che la dieta a zona non funziona. Più o meno come ogni regime dietetico, se applicato correttamente (ossia, stando in ipocalorica), funziona.
La dieta a zona ha il vantaggio di mantenere in un certo equilibrio il rapporto tra i macronutrienti; può non essere davvero il più vantaggioso a livello prestativo, ad esempio, ma certamente in ottica di dimagrimento abbiamo visto come crei un certo vincolo che porta al risultato che si ricerca.
Lo svantaggio, appunto, sta proprio in questo vincolo che limita di fatto il concetto di flessibilità dietetica. Se da un lato è di semplice adozione, dall’altro è “stringente”; per alcuni soggetti può non essere la scelta migliore.
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