Il recupero nello sport

Il recupero è uno dei fattori, ancora oggi, più sottovalutato nell'allenamento sportivo. Soprattutto i professionisti, a causa degli impegni ravvicinati e l'alto numero e intensità di allenamento, hanno bisogno di un recupero strutturato e programmato.
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Una delle sfide in tutti gli sport, e soprattutto nell’endurance, è quella di convincere l’atleta a eseguire settimane o giorni di recupero parziale, o scarico. Ancora più difficile è convincere l’atleta ad eseguire giorni di riposo completo. Negli anni sono state trasmesse agli atleti convinzioni errate. Oggi cercheremo di fare un po’ di chiarezza.

Quando parliamo di allenamento, di carichi e di recupero dobbiamo avere ben chiari alcuni princìpi fondamentali.

Eseguire periodi di tapering o scarico è fondamentale per permettere al nostro corpo di recuperare dal carico (esterno ed interno) somministrato e creare quel effetto chiamato supercompensazione.

Se sei interessato a questo argomento, leggi anche gli articoli sulla fatica nel calcio e il recupero (parte 1 e parte 2).

Recupero e carico di allenamento

 

Il carico rappresenta l’insieme di sollecitazioni, fisiologiche e psicologiche, che determinano gli adattamenti funzionali dell’individuo. Il carico di allenamento varia da una sessione all’altra e da una settimana all’altra. Quindi, è opportuno sapere quando proporre carichi intensi o meno in base all’adattamento che si vuole ottenere. Dobbiamo infine considerare il periodo della stagione in cui ci troviamo.

A volte il carico di allenamento delle sessioni deve essere elevato. Di conseguenza, l’atleta sarà spesso stanco. Per questo motivo gli allenamenti pesanti sono alternati da giorni di riposo e recupero. Questi sono necessari in quanto è durante questi periodi che si verifica l’effettivo incremento della forma fisica. Ciò infatti, avviene sulla base del potenziale prodotto da un carico di allenamento elevato.

Questo processo di alternanza fra stress e recupero è necessario per migliorare la forma fisica. L’adattamento corporeo a un’accresciuta forma fisica risultante da questa alternanza è noto come supercompensazione.

 

Cos’è la supercompensazione

 

La supercompensazione non è un processo forzato. Non può essere velocizzata. Infatti, segue un ritmo naturale imposto dalla gestione individuale dell’alternanza “lavoro-recupero”.

Al fine di stimolare i processi di adattamento e supercompensazione, il carico di allenamento deve essere stressante. Quindi, deve alterare la condizione di equilibrio dell’organismo. Allenamenti troppo blandi o sempre uguali rischiano, nel tempo, di essere inutili. Questi infatti, non superano quella determinata e soggettiva soglia di attivazione dei processi di adattamento e supercompensazione.

La supercompensazione quindi non è altro che un processo di adattamento dell’organismo ad un determinato stimolo allenante. Il tutto si basa sullo stato di equilibrio dinamico chiamato omeostasi. Essa regola tutte le attività del nostro corpo. Quando ci alleniamo inneschiamo una serie di reazioni e riposte all’interno del nostro corpo. Esso risponde innescando dei processi rigenerativi e anabolici. Se il carico di allenamento è eccessivo e non viene compensato da un adeguato periodo di recupero, si crea un pericoloso stato di sovrallenamento. Come conseguenza, la prestazione ristagnerà o peggiorerà.

 

Forma fisica ed equilibrio lavoro-recupero

 

Occorre sempre programmare e conoscere i carichi di allenamento che vengono somministrati all’atleta. Però, è fondamentale anche programmare i giusti periodi di scarico e recupero. Una giusta programmazione e periodizzazione del carico ci permetterà di aumentare la condizione fisica dell’atleta.

Per forma si intende un termine associato al livello dell’atleta. Con esso si può anche indicare il suo grado di freschezza. Questo corrisponde ad un sufficiente recupero. Uno sportivo affaticato non può essere in forma.

Quando si parla invece di condizione fisica o forma fisica ci si riferisce al potenziamento di determinate qualità.

 

Le variabili di controllo

 

La ricerca scientifica internazionale evidenzia le seguenti variabili di controllo:

  • Forza muscolare, nelle sue varie espressioni (veloce, resistente, massimale)
  • Resistenza cardiovascolare
  • Flessibilità articolare ed equilibrio
  • Percentuale di grasso corporeo
  • Profilo emotivo

Quando queste variabili lavorano in sinergia, grazie ad un adeguato allenamento e riposo, l’atleta diventa capace di sopportare carichi di allenamento progressivamente crescenti e adattarvisi. Per creare un piano di allenamento è quindi fondamentale saper gestire nel miglior modo possibile le relazioni tra volumi, intensità, frequenza, densità e recupero.

 

Il recupero passivo

 

Uno dei metodi più ovvi per gestire la fatica e migliorare il recupero è la forma passiva. La più semplice, ma non scontata, è dormire a sufficienza. In genere si raccomanda agli atleti di eseguire almeno un giorno di recupero completo ogni settimana. Infatti l’assenza di un giorno di recupero, soprattutto durante i periodi di allenamento intensi, è strettamente correlata all’insorgenza di sintomi da sovrallenamento.

Un giorno di recupero passivo può anche fungere da periodo di “time-out” per gli atleti. Ciò gli consente dinon  preoccuparsi totalmente del proprio sport durante la preparazione ed eventualmente incoraggiarli a perseguire un interesse diverso. Tali distrazioni dalla routine quotidiana dell’allenamento possono alleviare la noia e ridurre la percezione dello stress.

Il concetto di “inattività psicologica” ha ricevuto poca attenzione dalla ricerca all’interno della psicologia dello sport. Tuttavia, fa eccezione il recente studio sul distacco psicologico negli atleti. Il distacco psicologico è concettualizzato come un’esperienza chiave di recupero che comporta una riduzione o cessazione dei pensieri sugli aspetti stressanti del lavoro quando si è lontani dal lavoro. Questi sono pensieri che altrimenti porterebbero a tensione, che comprende sintomi fisiologici e psicologici deleteri.

 

Il recupero attivo

 

Vi sono prove schiaccianti che il recupero attivo acceleri la rimozione del lattato. Tuttavia, l’efficacia di quello attivo nel facilitare il recupero a breve termine e nel migliorare le prestazioni successive è discutibile.

Di contro, il recupero attivo, rallenta la resintesi del glicogeno. Per velocizzare questo processo risulta fondamentale l’ingestione di carboidrati immediatamente post-esercizio.

Questo studio (vedi Fig.4) documenta l’andamento temporale dei cambiamenti nei parametri neuromuscolari e biochimici in risposta ad una partita di calcio femminile d’élite seguita da 72 ore di riposo. Possiamo vedere come il regime di recupero attivo non ha avuto alcun effetto sui pattern di recupero dei parametri neuromuscolari e biochimici. Anzi, nella prestazione sui salti ha addirittura una tendenza a ritardare il recupero (Grafico B).

In una sua revisione, Barnett mostra la mancanza di prove a sostegno dell’uso di strategie di riposo attivo. Tuttavia, va sottolineato che l’allenamento a bassa intensità non ha effetti dannosi sul recupero. In un altro studio viene mostrato che il recupero attivo non influenza i parametri neuromuscolari, i livelli di CK e urea e la percezione indolenzimento muscolare. Anche i marcatori di stress ossidativo e gli antiossidanti, come visto in un altro studio di Andersson, non peggiorano con il recupero attivo.

 

Recupero attivo vs passivo

 

Andiamo a vedere quali sono quindi i vantaggi e svantaggi di un recupero passivo:

PRO: inattività psicologica, time-out dal proprio sport e stessi risultati del recupero attivo

CONTRO: abitudine a stare fermi

Invece, vediamo i vantaggi e svantaggi di quello attivo:

PRO: maggiore velocità smaltimento lattato (ottimo post esercizio intenso o tra serie intense)

CONTRO: rallentamento risintesi glicogeno

 

Conclusioni

 

Bisogna sempre trovare il giusto equilibrio tra i due modelli di recupero. Inoltre, dobbiamo considerare il contesto, le condizioni fisico-psicologiche dell’atleta, le sue percezioni e le risposte prestazionali. Il riposo fisico è necessario per ottenere un adattamento/miglioramento.

Esistono diversi processi di rigenerazione:

  • processi di rigenerazione brevi (2-8min); per es. ATP-Fosfocreatina
  • processi di rigenerazione di media durata (pochi secondi/10minuti), per es. lattato o glicogeno
  • processi di rigenerazione di lunga durata (da ore a giorni); per esempio enzimi, mitocondri e proteine strutturali

Esistono diversi processi di rigenerazione. Abbiamo processi di recupero energetico e neuromuscolari. A seconda del carico di allenamento, questi processi possono essere più brevi o più lunghi.

Il riposo è il fattore più importante riguardante l’allenamento sportivo. Senza recupero non c’è miglioramento. Eseguire un recupero passivo può essere molto più utile rispetto ad un recupero attivo, soprattutto per quello che riguarda l’aspetto psicologico. Eseguire 1-2 giorni di riposo alla settimana è fondamentale, soprattutto nei periodi di grosso carico.

 

Come posso migliorare il recovery dei miei atleti?

 

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