Tra i principali e più traumatici infortuni nel mondo dello sport c’è sicuramente la rottura del legamento crociato anteriore, che coinvolge atleti di qualsiasi sport dal calcio al basket fino alla pallavolo.
Negli ultimi anni la ricerca scientifica e la pratica sul campo ha visto un forte incremento di queste lesioni che purtroppo possono condizionare il ritorno in campo di un atleta o persino pregiudicarne per sempre il rientro.
In questo articolo scritto da Giulio Marzi di All Out Training, parleremo di questo spiacevole infortunio che affligge molti atleti e di come effettuare una corretta strategia volta alla riduzione del rischio.
L’incidenza degli infortuni
Nella pallavolo gli infortuni principali che possono coinvolgere un atleta sono generalmente distorsioni di caviglia, ginocchio, tendinopatie alle ginocchia, alla spalla con particolare attenzione a infiammazioni da impingement o conflitto sub-acromiale fra la testa dell’omero e l’acromio, con coinvolgimento dei tendini dei muscoli della cuffia dei rotatori, e ovviamente lesioni del LCA.
Prima di vedere come potremmo lavorare per recuperare il nostro atleta dopo un’operazione al LCA vediamo a livello anatomico di cosa stiamo parlando.
Il legamento crociato anteriore e posteriore
Il LCA forma insieme al Legamento Crociato Posteriore (LCP) una struttura di sostegno fondamentale che mantiene stabile l’articolazione del ginocchio durante tutti i suoi movimenti. Si tratta di due fasci di connettivo fibroso che per via del loro decorso a X vengono appunto chiamati legamenti crociati, uno con andamento obliquo verso l’alto, all’indietro e in fuori, con origine a livello dell’eminenza intercondiloidea della tibia e inserzione a livello del condilo laterale del femore (LCA), mentre l’altro ha un decorso opposto partendo della porzione anteriore-laterale del piatto tibiale e inserendosi nella faccia laterale del condilo femorale mediale.
Insieme questi due legamenti contribuiscono al mantenimento in loco della tibia, senza che questa scivoli in avanti o all’indietro quando sottoposta a trazione dai muscoli anteriori e posteriori della coscia. La lesione del LCA è solitamente collegata ad eventi traumatici quali eccessivo valgismo di ginocchio durante i movimenti, una torsione innaturale e incontrollata, una violenta iperestensione del ginocchio, un arresto brusco e improvviso durante una corsa alla massima velocità, un atterraggio non controllato dopo un salto o il mancato controllo del movimento durante un rapido cambio di direzione collegato spesso ad un impatto violento a livello della parte esterna del ginocchio o all’interno del piede.
L’incidenza di questa lesione sembra maggiore nelle donne, anche per una conformazione anatomica che favorisce l’atteggiamento in valgismo delle ginocchia tipico di questo infortunio, soprattutto quando si parla di sport come il basket, il volley, il calcio e lo sci alpino, la maggior parte delle volte per un meccanismo “no contact” ovvero causato da un’esecuzione incontrollata di un cambio di direzione brusco o di un atterraggio da un salto.
L’importanza della prevenzione
In seguito ad una lesione del LCA il 25% dei soggetti dopo l’operazione si lesionano nuovamente, mentre il 50% rischia di sviluppare problemi articolari e osteoartrite, il che comporta inevitabilmente problemi a breve e lungo termine non trascurabili. Capiamo quindi quanto sia importante svolgere un lavoro preventivo e allo stesso tempo quanto sia complicato ma fondamentale costruire un lavoro post operatorio adeguato che permetta al nostro atleta di tornare in campo nelle migliori condizioni possibili.
Uno dei problemi principali che si riscontra dopo il ritorno all’attività è la paura di farsi nuovamente male, il che inevitabilmente porterà il soggetto a limitarsi per il timore di non essere in grado di gestire determinati movimenti.
Lo scopo del lavoro post operatorio, a partire dalla fisioterapia fino ad arrivare alla rieducazione funzionale, sarà ovviamente quello di riportare l’atleta alle condizioni pre-operatorie in termini di massa muscolare, controllo motorio, propriocezione e forza, ma attraverso questo lavoro dovremo andare anche lavorare sull’aspetto psicologico del soggetto, il più delicato, in modo da renderlo consapevole delle proprie capacità e limitare il più possibile il freno della paura.
Il rehab
Quando si può cominciare a lavorare sul muscolo e sui movimenti dell’arto inferiore lesionato? L’intervento per la ricostruzione del legamento crociato anteriore (LCA) può essere di 3 tipologie:
- Ricostruzione con tendini del semitendinoso (ST) e gracile (GR)
- Ricostruzione con tendine rotuleo
- Ricostruzione con allograft (tendine da donatore)
È importante rispettare i tempi di recupero che dipendono in parte anche dal tipo di operazione eseguita. Di norma sono suddivisi in più fasi: Nelle prime 4-8 settimane il lavoro sarà esclusivamente a carico di un fisioterapista che lavori con il soggetto per permettergli di riacquisire la completa flesso-estensione di ginocchio. L’intervento maggiormente utilizzato è la ricostruzione con tendini del Semitendinoso e Gracile che però comportano ovviamente un indebolimento dei muscoli flessori di ginocchio, fondamentali nel controllo dell’articolazione durante un’attività sportiva, di conseguenza lavorare sul recupero del trofismo muscolare e della forza dei muscoli coinvolti nell’operazione sarà uno degli aspetti fondamentali della seconda fase post-operatoria.
Nella prima fase saranno sicuramente da preferire esercizi a catena cinetica chiusa dove vengano coinvolti sia il quadricipite che gli ischiocrurali, fondamentali per supportare il LCA nel mantenere stabile il piatto tibiale soggetto a forza di traslazione da parte dei muscoli anteriori della coscia. Tutti gli esercizi come squat, affondi, pressa saranno utilizzabili con attenzione sempre all’esecuzione gel movimento, ponendo un focus maggiore sull’attivazione dei muscoli ischiocrurali nel ruolo di protettori del LCA.
Catena aperta o chiusa?
Per aiutare il neo-legamento nello svolgimento delle sue normali funzioni sarà importante lavorare in maniera isolata sui muscoli posteriori anche con lavori a catena cinetica aperta ai macchinari come leg-curl o riprodurre lo stesso esercizio con l’utilizzo di elastici o cavigliere collegate ai cavi, eseguendo una flessione della gamba da posizione prona.
In questi esercizi, escluso nel caso dell’utilizzo di elastici, sarà possibile anche lavorare solo sulla fase puramente eccentrica del movimento, per porre maggior enfasi sul controllo del movimento da parte degli ischiocrurali che fungeranno da stabilizzatori di ginocchio.
La lesione del LCA è spesso causata da un deficit di forza nei muscoli extrarotatori di gamba, in particolare il grande, medio e piccolo gluteo, il piriforme e i muscoli adduttori, che quindi nella fase di recupero funzionale dovranno essere sottoposti a lavori specifici per permettere un maggior controllo del ginocchio nelle fasi ci ricaduta da un salto o nei cambi di direzione.
Il core
Un altro aspetto fondamentale da tenere in considerazione sarà il lavoro di core-stability ovvero il controllo di tutto il corpetto anatomico formato da:
- muscoli del pavimento pelvico
- trasverso dell’addome
- multifido
- obliqui interni ed esterni
- retto dell’addome
- erettori spinali (sacrospinale), soprattutto il lunghissimo
Questa regione è coinvolta durante qualsiasi movimento noi facciamo, e allenarla in contesti di instabilità con utilizzo di fitball, lavori eccentrici e lavori di controllo motorio favoriranno lo sviluppo di forza addominale e soprattutto di controllo dell’esecuzione del movimento.
È qui che diventa importante il concetto di Funcional Training, dove l’obiettivo non è solo ed esclusivamente recuperare la forza è il trofismo dei muscoli, ma lavorare sul controllo che essi hanno sul movimento eseguito, per rendere il soggetto più consapevole dei gesti che esegue e aumentarne così la sicurezza psicologica poiché saranno in grado di controllare un gesto motorio, dal più semplice come una semplice camminata al più complesso come uno Squat-Jump o un arresto dopo uno sprint.
Protocolli a confronto
È stato visto che dei protocolli di riabilitazione che coinvolgevano l’utilizzo esclusivo di salti con particolare attenzione alla tecnica di atterraggio hanno portato ad un miglioramento delle capacità di forza, controllo neuromuscolare e padronanza dei movimenti sport-specifici.
Ovviamente questo sono solo alcune idee di esercizi che possono essere svolti in palestra, fondamentale sarà porre il focus soprattutto sul controllo dei movimenti per rendere consapevole l’atleta dei muscoli coinvolti nel lavoro svolto e aumentarne così il loro reclutamento oltre al controllo del gesto stesso.
Sarà importante poi lavorare sul campo riproducendo i movimenti di gioco come spostamenti laterali, salti a rete, rincorsa e salto e controllo all’atterraggio, spostamenti difensivi in posizione di mezzo squat, lavori in spazi ridotti ad elevata intensità con cambi di direzione sempre più enfatizzati per replicare momenti difensivi di gioco.
L’isoinerziale
Oltre al normale allenamento contro gravità è possibile utilizzare l’allenamento isoinerziale, una metodologia basata sull’utilizzo di macchinari appositi strutturati in modo da creare una resistenza a partire da una massa che il soggetto stesso mette in rotazione tramite un cavo inestensibile: in questo modo il sistema immagazzina energia durante la fase concentrica del lavoro, per poi riavvolgersi e produrre una forza che indurrà una contrazione eccentrica.
Alireza Monajati et all. hanno messo a confronto un allenamento isoinerziale con un protocollo di allenamento gravity-dependent (tutti esercizi a corpo libero senza utilizzo di sovraccarichi) contro lesioni di LCA e hamstring ed hanno riscontrato un evidente miglioramento della forza negli hamstring e nell’esecuzione di RSSA in entrambi i casi, ma il protocollo isoinerziale si è dimostrato più efficace, con un protocollo di 20 minuti basati su 6 differenti esercizi eseguiti due volte a settimana per 6 settimane totali.
Foot-training
Infine l’ultimo aspetto da considerare sarà il piede: nel momento dell’atterraggio da un salto la caviglia è sottoposta a notevoli forze d’urto che se non ben controllate possono portare a distorsioni di caviglia e anche del ginocchio, con possibili ripercussioni sul LCA.
Un’analisi dell’appoggio del piede si dimostra fondamentale per capire se il nostro soggetto tende ad appoggiare il piede in eccessiva pronazione o supinazione. Il rinforzo dei muscoli plantari e della propriocettività risulteranno fondamentali per dare all’atleta inizialmente la sensibilità del proprio appoggio, con l’obiettivo di costruire una caviglia stabile ma elastica che ci permetta di controllare al meglio ogni nostro gesto motorio.
Bibliografia
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